lunedì 15 aprile 2024

Dentro i testi del nuovo album di Luca Fol.

Luca Fol incarna alla perfezione la figura dell'artista completo e maturo, nonostante la giovane età (classe 1994). E il suo nuovo album omonimo – pubblicato il 29 marzo - ne è la prova: tra electropop e sintetizzatori vibrant, i dieci brani cavalcano con ironia, intelligenza e guizzo intellettuale temi come la Spiritualità, l'amore e la sofferenza di una generazione.
Il cantante riminese stupisce e colpisce grazie alla voce accattivante e alla cura dei testi e arrangiamenti, sempre brillanti, mai banali. Insomma, carismatici come lui. Colto, sagace e con quel "je ne sais quoi" che lo rende glam e irresistibile.
In questa intervista si racconta a 360 gradi, con sincerità e schiettezza - la schiettezza tipica della sua terra, la Romagna. Buona lettura!


Ciao Luca, bentrovato. Innanzitutto vogliamo chiederti, dopo la recente uscita del tuo nuovo album, come è andato il concerto di presentazione il 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini?

Ciao, grazie a voi! Grazie per la bellissima presentazione. Il concerto del 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini è stato incantevole per diversi aspetti. Il calore e l’affetto che ho ricevuto dai partecipanti è stato a dir poco glorioso, l’entusiasmo verso ogni singola canzone mi ha lasciato senza parole. Ho ricevuto commenti e pareri che mi hanno onorato.
La performance è stata particolarmente emozionante, a partire dal clima di entusiasmo nato già dal mattino durante l’allestimento. Ho calcato il palco con la band che mi segue live da diversi anni e in più ho avuto l’onore di suonare sei brani con un quartetto d’archi composto da musicisti con un’incredibile sensibilità artistica. Perciò a mani basse, per me è stato un concerto memorabile.

Quello che caratterizza il tuo nuovo album, oltre i testi ricercati e mai scontati, è sicuramente la forma del tuo stile musicale e la raffinatezza degli arrangiamenti. Quanto influisce nella fase di composizione il vestito (ovvero l'arrangiamento) dei brani? Mentre componi stai già pensando a quali sonorità impiegherai poi nella canzone? 

Solitamente la composizione varia di brano in brano considerando due fattori importanti: canzoni che nascono chitarra-voce e canzoni che nascono da jam elettroniche.
Nella prima opzione, quella più frequente, cerco di terminare la canzone con un testo adeguato e avere una linea guida di chitarra e voce (ma a volte anche piano-voce) per poterci costruire sopra un arrangiamento in linea con lo spirito della canzone.
Nel secondo caso le canzoni nascono perché provando nuovi sintetizzatori, virtual instruments o strumenti vari, prendono vita temi e giri musicali che stimolano una melodia da canticchiare (così per esempio è nata Distanza).
Avete citato Capricorno che è una canzone nata in pieno stile bossanova, che non essendo un genere che tratto frequentemente, è stata rielaborata nell’arrangiamento dal produttore Antonio Patanè, che ha optato per un sound elettronico, misterioso, psichedelico con inserti più “jazz”.
Mentre nel caso di Estinguiamoci, ho voluto mantenere delle sonorità molto acustiche e a tratti caraibiche, quindi giocando molto con chitarre acustiche, elettriche, slide, con l’intenzione di ottenere un sound allegro ma nostalgico al tempo stesso.



L’album è un viaggio solo di esperienze personali o di vita vissuta anche da altri e quindi di una tua riflessione da attento osservatore che riesce ad immedesimarsi negli stati d'animo altrui?

Gli unici due brani che non prendono spunto da esperienze personali sono “Capricorno”, nato da riflessioni captate da alcuni amici, e “L’errore” che prende vita da una tragica notizia risalente a un paio di anni fa di un giovane ragazzo della mia città che si è suicidato.
Le altre canzoni appartengono alla mia sfera personale, ma non ho voluto scriverle perché rimanessero ancorate alla mia esistenza e non vuole essere uno story-telling fine a se stesso, anzi c’è una grande volontà di cercare la condivisione con l’ascoltatore.
Due brani significativi per me sono Dissolubile e Pratica Spirituale.
Dissolubile è un brano che parla di morte, ma con un alone etereo e serafico. Scritto nel Luglio del 2022 il giorno dopo in cui mio nonno morì, volevo che fosse come un’ultima lettera da dedicare alla propria esistenza, in cui si ha la consapevolezza che “dei peccati spalmati nel vento l’aria si ribellerà”.
Pratica Spirituale è invece una pura confessione su ciò che mi terrorizza di più, ossia la mancanza di empatia verso gli altri e verso se stessi, dove l’atto di gentilezza verso il proprio “io” diventa fondamentale per accogliere i segnali positivi dell’universo.

Il disco si apre con due brani che già conosciamo, ossia “Concetti” e “Vivi con garbo”.
“Concetti" parla di come spesso ci sentiamo sopraffatti da pensieri e dalle pressioni della vita quotidiana ed è un incoraggiamento a non preoccuparci troppo, ad essere più leggeri.
"Vivi con garbo" è un invito a lasciar andare i pensieri e abbracciare uno stile di vita più tranquillo e rilassato.
Considerando quanto lavoro c’è dietro alla produzione di un disco e avendo potuto apprezzare i bellissimi arrangiamenti che lo compongono, posso chiederti se sei riuscito a mantenere un approccio disteso durante tutta la lavorazione dell'album?

Grazie per la domanda. L’album ha avuto una lavorazione di due anni. Io e Antonio (produttore) abbiamo avuto a dir la verità una grande facilità a lavorare sui brani, perché partivano da una mia idea di base abbastanza definita.
Siamo stati talmente travolti dall’energia di alcune canzoni che abbiamo optato di chiamare degli archi nelle canzoni “L’errore” e “Pratica Spirituale” che hanno contribuito a rendere il sound ancora più emozionante e struggente.
La produzione di tutto il lavoro è stata affrontata con grande rispetto e un infinito amore per la musica che mettiamo sempre al primo posto.
Se per i brani “Vivi con garbo”, “Vita in contropiede”, “Distanza”, “Concetti” abbiamo mantenuto un forte legame tra pop, cantautorato, elettronica e rock, i brani che ci hanno messo più in difficoltà sono stati “Capricorno” e “Diktat”. Il primo come accennavo precedentemente nasceva come provino bossanova, ri-arrangiato poi in stile più elettro/psichedelico anni ‘70, mentre “Diktat” ha avuto una lavorazione più ostica perché inizialmente era priva del ritornello ufficiale (“Sai che c’è? Mi sento perso e mai”, ecc.) perciò la canzone si sviluppava in un contesto electro-punk che non arrivava mai dritta al punto.
Sotto consiglio e aiuto di Giovanni Caccamo e l’amico cantautore emergente Matteo Trapanese ho avuto ottimi suggerimenti per poter scrivere un ritornello più pop e melodico che potesse dare respiro  al brano.

L'errore”.
Nella canzone il protagonista si trova a fare riflessioni sull'individualismo diffuso nella società moderna, sperimentando sentimenti di sconfitta, fragilità e tristezza. Tuttavia, riconosce l'importanza di qualcuno di speciale che lo sostiene e pensa quanto sia meglio evitare persone poco empatiche concentrate solo su se stesse. Secondo te, quali sono le chiavi per coltivare oggi relazioni autentiche? E riguardo il tema del conforto, credi che la presenza e il sostegno di qualcuno siano davvero fondamentali nel percorso della vita oppure ritieni che sia altrettanto fondamentale imparare a trovare conforto e sostegno dentro di sé?

“L’errore” è una canzone che nasce da una tragedia: un giovane ragazzo poco più che ventenne si toglie la vita. In un articolo di giornale si parlava di questa persona, raccontando di come fosse così tanto interessato all’arte pittorica, alla letteratura, alla cultura, ai viaggi. Questa cosa mi destabilizzò parecchio perché mi fece capire quanto può diventare potente un sentimento di solitudine o un momento di sofferenza che si protrae a tal punto da rifiutare la vita.
Non mi addentro nei dettagli di questa faccenda perché non conosco i particolari, mi limito alle riflessioni.
Certo è che molto spesso viviamo in una realtà dove la sensibilità e il buon senso sono così assenti che tante situazioni di vita quotidiana appaiono deprimenti e per quanto un individuo possa essere libero nella propria visione di vita, risulta essere schiacciato da una società priva di emotività.
Ritengo che comunque la solitudine sia fondamentale e necessaria per volersi bene e acquisire il coraggio di affrontare e vivere la vita.
Dal momento in cui si apprezza la solitudine però arriva il momento anche di condividere la propria empatia con persone che possono darci punti di vista differenti. Ed è effettivamente il rapporto che ho con la musica, che nasce nel mio piccolo studio isolato, piena di idee, concetti, pronta però ad essere toccata e modificata dalla sensibilità e il gusto di altre persone, come il produttore, musicisti, ecc. In quel momento capisco che ciò che mi arriva dall’esterno è un impulso bellissimo, ricco di novità e di visioni che io non avrei mai immaginato e il risultato finale è uno stupore incredibile verso tutto ciò che non conosciamo, che ci rende più saggi.
Credo sia questo anche il segreto a livello umano per non cadere totalmente nel buio, cercare persone in grado di stupirci con la loro percezione.

"Distanza".
In questa canzone veniamo trascinati in un viaggio attraverso la complessità dell'essere umano, vengono svelati strati profondi di ricerca interiore, la distanza non è solo spaziale ma diventa anche emotiva e identitaria. Ci si immerge in un conflitto che oscilla tra bisogno di isolamento e desiderio di connessione con l'altro. Il protagonista vuole rompere le catene delle etichette imposte dalla società, andando verso un desiderio di trasformazione. Il falso travestimento di ruoli sociali racconta una insicurezza di fondo e l'isolamento è paradossalmente accompagnato da un bisogno urgente di condivisione. In un mondo che spesso ci costringe a rigide categorie e aspettative, prendere le distanze diventa un'ode alla ricerca della nostra vera essenza, un inno alla libertà di essere chi siamo realmente. Quali sono per te le implicazioni di questo "meccanismo di difesa", se così lo possiamo definire, per la ricerca di una propria autenticità?

Distanza nasce prima di tutto come critica verso l’ipocrisia di una società schizofrenica e squilibrata. Ipocrisia che mio malgrado ho manifestato anche in alcune azioni della mia vita. Per questo di base ho una grande sfiducia nell’umanità se il primo ad essere ipocrita sono stato io!
Ma detto questo, interpretare ruoli sociali prestabiliti senza autenticità porta di sicuro ad una grande insicurezza, fino ad arrivare all’azzeramento di un proprio pensiero e di un ideale da perseguire.
È come se questa febbre sociale ci porti ad un’isteria collettiva, dove la coerenza diventa un miraggio e la paura di sentirsi umiliati annulla il coraggio di trovare la propria libertà.
Sapere prendere Distanza dalle cose diventa così un concetto buddhista: Distanza da quello che non ci appartiene, Distanza da ciò che non ci fa brillare, Distanza anche da noi stessi.
La propria autenticità è anche saper emarginare il proprio egocentrismo e credo che la genuinità nasca dalle imperfezioni di ognuno di noi, da tutti quei difetti che apparentemente sono sgradevoli, ma che sono in realtà sfumature magiche e buffe.
La libertà più forte secondo me è quella di non nascondere le fragilità, ma imparare a giocarci, a renderle divertenti, tranquillamente parti integranti della nostra vita, che non potrà mai essere perfetta.

Dissolubile”.
Qui emergono riflessioni profonde sulla natura umana, tra rimpianti, autocritica e crescita personale. Il protagonista affronta i propri errori e peccati, cercando di trovare la pace interiore. In questo contesto, la "dissolubilità" si presenta come una metafora della trasformazione umana. Solve et coagula - sciogli e riunisci - affermava un celeberrimo motto alchemico che indicava il processo di trasmutazione degli elementi attraverso la loro scomposizione. Immaginando quindi questo processo di metamorfosi, quali modi pensi possano esserci per diventare la versione più autentica e luminosa di se stessi?

Essendo molto legato al buddhismo sono dell’idea che la legge del karma sia una visione che ti porta a vivere in maniera più pulita. La versione più luminosa di noi stessi nasce nel momento in cui si ha la consapevolezza che quando si compie un’azione positiva, automaticamente spargiamo in tutto il pianeta energie benefiche.
Questo non significa che non si ha la possibilità di sbagliare. Io sbaglio tutti i giorni, compio un numeri infinito di errori: scelte sbagliate, comportamenti erronei, idee pessime, pregiudizi; ma l’errore induce passo dopo passo a una percezione più saggia.
La riflessione è che si deve agire con cuore e buonsenso, l’onesta intellettuale dovrebbe essere il primo valore da inseguire per sognare un mondo in armonia.
Ma con la retorica non si va da nessuna parte: con il misticismo difficilmente si paga l’affitto e l’obbiettivo non è quello di diventare dei santi, ma avere la volontà di capire che il male è così facile da trasmettere che ne basta davvero poco per sporcare il mondo.

Capricorno”.
Ho trovato geniale la metafora del Capricorno utilizzata per descrivere il brano omonimo. Capricorno, segno di terra. Una terra dura, impenetrabile. E come il glifo che lo contraddistingue in astrologia - lo zoccolo di una capra di montagna che osserva le cose dall'alto e la coda del pesce che si inoltra negli abissi - tu esprimi tutto il tuo disappunto per la vacuità della società odierna e per le troppe chiacchiere che ci rovinano il presente. "Parole promesse ma senza cuore e brillo di silenzio" - canti in "Capricorno". 
In questo mare magnum di parole aggressive, intrusive e offensive alimentate ogni santo giorno dai social media, quanto è importante la profondità dello stare in silenzio? (Attenzione, che non vuole dire assenso, sia ben chiaro). E' evidente il tuo distacco, la capacità di essere empatico e non superficiale, di non prestare il fianco "all'ennesimo atto di provocazione"; della tua "diffidenza dall'estetica bella ma senza nome". Cosa pensi di questa iperstimolazione visiva e pseudoculturale data dai social e dai media in generale?

Sono un grande amante dell’estetica, nella musica, nel teatro e nei film. Proprio dalla cinematografia vorrei prendere spunto: se in Kubrick vi è una forma perfetta dovuta da un’inquadratura, da un movimento di macchina, dalla fotografia, risulterà ancora più impattante se il contenuto sarà geniale e interessante.
Se in Prince, David Bowie, Roxy Music, vi è un’immagine potente e provocante è perché l’estetica dialoga perfettamente con la musica proposta, la cui cultura, complessità e serietà artistica tocca livelli altissimi. Quando l’immagine di un personaggio viene ipersaturata senza una cultura di base o un ideale creativo di fondo, il tutto sfocia in una pozzanghera intorbidita che evaporerà nel giro di breve.
Prima di tutto il contenuto!

"Diktat" / dik'ta:t: imposizione della propria volontà ad altri.  
Ascoltando questo brano ho pensato che è proprio così: per essere accettati dobbiamo sacrificare la nostra essenza e uniformarci alla massa. Seguire un diktat, insomma. E lo vediamo costantemente ogni giorno a scuola, in ufficio, tra amici e parenti.  Animali meccanici (per dirla alla Gurdjieff) che si vestono, parlano e comportano allo stesso modo. Quindi ti chiedo: quanto è importante mantenere la propria unicità al giorno d'oggi, andando anche fieramente controcorrente? Sono una sognatrice e amo citare questa frase di Walt Disney "Più ti piaci, meno sei come qualcun altro, che è ciò che ti rende unico". Ti ci ritrovi? Non c'è consapevolezza di sé senza autostima, sei d'accordo? 

Avere una buona autostima è fondamentale soprattutto se si dà risalto alle proprie debolezze come dicevo anche nelle precedenti domande. Due brani dell’album “Io sono meno inglese di thè” parlano proprio di questo (Oro Bianco, Piccole Ossessioni) ed è un tema che amo affrontare. Essere controcorrente, non per moda e  non per risultare pateticamente outsider, significa essere semplicemente slegati dal main stream, dal flusso principale di eventi, pensieri, mode e tormentoni.
Tornando a Diktat, che è una canzone che invita a lasciarsi andare e ad aprirsi alle porte dell’imprevedibilità della vita: ho scelto di utilizzare questo titolo proprio per accettare le imposizioni che l’universo getta nella nostra vita, anche se ad un primo impatto aggressive e inaspettate, possono rivelarsi un’incredibile punto di svolta.

Nel brano canti "I tuoi pensieri veri sono fuori moda". Se la verità è fuori moda, che direzione stiamo prendendo?

Sembra che stiamo prendendo una direzione dove la verità assume mille facce e non si ha più un punto di riferimento stabile da seguire. Forse il segreto è quello di seguire l’istinto, fidarsi del primo impulso che il cervello ci regala, non essere travolti dagli echi infiniti delle parole esterne, ma seguire ciò che a primo impatto ci dà sicurezza.

Arriviamo alla canzone dal titolo “Estinguiamoci” che è una sorta di critica sociale e un invito all'autoriflessione. E’ anche una storia magica di fiori che sorridono nei prati e di gatti che giocano nei parchi, lì dove si sentono liberi e felici. E poi, all'improvviso, ecco l'immagine di un “ospite”: un grande meteorite che potrebbe schiantarsi sulla Terra e che ci fa pensare subito alla fine della vita. Ma anche se la terra dovesse finire un giorno, ci dobbiamo ricordare di goderci ogni istante. Secondo te cosa dovremmo imparare dalla natura sul valore di vivere nel momento presente? E come possiamo trovare il senso e lo scopo nella vita, nonostante le incertezze del futuro?

La leggerezza di Estinguiamoci è un invito alla spensieratezza. Il senso è godersi ogni singolo attimo, perché oggettivamente non abbiamo il potere di controllare la durata della nostra vita.
Ora ci sei, domani puoi non esserci più. Questo discorso non vuole essere pessimista, è semplicemente realista.
Perciò le ansie che ci procuriamo ogni giorno diventano inutili nel momento in cui si capisce che la rabbia non porta da nessuna parte, solo a un imbruttimento interiore.
Le incertezze del futuro sono complicate da gestire psicologicamente, ma quello che faccio è trovare risposte dall’universo, perché forse lo diamo per scontato o non ci pensiamo, ma ogni giorno riceviamo segnali che ci dovrebbero far capire quali persone sono giuste per la nostra vita, quali ambienti risultano nocivi per noi, quali scelte ci fanno stare bene.
Comunicare con l’universo quello che desideriamo e avere la praticità di seguire quello che sogniamo.

Vita in contropiede”.
Questo brano racconta di persone che si sentono un po' tristi e confuse, alcune di loro cercano emozioni speciali, altre si sentono perse senza sapere cosa fare. È come se cercassero qualcosa di importante, ma non sanno ancora cosa sia. Alla fine, vogliono solo trovare la felicità e sentirsi al sicuro. Qual è il tuo messaggio o il consiglio che vorresti trasmettere a coloro che percepiscono un forte senso di smarrimento?

Tutti viviamo momenti in cui ci sentiamo smarriti, fa parte di quei vicoli ciechi che ci conducono ai cambiamenti. Il mio consiglio è quello di vivere lo smarrimento, quando non si hanno stimoli o si pensa di percorrere una strada sbagliata bisogna avere la capacità di fermarsi anche solo per qualche giorno e resettare totalmente l’impulso di trovare le risposte. Le risposte arriveranno.
Un altro spunto interessante è quello di ritrovare lo stupore per le piccole cose, anche per quelle abitudini che sembrano scontate. Trovare la meraviglia nella semplicità può essere la chiave per sganciarsi da un proprio smarrimento interiore e ripartire da zero con energie nuove, ed è esattamente il sunto di Vita in contropiede.

Pratica spirituale”.
Questa è forse la canzone più profonda dell’album. Il corpo e l'anima che si uniscono sullo stesso piano ontologico. L'energia della preghiera e la consapevolezza di trovare fiducia e speranza nonostante tutto. Nel testo è presente parecchie volte il termine "paura". Canti "io ho paura di me stesso", "Io ho paura del mio sogno", "Io ho paura del trionfo". Allora ti chiedo … tu a chi/cosa ti affidi per affrontare le tue paure? E secondo te da dove arriva la nikephobia di alcune persone, il timore di vincere, raggiungere il successo? 

Pratica Spirituale analizza il dolore, che durante il corso della canzone viene vissuto da prospettive diverse. La prima parte è come se le mie confessioni venissero sussurrate mentre guardo il mondo da una fessura di una finestra, come se avessi timore di tutto ciò che mi circonda, percorrendo prima di tutto un viaggio nella mia mente.
La paura nasce dal fatto che non vorrei mai sentirmi invincibile, che anche i sogni più grandi nascondono delle fragilità che ci rendono davvero esseri vulnerabili, dipendenti da una gamma di emozioni infinita che trasla continuamente. Forse la paura non è tanto raggiungere il successo, ma mantenerlo. Agli occhi delle persone si deve essere sempre over the top, per me questa è una considerazione malata. Chi l’ha detto che il successo di una persona debba essere paragonato alla quantità del lavoro e non alla qualità? A me un musicista piace non perché ha prodotto un numero infinito di canzoni, ma prima di tutto perché le canzoni hanno un’anima in grado di farmi riflettere.
Ovviamente il discorso della quantità è indice di determinazione e di costanza, ma prima di tutto quello che deve rimanere è la qualità, che può essere vissuta con calma.
“Pratica Spirituale” è così anche un’ode per allontanarsi dalla frenesia e penso sia fondamentale dare spazio a momenti in cui il silenzio e l’assenza vengano a darci conforto, dove l’unico rumore che possiamo ascoltare è quello del nostro respiro.

La parte finale si apre alla vita, quando dici "come tutte le onde più belle le accoglierai". La paura lascia il posto alla potenza del mistero dell'esistenza. Come si può raggiungere questo livello illuminato di spiritualità?

La speranza prende il posto della paura, partendo sempre dal presupposto che è impossibile avere il controllo su tutto, ma che spiritualmente possiamo ricevere indietro le energie che noi spargiamo nell’universo. Le onde più belle vanno percepite e quando sarà il momento giusto capiremo quando accoglierle. Un po’ come dicevano i Beatles in uno dei loro ultimissimi brani “and in the end the love you take is equal to the love you made”.

E infine, chi vuoi ringraziare per la realizzazione di questo album?

Ringrazio ovviamente il produttore Antonio Patanè che ha contribuito preziosamente alla realizzazione dell’album, la band che ha suonato: Giulio Serafini (batteria), Francesco Paci Simone Oliva (chitarre), Lorenzo Degli Esposti (basso).
La mia compagna Sonia Formica che ha curato l’art direction e lo styling di Pratica Spirituale e Diktat.
L’etichetta TSCK Recotds che ha curato la distribuzione, nelle persone di Sara CeccarelliAndrea Mariano e Mirko Fava.
Il team Culto Productions che mi segue costantemente per la realizzazione di foto, video.
Sofia Accorsi che ha curato lo styling per la copertina dell’album.
L’ufficio stampa Libellula Music di Torino, il grafico Roberto Gentili, l’illustratrice Ilaria Falcon che ha realizzato le nuove t-shirts e Giorgia Annibalini che ha curato la grafica e la stampa delle shoppers bag.

Grazie Luca per averci dedicato il tuo tempo. Ci vediamo presto live, non aspettiamo altro!  




Intervista di Veronica De Lorenzo e Marianna L. per MVMI ed Art-Waves 

Di seguito riportiamo tutti i link ufficiali dove poter seguire LUCA FOL :

https://www.instagram.com/lucafolmusica 

https://open.spotify.com/intl-it/artist/5q5y1wyJnyahMHWZXNAZIk 

https://www.facebook.com/lucafolmusica 

https://www.youtube.com/@lucafol6465 

ALTRE FOTO del concerto di Rimini al Teatro degli Atti, 5 Aprile 2024:















Copyright © immagini, videoclip e musica di LUCA FOL, tutti i diritti sono riservati.

lunedì 18 marzo 2024

Madonna con Bambino che legge di Andrea Previtali: la perfetta fusione tra Divino e Umano



Un momento intimo e raccolto tra madre e figlio; la fusione tra Divino e umano  in una tela semplicemente meravigliosa.

Grazie al Comune di Seregno per aver regalato alla cittadinanza un vero gioiello di bellezza e maestria rinascimentale, che, dopo tre mesi in Brianza, ritorna nel suo luogo di appartenenza, l'Accademia Carrara di Bergamo.

 "Madonna con bambino che legge" del pittore bergamasco Andrea Previtali è una visione per gli occhi e una carezza per il cuore. Sono andata più volte a contemplarlo (devo ammettere che mi donava molta serenità e pace interiore) e ora eccomi qui,  a cercare di trovare le parole per descrivere l'incarnazione della tenerezza più dolce, dell'esaltazione dello Spirito, della consapevolezza che l'Oltre puo' essere rappresentato dalla mano umana. Tocco umano, certo, ma ispirazione divina, che guido' il  Previtali in quel 1514, periodo pregno di creatività espressa in tutta la sua compiutezza.

La location - il palazzo ottocentesco Landriani-Caponaghi di Seregno - avvolge il prezioso quadro in maniera ovattata, dando modo  all'osservatore di condividere financo quel momento intimo con i protagonisti, la Vergine e il bambin Gesù. Ah, la magia dell'arte, che tutto permea ed emoziona!

Emozione, questo è le mot juste per rappresentare la tela in esposizione: 46 cm per 65 cm, "Madonna con bambino che legge" è un piccolo capolavoro (presumibilmente realizzato a scopo devozionale) che fotografa un momento tenero tra una mamma e il suo bambino, un momento tutto per loro.

E subito balza agli occhi la delicatezza con cui la Madre copre le spalle del Figlio, la tenerezza e la malinconia di uno sguardo pieno di amore; uno sguardo altresì consapevole del fatto che quel bambino non è un bambino come gli altri: Egli è il Christòs, il Mashiach, l'eone che si è fatto piccolo piccolo per salvare l'umanità dai peccati.

Perché - attenzione - non si può parlare di questo capolavoro rinascimentale senza analizzarlo anche sul piano ontologico spirituale: il libro affrescato sulla tela non ha unicamente un valore meramente "letterario" visto che incarna la Parola, la Vera Parola.

"In principio era il Logos e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio...E il Logos carne divenne e pose la sua tenda in mezzo a noi"

(Giovanni 1,1-14)

Eccola la Parola, secondo l'Antico Testamento personificazione e strumento della volontà dell'UNO; non fatevi ingannare dalla dolcezza del paffutello infante: Egli ha contezza della sua missione sul piano incarnato, ossia "morire per vincere la morte". 

Spostandoci dal piano spirituale a quello essenzialmente artistico, prodigiosa è la destrezza della mano del Previtali nell'affrescare la tavola con pennellate decise, che denotano una profonda conoscenza del'uso del colore. Ricordiamo che l'artista passo' molti anni a Venezia nella bottega di Giovanni Bellini, grande innovatore della pittura grazie alla prospettiva cromatica. Osservate quindi la perizia nel rendere trasparente - quasi impalpabile - il velo che copre Gesù, i decori della veste e i drappeggi del manto della Madonna.

Lasciata la Brianza, l'occasione di visitare l'Accademia Carrara e i suoi tesori è forte; per dirla con Winckelmann, "l'umiltà e la semplicità sono le due vere sorgenti della Bellezza". E la Bellezza va cercata, sempre e in ogni dove.

Umiltà e Semplicità esprimono in tutta la loro gloria le opere del Previtali, pittore attento, meticoloso e dal talento straordinario.

Ringrazio ancora (e non è piaggeria - badate bene) l'amministrazione comunale di Seregno per aver creato questa sinergia creativa con la Carrara: le buone energie vibrano sempre sulle ottave alte, e riscattano noi comuni mortali dal gravame quotidiano


   

sabato 20 gennaio 2024

La libertà di essere se stessi (e di poter sbagliare): a tu per tu con Claudia Ottavia

 

 Claudia ha gli occhi profondi, trasparenti e cristallini del  mare della sua terra.

Claudia è l'energia forte e antica che nasconde mille universi.

Claudia è la libertà che rompe le gabbie dell'ordinario e sferza le vecchie mura della banalità.

Claudia vive e respira l'ARTE in maniera totale

Voglio iniziare l'anno nuovo parlando di una artista speciale, che proviene da un'isola speciale: Claudia Ottavia, cantattrice di cui sentirete parlare molto nei prossimi mesi. La sua terra è la Sardegna, luogo senza tempo e pieno di una magia antica, ancestrale, esoterica direi.

Performer a tutto tondo, Claudia Ottavia passa con disinvoltura dalla Musica al Teatro, in una  sorta di soluzione di continuità artistica che non cessa di esprimersi; Paura - il suo nuovo singolo - rappresenta proprio questo: la libertà di  provarci e cadere, rialzarsi e riprovarci e - magari -  cadere di nuovo. Sempre con la voglia di ricominciare, con consapevolezza e grinta.

 Parlare di paura, di discese ardite e di risalite mi sembra di buon auspicio, soprattutto ora che il 2024 si è palesato davanti ai nostri occhi.

Buona lettura e buon anno!


 



 

Ciao Claudia, vorrei partire da PAURA, il tuo singolo uscito lo scorso ottobre. Nel testo dici "Vorrei urlare quanto è bello fallire, vorrei urlare quanto è bello rischiare". Questi versi mi hanno colpito molto, forse perché toccano tutti noi: il fallimento è considerato un peccato capitale nella società odierna, che ci vuole tutti performanti ai massimi livelli. Ma cos'è veramente la paura?

La paura è un sentimento antichissimo, esiste da sempre e fa parte dell'essere umano. Tutti proviamo paura, chi più, chi meno. La canzone è nata in un momento di mie paure "generali" - e il testo ne elenca tantissime; però il ritornello apre alla possibilità di fallire, di permettersi di fallire. Io sono sempre stata un tipo molto preciso, ho sempre cercato di fare le cose bene perché non amavo essere sgridata. Adesso, da adulta, mi capita spesso di scontrarmi con questa idea di "perfezione": ho voglia di libertà, di sbagliare, di rischiare

Io vedo PAURA come un inno all'azione: abbiamo timore di iniziare qualcosa per non dover subire un ipotetico - ma chi può dirlo? - fallimento; mi viene in mente una frase del Buddha "Viviamo nella paura ed è così che non viviamo"

Esattamente, con la mia canzone voglio invitare la gente a rischiare, a scrollarsi di dosso certe ataviche paure e buttarsi: fare il primo passo è la cosa più complicata, è rompere il ghiacchio, uscire dalla zona di comfort per inoltrarsi in zone inesplorate. Il resto arriva più semplicemente, in maniera naturale. Iniziare il cambiamento è difficile, per tutti, nessuno escluso. Vivere nella paura ti preclude un mucchio di cose, non ti permette di sperimentare e scoprire fino a dove puoi arrivare....

Mi è piaciuto molto anche il video di PAURA: il robot protagonista che balla forsennatamente, si rompe in mille pezzi e si ricompone; io lo interpreto – correggimi se sbaglio – come la metafora del cadere, spezzarsi e poi rialzarsi con ancora più voglia di vivere e muoversi...

Giusto, lo hai interpretato correttamente; il video rappresenta una chiara esortazione a ricomporsi, a mettere tutti i tasselli al loro posto (magari anche in posti diversi dal solito, perché no), uscire dalla routine e intraprendere percorsi nuovi e sconosciuti

Sei mamma da poco di un bimbo meraviglioso. Essere madre è il mestiere più bello e complicato del mondo. Che insegnamenti vorresti trasmettergli?

Mi piacererebbe trasmettergli la voglia di essere propositivo, di avere sempre la fiammella della passione accesa e di lasciare da parte le paure. Gli auguro la libertà interiore di decidere cosa essere e cosa fare della sua vita, di sentirsi soddisfatto di sé, sempre. Gli auguro di non avere limiti né imposizioni, solo la possibilità di affermare la propria unicità



Cosa ne pensi del fenomeno in continua ascesa della musica trap: testi che parlano di disagio e criminalità, con riferimenti espliciti a violenza e droghe – a tuo avviso – possono avere veramente ripercussioni negative sui giovanissimi?

Mi fa molta paura questa deriva musicale denominata trap. Mi fa soprattutto paura il fatto che i ragazzini si sentano “toghi” nel cantare testi che trasudano violenza e sessismo; è una situazione socialmente preoccupante. La musica “rap” già conteneva questo tipo di messaggi – anche se quando ero ragazzina io c'erano maggiori tabù -; ora invece è tutto molto più esplicito, senza freni. Un adolescente non possiede gli strumenti necessari per elaborare tutto ciò, quindi ne rimane facilmente influenzato.

Un tuo brano si intitola ODIO SANREMO. Ovviamente immagino si tratti di una provocazione: ti piacerebbe calcare il palco più importante del nostro paese?

Assolutamente sì, sarei ipocrita a negarlo. Ovviamente ci andrei portando la vera me stessa, con i miei messaggi, i miei testi, facendo insomma “una piccola rivoluzione”. Non possiamo negarlo: il Festival di Sanremo – al netto di tutti i difetti che esistono dietro questa kermesse - è una vetrina importante e offre molta visibilità

Dopo PAURA uscirà un album? Stai già lavorando a nuovi pezzi per l'anno nuovo?

Certo, ci sono altri brani in cantiere: il 2024 porterà nuove canzoni e nuove emozioni!

Qual è la tua canzone del cuore, quel brano che rappresenta la tua essenza e non smetteresti mai di cantare?

Ne ho parecchie di canzoni che mi toccano in maniera particolare; in questo momento mi sento di dirti “Il mio canto libero”, di Lucio Battisti, inno alla libertà, alla pura espressione del sé.

Provieni da un'isola magica, ricca di storia e cultura: la Sardegna. Quanto c'è di questa terra così affascinante nella tua arte? Quali suggestioni hanno permeato la tua essenza di cantante e attrice?

Porto dentro di me l'onestà dei sardi. Abbiamo forse tanti difetti, ma siamo un popolo onesto e molto di cuore: le persone qui hanno un animo generoso, altruista; e questa caratteristica la custodisco molto gelosamente. Aggiungerei anche la tenacia, siamo cocciuti, determinati e propositivi.

Facciamo un passo indietro.Ti definisci “cantattrice”, ossia una performer a tutto tondo, divisa tra musica e recitazione. Ma quando hai scoperto l'amore per l'Arte?

Ho respirato ARTE da sempre - ero ancora nella pancia di mia mamma, anche lei attrice. E' qualcosa di atavico, ce l'ho nel sangue. Pure la musica ha sempre fatto parte della mia vita, fin da piccola. Da adolescente ho iniziato seriamente a studiare canto...e da quel momento non ho più smesso, nonostante i miei studi universitari in Scienze dell'amministrazione: il mio lato artistico l'ho sempre coltivato con ardore e passione. Per quanto riguarda la recitazione, dopo la laurea mi sono trasferita a Roma per approfondire la conoscenza delle arti drammatiche ed è stata una vera e propria folgorazione: alla Duse International ho praticato il metodo Stanislavskij-Strasberg e la grandezza del mondo si è palesata nella sua interezza davanti ai miei occhi; è stata sicuramente una delle esperienze più forti della mia vita

Il teatro insegna anche il concetto di FIDUCIA. Affidarsi all'altro e lasciarsi andare con tranquillità; non è semplice all'inizio aprirsi e “donarsi” senza difese né pregiudizi...

E' assolutamente vero: io nasco un po'diffidente – forse anche questa è una caratteristica sarda, ma frequentando quotidianamente l'ambiente teatrale ho acquisito fiducia verso il prossimo e soprattutto la voglia di collaborare con gli altri. La vera gioia è creare e divertirsi con le altre persone, sia nel teatro che nella musica!!

E qui mi viene in mente una citazione di Eduardo de Filippo: “Con la tecnica non si fa il teatro; il teatro si fa con la fantasia”...

Aveva pienamente ragione; per fare teatro occorre estro, fantasia e tanta voglia di divertirsi!

Attualmente sei in scena con qualche spettacolo?

In questo momento sono in scena con uno spettacolo per ragazzi, BANDIDA: è la storia di una banditessa sarda; giriamo la Sardegna da due anni ormai, facciamo repliche e il feedback è sempre positivo. Inizierò a breve con la stessa compagnia un altro progetto; ma la cosa che più mi rende felice è che debutterò con uno spettacolo interamente mio: un mix tra teatro e musica, con i miei brani...ovviamente vi terrò aggiornati!

 Allora aspettiamo novità Claudia, buon 2024 pieno di arte, stupore e meraviglia!

 

Ecco  il link al  singolo PAURA

https://www.youtube.com/watch?v=P0yyKHHCGG0 

 

IG @claudiaottaviaartist

 


 

domenica 5 novembre 2023

L'allievo brianzolo di Leonardo: Marco d'Oggiono e la Madonna del Latte

 Brianza, terra laboriosa ma anche fucina di grandi talenti artistici. Ed è proprio del Rinascimento brianzolo di cui vi voglio parlare oggi, soffermandomi in maniera particolare sulla figura di Marco d'Oggiono.

L'occasione è l'esposizione del mirabile dipinto LA MADONNA DEL LATTE presso il municipio della città di origine del pittore, Oggiono, ridente località del territorio lecchese.

Proprio ieri mi sono trovata a tu per tu con questa piccola tavola devozionale e ne sono rimasta folgorata. No, non si tratta solo di mirabile tecnica ed esecuzione sopraffina; qui entriamo nel campo del trascendente, di una serenità dello spirito al cospetto di qualcosa di Grande. 

Puo' un quadro provocare tutte queste emozioni? Ovviamente dipende dal modo in cui si guarda l'opera e dal modo in cui ci si accosta ad essa con verità e apertura dei sensi.

Marco d'Oggiono - allievo preferito di Leonardo da Vinci - ha appreso dal Maestro non solo l'abilità tecnica ma anche la capacità di portare su tela un mondo intero di sensazioni e suggestioni.

Marco, dal talento multitasking, era orafo, miniatore e uno dei piu' apprezzati pittori della sua epoca; quindi, più che apprendista alla bottega di Leonardo, frequentò il cenacolo del Genio vinciano per perfezionarsi. Un Master di primo livello alla corte dell'insuperabile. Il non plus ultra della formazione, perdonatemi la boutade.

Richiesto da personalità illustri e ricchi collezionisti, possiamo trovare le sue opere (affreschi, pale d'altare, tempere su tavola) nei più importanti musei del mondo: la creatività e la bellezza non erano appannaggio solo delle prestigiose corti fiorentine, anche piccoli e modesti paesi rurali nascondevano gemme e artisti di raro ingegno.

Perché dipingere una Madonna lactans? In realtà la Virgo lactans è una iconografia ricorrente nella storia dell'arte, soprattutto nel Trecento; il culto della Mamma di Gesù che allatta si diffuse soprattutto nelle campagne, diventando oggetto di venerazione da parte della contadine che attribuivano proprietà taumaturgiche e miracolose a questa immagine. Il latte era fonte di vita. Senza latte il neonato sarebbe morto di stenti, da qui l'importanza di pregare la Vergine per ottenere grazie e miracoli.

Con il Concilio di Trento (1543-1563) cambia tutto: le Madonne dal seno scoperto sono giudicate sconvenienti e altresì licenziose. Occorre coprire, camuffare, ritoccare, anche a costo di deturpare l'opera (come poi puntualmente avvenne in numerosi casi)

Ma la storia di questa Madonna del latte è piuttosto peculiare: oggetto devozionale del cardinale Federico Borromeo (sì, proprio quello di manzoniana memoria), nel 1618 venne donata alla Pinacoteca Ambrosiana e lì rimase esposta fino al momento in cui venne rubata, negli anni 60. Solo nel 2021, grazie al lavoro del Nucleo dei Carabinieri di Monza per la Tutela Patrimonio Culturale, la tavola venne trovata e recuperata. Le sue condizioni non erano buone: il tempo - ma soprattutto gli insetti xilofagi - avevano lasciato danni pesanti, prontamente risanati dal restauro del laboratorio Luigi Parma (promosso da ARTE generali).

Eccola, di nuovo fulgidamente splendida, con la cromia originale e la palpabile suggestione di derivazione leonardesca che spicca con grazia e bellezza


Serenità e dolcezza, queste le sensazioni a pelle. La scena rappresenta il gesto più naturale del mondo, una mamma che allatta il proprio figlio. Un momento di profonda intimità che  noi spettatori guardiamo con pudore e discrezione. 

Ricordate, un quadro è fatto di dettagli, quindi quando siete al cospetto di un'opera d'arte prendetevi del tempo per assaporare ogni singolo gesto, colore, espressione...

Le mani. Osservate ora le mani della Vergine che sollevano il pargolo con sicurezza ma senza stringere, come se volesse mostrare il figlio di Dio agli uomini, un esserino ben pasciuto che salverà l'umanità dai peccati. Lo sguardo. Il bambino ha già nello sguardo la consapevolezza del proprio destino, accettato serenamente. Di nuovo le mani, che - ancora una volta - "parlano". Guardate la mano destra, attaccata al seno della Madonna, una mano che rappresenta la carnalità di Gesù; ora prestate attenzione alla  sinistra, con il ditino puntato verso l'alto. Il bambino vuole ricordarci che Lui appartiene al Cielo, che è figlio del Padre e che al Padre ritornerà 

Lo Spirito del Luogo ha ispirato questa tavola; di conseguenza il Genius Loci non poteva non accoglierla con le braccia aperte, anche se in maniera temporanea. Per un mese (fino al 6 novembre) rimarrà in esposizione a Oggiono, nella Brianza di Marco, un artista che merita un posto tra i grandi della pittura. Poi tornerà alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, esposta insieme ad altri capolavori del Rinascimento lombardo.


LA MADONNA DEL LATTE

Municipio - Sala Consiliare 

Piazza Giuseppe Garibaldi, 14

Oggiono (Lecco)

7 ottobre > 6 novembre 2023


Mostra promossa dalla Fondazione Costruiamo il Futuro con Intesa Sanpaolo e Gallerie d'Italia, in collaborazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana e il Comune di Oggiono


giovedì 30 marzo 2023

Istanti di Storia al MAC di Lissone: le immagini simbolo del '900 riviste da Maurizio Galimberti

 Ammetto di avere un debole per il Museo d'Arte Contemporanea di Lissone, vero e proprio fiore all'occhiello della città brianzola. E rosico anche un po' (in senso buono, ça va sans dire) perché - essendo seregnese - vorrei che anche la mia città realizzasse uno spazio museale all'altezza della domanda culturale dei suoi cittadini. Ok, niente polemiche, non è questo il momento di approfondire la questione, non perdiamo il FOCUS e concentriamoci sulla mostra fotografica inaugurata lo scorso febbraio al MAC: Maurizio Galimberti - Istanti di Storia, una personale curata da Denis Curti e Francesca Guerisoli.

Galimberti non è solo un grande fotografo, dalla tecnica mirabile, ma anche un indefesso ricercatore del nuovo, dell'inconnu, di storie e armonie uniche; e la sua ricerca si focalizza (iniziando dagli anni 80) sulle iconiche Polaroid, manipolando e creando - tessera dopo tessera - mosaici di arte e luce.

Ma cosa rappresentano quindi questi ISTANTI DI STORIA? Sicuramente momenti indelebili, immagini iconiche che tutti noi (giovani e meno giovani) abbiamo impresse nella memoria. Istantanee che cristallizzano un avvenimento unico, precipuo di un'epoca, rifotografate dal Galimberti da prospettive diverse, scomposte e ricomposte fino a formare un mosaico dal pantagruelico potere evocativo.

E l'effetto dal vivo è semplicemente poderoso e travolgente: l'occhio - ossia la macchina fotografica incorporata naturalmente in ognuno di noi - percepisce queste miriadi di tessere e le rielabora attraverso colori e forme, reiterati senza tregua, mettendo a fuoco - in un secondo momento - l'unicum dell'immagine.


 Maurizio Galimberti - Iwo Jima, 1945 Foto di Joe Rosenthal

Confrontarsi con eventi storici epocali è un'impresa per molti assai improba; eppure Galimberti riesce a mantenere lo Zeitgeist dello scatto originale pur scomponendolo, in un'operazione - mi verrebbe da dire - cubista. Un contemporaneo Braque che dà nuova linfa a momenti cristallizzati nel tempo. 

Il corpus delle opere in mostra è variegato, ma parimenti emozionante. L'itinerario si snoda tra cinema, attualità e musica, passando per le epoche più buie vissute dall'umanità ( vedi bomba atomica su Hiroshima, assassinio di Kennedy, il piccolo nel ghetto di Varsavia...): vere e proprie coltellate nel cuore, nonostante "la fama" di queste immagini simbolo del 900 sia conosciuta worldwide.

Una menzione a parte merita la commovente reinterpretazione della tragedia di Marcinelle: 262 morti, tra cui 136 immigrati italiani. In quell'afoso giorno di agosto del 1956 scoppiò un inferno di fuoco, portando disgrazia e disperazione in una laboriosa comunità di lavoratori. Ecco, per non dimenticare mai le morti sul lavoro, soffermatevi un secondo davanti a queste immagini strazianti. Ripeto, per non dimenticare.La Storia insegna; poi sta a noi recepire il messaggio.


 Maurizio Galimberti - Marcinelle 2022 Polaroid "Giant Camera" - LUCHI COLLECTION

Cosa mi è rimasto nel cuore dopo la visita al MAC? Quali opere mi hanno emozionato di più? Be', amo il cinema, amo Sophia Loren, quindi non posso non citare il pianto di Cesira nel film culto "La Ciociara"; ma anche il magnetismo della Magnani in "Roma città aperta" e l'anelito di libertà dato dalla moto rombante di Easy Rider...

E il resto? Be', il resto lo vedrete di persona, non posso spoilerare tutto, giusto?


MAURIZIO GALIMBERTI

ISTANTI DI STORIA

A cura di 

Francesca Guerisoli e Denis Curti

Prodotto e promosso da

Comune di Lissone

 

11 febbraio - 30 aprile 2023

MAC Museo d'Arte Contemporanea

Lissone (MB)

www.museolissone.it

Ingresso gratuito

 

 

Maurizio Galimberti - Nelson Mandela e Muhammad Ali 2000 Foto di Dana Gluckstein LUCHI COLLECTION


Maurizio Galimberti - Papa Giovanni Paolo II, 2005 LUCHI COLLECTION

mercoledì 16 novembre 2022

Quando il Business è Psicologia: a tu per tu con Denise Micaela Spinelli, giovane volto dell'imprenditoria Made in Italy

Chiacchierare con Denise Micaela Spinelli è sempre illuminante. Lei rischiara con luce propria l'ambiente che la circonda. E' la luce della conoscenza, certo, ma anche della consapevolezza, della volontà e della resilienza (parola a lei molto cara). La guardo e penso che poche persone riescono a coniugare charme, carisma e voglia di aprirsi al mondo come Denise: è una delle imprenditrici più importanti del nostro paese, eppure è sempre alla ricerca di stimoli, di idee, di modi per connettere realtà e persone. Questo è - a mio parere - il mindset giusto per includere creatività e creare business.

Imprenditrice ma non solo. Denise è anche scrittrice e creatrice dell'Imologia, filosofia che ha lo scopo di raggiungere il benessere attraverso lo studio in profondità dell'essere umano. L'etimologia  è data dai termini IMUS e LOGOS: l'intimo che si coniuga con il linguaggio. Scoprire l'interiorità e andare oltre la superficie. Il suo libro, Imologia. Manuale di teoria, pratica e interiorizzazione spiega ampiamente questa tematica. E vi consiglio di leggerlo, lo troverete brillante e rivelatore: una vera e propria epifania di consapevolezza e verità.

Nonostante sia ormai cittadina del mondo e instancabile globetrotter - ha da poco terminato un tour promozionale europeo e si appresta a tornare a Dubai - abbiamo organizzato un incontro vis-à-vis in un bar di una Milano uggiosa: davanti a un cannolo siciliano e a un cappuccino mi ha raccontato (con vivo entusiasmo e grande passione, ça va sans dire) le novità che la vedono protagonista nel business e i progetti per il 2023.




Ciao Denise, ci rivediamo dopo due anni in cui è successo di tutto: pandemia, guerra, crisi energetica. Raccontaci come hai vissuto questo periodo e quali novità - spero positive - ti ha portato il biennio 2020-2022

Parto con il dirti una news importante e assolutamente positiva: è nata una bellissima collaborazione con una azienda molto importante nel settore orifero; si tratta di un'attività ben strutturata, presente sul mercato da qualche anno e attiva in molti paesi, dal Sud America all'Italia. Il loro core business è l'oro: come ben saprai il Dubai Gold Souk è il più grande rivenditore di oro al mondo, unico nel suo genere.

Quindi possiamo dire che la pandemia ha creato anche delle oppurtunità economiche e di crescita?

Sì, confermo che per noi è stata una grande opportunità. Pensa all'Expo di Dubai, abbiamo avuto più tempo per prepararlo al meglio e soprattutto per pubblicizzarlo, attraverso il perfezionamento dei siti, pubblicazioni e un lavoro capillare nell'organizzazione. Il risultato è stato eclatante: 25 milioni di turisti e un progetto illuminato, ossia quello di progettare il futuro; il sito di Expo è stato infatti trasformato in DISTRICT 2020, una città futuristica e sostenibile che contribuirà ulteriormente alla crescita economica di Dubai. 

Un'altra importante opportunità per la nostra azienda è stato l'uso massiccio del digitale durante il lockdown; grazie alla tecnologia e alle call via Zoom è stato possibile rimanere connessi in maniera costante con tutti i miei clienti, in ogni angolo del mondo. 

A tuo avviso, perché c'è tutto questo "buzz" attorno a Dubai? E' la città mito per molti, vista come una sorta di Eldorado del business e dell'opulenza...

L'etimologia del nome"Dubai" ricorda il termine connessione, ed è proprio questa la sua caratteristica principale: connettere Occidente e Oriente. Sono convinta che, nonostante esistano profonde differenze culturali, se l'Occidente e l'Oriente imparassero a dialogare potrebbero creare una globalizzazione migliore. Per me Dubai rappresenta il dialogo perfetto tra questi due "mondi"; come ti ho detto prima, ci sono più di  200 comunità (da quella indiana a quella filippina, passando per la comunità francese, olandese, italiana eccetera...): insomma un melting pot straordinario di cultura, usi e costumi che vivono in serenità e armonia. Ecco, per vivere a Dubai occorre assolutamente essere "open minded", aperti all'altro, senza pregiudizi ma, al contrario, con la voglia di conoscere il diverso.

Altro fattore fondamentale che rende Dubai competitiva e attraente è la sicurezza: le regole ci sono e vengono rispettate. Da tutti. E l'autorità, nella persona dello Sceicco, è amata e stimata dai cittadini. C'è fiducia e rispetto reciproco, qualità essenziale sulla quale fondare un rapporto sereno e armonioso.

 Vorrei sfatare un altro mito: a Dubai la donna non deve coprirsi con veli o hijab, però attenzione, rimane sempre aperta la questione del cosidetto DECORO; se ci si trova in un ospedale, una banca o in altro luogo pubblico occorre essere rispettose e vestirsi adeguatamente. Le donne che indossano il velo lo fanno non perché sono costrette, ma per una sorta di senso di appartenza alla cultura che le ha viste nascere e crescere.

 


 

Sei uno dei volti dell'imprenditoria italiana, ambasciatrice del Made in Italy e "connettore" di culture diverse....ma tutto è partito con l'Imologia...

 C'è una bella notizia che riguarda l'imologia: è stata inaugurata la libreria dello sceicco, e una copia in italiano del mio manuale campeggia sugli scaffali di questa enorme library di ben 7 piani, fiore all'occhiello della cultura emiratina...Inoltre sarà presto disponibile in versione tradotta in lingua inglese e araba; il tutto con lo scopo di far conoscere l'imologia a un pubblico internazionale, organizzare seminari e corsi di approfondimento. Non da ultimo stiamo lanciando la nostra piattaforma legata al mondo delle personalità e al valore che esse apportano al mercato. Tutti gli assets, in qualunque mercato si trovino, si basano su di un unico e supremo asset che è la personalità umana.

Hai alle spalle un percorso di studi in Psicologia. Quanto hanno influito queste conoscenze del mondo interiore dell'individuo sul tuo lavoro di imprenditrice? Che connessione esiste tra Psicologia&Business?

Mi occupo di imprenditoria, è vero, ma come dico sempre: "L'80% del Business è Psicologia". Tutto quello che facciamo nel nostro quotidiano - educare i nostri figli, rapportarsi con il nostro partner - appartiene alla sfera psicologica. Quello che veramente fa la differenza è la gestione dello stress, l'empatizzare con il prossimo, saper comunicare nel modo giusto. Lo studio della Psicologia aiuta a capire quali energie si sprigionano mentre comunichi con l'altro, ma anche  il feeling che si crea in un determinato contesto e luogo.

I risultati si ottengono quindi con il giusto MINDSET: la tecnica si affina, le competenze si possono acquisire, le lingue straniere si possono imparare; sono gli strumenti con cui gestisci queste attività a renderti vincente e competitivo in ambito economico. 

Raccontami degli sviluppi di Connecting Table, quali cambiamenti avete apportato al progetto?

Parto con il dire che "Connecting" si ricollega al tema dell'Expo 2020 "Connecting minds and Creating the Future": essendo stata il volto della campagna Expo2015 con "Milano siamo noi", mi piaceva l'idea di creare uno storytelling tra Milano e Dubai, ovviamente con un occhio puntato a Osaka 2025, l'Expo giapponese. Dare vita a connessioni stimolanti rimane la mia priorità, penso all'imminente Mondiale di calcio in Qatar, per esempio, grande aggregatore di menti, culture e skills.

"Table"rimanda invece ad una famosa legge finanziaria che afferma che quando si è in possesso di quattro entrate automatiche si puo' parlare di libertà economica. Ecco quindi le aree di competenza di Connecting Table:

-- Formazione: (il nostro claim è "Se non ti formi, ti fermi") che consente di ottenere consapevolezza dei proprio mezzi attraverso anche l'utilizzo di un linguaggio potenziante, decisivo per avere successo e sicurezza. Attraverso corsi, seminari e un team di professionisti lavoriamo sulla crescita personale a 360 gradi. Ovviamente il nostro manuale guida per operare in questa direzione con metodo e disciplina rimane sempre Imologia. Manuale di teoria, pratica e interiorizzazione.

-- Gestione del proprio denaro: gestire i risparmi in modo da creare rendite che vadano a coprire i passivi, o meglio ancora, a produrre nuovi attivi. In questo settore abbiamo partnership con real estate e collaboratori locali che gestiscono gli asset dei nostri clienti a livello bancario. L'obiettivo è quello di insegnare alle aziende come creare entrate automatiche sviluppando reti tra imprese.

-- Our passion: aiutiamo le passioni dei nostri clienti a svilupparsi e creiamo nuove connessioni internazionali in diversi ambiti.  Nessuno lavora PER noi, bensì CON noi! Non posso non citare - a questo proposito - il settore dell'ARTE, vero e proprio asset e patrimonio culturale a beneficio della collettività.

-- Digitale: da un'era industriale siamo passati a un'epoca completamente digitalizzata. Lavoriamo tantissimo sul mondo social, sull'e-commerce, ora stiamo esplorando il mondo degli NFT e del metaverso... E assolutamente non vedo l'ora di poter presentare al mondo la nostra piattaforma sulla personalità!

 Puoi anticiparmi qualche nuovo progetto per il 2023?

Siamo pronti per il Mondiale in Qatar, ormai ai nastri di partenza; saremo presenti, sempre come connettori, al Festival di Sanremo 2023, creando partnership con diverse aziende, saremo inoltre a Bali per approfondire un progetto legato al benessere frequenziale, di seguito andremo in Arabia Saudita per iniziare nuove connessioni di mercato e in California per riprendere le ricerche interrotte durante la pandemia ...e poi molto altro che ti svelerò strada facendo!




mercoledì 5 ottobre 2022

La via dell'Angelo: Germano Di Mattia presenta il docufilm sulla figura di Michele Arcangelo, tra Arte e Spiritualità

La potenza di Michele Arcangelo. Se penso a questo emblema di forza e giustizia la mia mia mente corre immediatamente al meraviglioso dipinto di Guido Reni, eseguito tra il 1630 e il 1636 per la chiesa di Santa Maria Immacolata Concezione dei Cappuccini a Roma.


Guardatelo, è una delle rappresentazioni più intense di Mi-ka-El - che significa "chi è come Dio?" - protettore della Fede e Principe delle milizie celesti.

La visione barocca dell'artista bolognese, che ci regala un'opera dal taglio compositivo eccellente e dalla possente maestosità, lascia sbalorditi: gioco delle linee perfettamente disegnato e sapiente uso dei colori, mirabilmente calibrati.

Il significato è altrettanto vigoroso, violento, penetrante. Incontriamo la figura dell'Arcangelo nell'Apocalisse di Giovanni, nelle vesti di angelo alato dotato di armatura e spada nell'atto di infilzare Satana, spesso rappresentato come un drago. Ecco l'iconografia che conosciamo tutti. Un giustiziere divino dalla forza immensa; l'epitome del coraggio e della verità.

Questa figura affascinante verrà approfondita in un interessante evento organizzato dall'associazione culturale Art-Waves: sabato 8 ottobre a Roma, Germano Di Mattia - scrittore, studioso, regista - presenta "La via dell'Angelo", un docufilm che analizza l'entità divina di Michele Arcangelo tra arte, spiritualità e simbolismo.

Dopo la proiezione della pellicola ci sarà il dibattito con l'autore e la ricercatrice Francesca Spades: una splendida occasione di confronto e di apprendimento, in cui verranno affrontate varie tematiche concernenti l'Arcangelo. Provate a pensarci: sentiamo spesso parlare di Lui, magari Lo invochiamo nei momenti di difficoltà, ma cosa sappiamo delle sue origini? 

Conoscete la Diagonale Celeste? E' un itinerario che mi tocca molto, un percorso emozionale lungo i luoghi di culto di San Michele: sette luoghi sacri collocati sulle "Ley Lines", ovvero le linee energetiche della terra, percorse da potenti forze magnetiche.

I santuari micheliti sono:

- Skellig Michael in Irlanda 

- Saint Michael's Mount in Cornovaglia

- Mont Saint-Michel in Normandia

- La Sacra di San Michele in Piemonte

- Santuario di San Michele in Puglia (Monte Sant'Angelo)

 - Monastero di San Michele a Symi (Grecia)

- Santuario di San Michele e della Stella Maris sul Monte Carmelo in Israele


La particolarità? Questi santuari sono allineati su di una diagonale che porta a Gerusalemme; per questo motivo viene chiamata "Via Michelita o Via di Gerusalemme". Ho avuto la possibilità di visitare Monte Sant'Angelo, nel Gargano, e vi posso assicurare che in questo posto si viene attraversati da una energia potentissima, fortemente percepibile in ogni cellula del corpo; si ha la sensazione che esista qualcosa di immenso, che ti avvolge in una pace difficilmente descrivibile. E no, non occorre essere devoti per "sentire" queste vibrazioni di mistero e serenità. E' un viaggio dell'anima, e io lo consiglio vivamente, almeno una volta nella vita.


LA VIA DELL'ANGELO

di Germano Di Mattia

ospite speciale Francesca Spades



Sabato 8 Ottobre 2022 
Ore: 17:00

presso:
sala meeting dell'Hotel Villa Rosa  -  Via Giovanni Prati n.1 , Roma (Trastevere)

Ingresso:
8 euro - compresa quota associativa 

Evento organizzato da:
Associazione culturale Art-Waves

Prenotazioni : 
info@art-waves.com



mercoledì 17 agosto 2022

Pasolini, ANIMA e CORPO: gli scatti di Dino Pedriali in Mostra a Monza

 La Brianza rende omaggio a Pier Paolo Pasolini con una mostra fotografica dal titolo "PASOLINI. ANIMA E CORPO", allestita presso i Musei Civici di Monza.

Anima e Corpo. Un binomio inscindibile nella poetica - e soprattutto - nella vita del grande intellettuale bolognese, forse uno dei più "pregnanti" del Novecento. So che molti di voi non saranno d'accordo, quindi chiedo venia per la licenza che mi sono arbitrariamente presa, ma PPP, a mio avviso, ha saputo incarnare alla perfezione il ruolo di SAVANT innervandolo di "peccati", debolezze umane e trasgressioni, senza mai nascondere la sua vera essenza. Ecco il ruolo del libero pensatore, la forza propulsiva dell'arte e della conoscenza.

On display troverete una selezione di fotografie in bianco e nero provenienti dalla collezione della Fondazione Luigi Rovati: 40 immagini che il maestro Dino Pedriali scattò a Pasolini nell'ottobre del 1975, tre settimane prima del suo omicidio. Il regista non vide mai il risultato di quella sessione fotografica, realizzata nelle due abitazioni di Pasolini, tra Sabaudia e Chia, suggestivo angolo di Tuscia Viterbese - terra anticamente abitata dai "tuscus", ossia gli etruschi.

Sono scatti intensi, in bianco e nero, pieni di pathos: gli occhi corruschi di Pasolini scrutano con avidità l'obiettivo di Pedriali, porgendo un'immagine di se stesso vera, senza filtri; ecco anche l'idea di posare nudo (all'interno dell'abitazione) mentre il fotografo scatta da fuori: unica barriera il vetro della finestra, che riflette e amplifica la VERITA', quella verità che ogni sua opera bramava, anelava fino allo spasmo.

Dietro queste foto c'è una regia, ma badate bene, non del fotografo, bensì del regista-scrittore stesso: lui dirige il giovane Pedriali, Lui gli permette di entrare in intimità con la sua vita quotidiana, mentre legge, scrive, passeggia - fintamente inconsapevole - per le strade della Tuscia. Sembrano scatti "rubati", in realtà c'è una precisa sceneggiatura dietro; Pasolini ci insegna che a volte il Vero viene innervato dalla Finzione, metafora della Vita, tra luci e ombre, lucidità e follia.


Consiglio: affrettatevi, la mostra rimarrà aperta ancora per poche settimane!


PASOLINI. Anima e Corpo

dal 2 luglio al 4 settembre 2022

Musei Civici di Monza Casa degli Umiliati

via Teodolinda 4

www.museicivicimonza.it

 

 


 


 

Immagini di Dino Pedriali, ottobre 1975 - Fondazione Luigi Rovati