sabato 29 novembre 2025

In interiore homine: l'esplorazione interiore secondo Felice Pedretti

 A Roma, nelle sale silenziose di Palazzo Valentini, la mostra di Felice Pedretti "In interiore homine" accoglie il visitatore come un portale esoterico, aperto fino al 6 dicembre.

E' una occasione preziosa - e rara - per sottrarsi qualche ora alla frenesia luminosa del clima natalizio e rirovare un ritmo più umano e profondo.


 

In una società in cui le parole chiave sono:

OUTPERFORM

OUTPACE

OUTSHINE

Vi invito a fare un lungo respiro, prendere consapevolezza e ascoltare la vostra voce interiore. L'arte diventa il tramite per accedere a quella regione interiore che spesso dimentichiamo di avere. Una parentesi necessaria, ineludibile, connaturata al nostro processo ontologico.

E vorrei partire proprio dal titolo, dalla frase latina di Sant'Agostino che, completa, suona così: "Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitas veritas".

Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell'interiorità dell'uomo abita la verità. Ebbene sì, la Verità - e qui mi riallaccio al concetto di Via, Verità, Vita - sta nelle profondità della propria interiorità, non nel mondo esterno; l'analogia con il titolo della mostra del Pedretti è perfettamente coerente con il suo linguaggio artistico simbolico, silenzioso, introverso ma altresì pieno di Vita.

Le 36 opere in mostra conducono l'osservatore verso una soglia interna, dove l'essoterico smette di essere superficie e diventa spazio intimo, di risonanza. Silenzio. Quanto silenzio occorrerebbe nelle nostre vite fenetiche e stanche; ma, attenzione, il Silenzio non è il vuoto: al contrario, è uno spazio pieno e gremito di presenze lievi e intuizioni quasi mistiche, che affiorano quando lo sguardo smette di cercare e si placa, mettendosi in ascolto. 

Questi lavori non parlano, suggeriscono. Sono frammenti di un linguaggio primordiale, segni di un tempo interiore che non segue le leggi fisiche. Orbene, ecco allora risuonare l'inconscio, una massa che non sappiamo come definire ma che sentiamo pulsare sotto la pelle.

L'aspetto quasi metafisico nel modo in cui Pedretti compone la sua visione è fatto di forme sospese e raccolte; l'artista non vuole mostrarci qualcosa, ma permetterci di RICORDARE qualcosa: un gesto, un'emozione perduta, un'intuizione smarrita che torna improvvisamente a farsi viva.

E ritorno al SILENZIO. Le sue opere non hanno bisogno di urlare perché la loro forza appartiene al mondo ctonio, sotterraneo, nascosto. Non si offrono allo sguardo. Al contrario, è lo sguardo che deve imparare a tacere e a lasciarsi condurre. E' difficile, lo so. Ma se impariamo ad abbandonarci al processo, una speciale alchimia si compie: la materia diventa simbolo e l'interiorità un luogo sacro.

 


 

Ogn composizione assume in sé le vesti di un sigillo, si fa icona di quella interiorità che il buon Agostino d'Ippona indicava come luogo della verità.

In interiore homine non è solo un titolo: è un invito a entrare in quel nucleo nascosto dove tutto prende forma e in cui tutto ritorna. Felice Pedretti, con la sua pittura maestosa e silenziosa, ci accompagna fin lì, dove l'ascolto diventa rivelazione.

 FELICE PEDRETTI - IN INTERIORE HOMINE

25 novembre - 6 dicembre 2025

 Palazzo Valentini - Sala della Pace, Roma

A cura di Claudio Strinati, con la collaborazione di Federico Strinati

Ingresso libero: lun-ven 10.00 -18.00 


 

giovedì 30 ottobre 2025

Liberazione/Liberazioni - Il cinema come gesto di libertà

 Liberazione - dal latino "liberatio", ossia l'atto di liberare, di sciogliere un vincolo.

La mia riflessione parte da qui, dal concetto di libertas o, se vogliamo, eleuthéria per gli antichi greci. Agire senza coercizione esterna ma solo secondo la propria volontà. Esiste qualcosa di più dannatamente catartico al mondo del liberarsi dalle costrizioni e vivere secondo il proprio spirito?

Sì, parlo di spirito, di movimento dello spirito, un respiro collettivo che si fa nuovo ogni volta che qualcuno osa immaginare un mondo diverso. 

Ci sono parole che ritornano, come maree. Liberazione è una di quelle. Appartiene al tempo, allo spazio, a tutto il popolo; anzi, a ben guardare, Liberazione è uno dei termini più cinematografici che esistano: il cinema nasce proprio da un atto di Liberazione - Liberazione della memoria, del tempo, dello sguardo.


 

La nona edizione de "Il progetto e le forme di un cinema politico", ideata e curata da Aamod (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico) e Fondazione Gramsci, sceglie questo titolo non a caso: Liberazione/Liberazioni, rassegna che celebra l'80 anniversario della Liberazione.

Un plurale che si apre come un ventaglio e che abbraccia la molteplicità delle storie, dei corpi, dei gesti. Questa rassegna non è solo una celebrazione della settima arte: è un laboratorio aperto che aiuta a sviluppare un pensiero critico. Un luogo dove le immagini smettono di essere un mero intrattenimento e tornano a farsi domande.

Cosa significa oggi essere liberi? E soprattutto: da che cosa, o da chi, dovremmo liberarci?

Il cinema politico, quando è autentico, è ben lungi dall'essere propaganda. Non impone, ma interroga. Non cerca di convincere, esso ha il compito di disvelare il vero. E' un cinema che si mette in cammino con lo spettatore, che tenta di reinventare il mondo, fotogramma dopo fotogramma. Da Corbari del '70 - con un giovane ma già iconico Giuliano Gemma - a "Roma città libera" di Marcello Pagliero girato nel 1946, ogni film, in fondo, è una battaglia per la visione: restituire al pubblico una dimensione etica e poetica.

Ecco quindi che la Liberazione di cui parla questa rassegna romana non è solo storica e sociale: è un atto di resistenza all'abitudine, alla velocità alle distrazioni del mondo.


 

In un mondo dominato dalle piattaforme e dal "mordi e fuggi", guardare davvero un film - restare dentro un'immagine, attraversarla, farla tua - è decisamente un atto politico.

Ogni film proiettato è un piccolo varco: una fenditura nella superficie del presente, da cui filtra un po' di luce

Durante la giornata di studio e nella rassegna cinematografica che l'accompagna, si intrecciano voci e prospettive. Studiosi, registi, documentaristi, archivisti e spettatori si riuniscono per fare del cinema un luogo di riflessione; ogni inquadratura diventa una domanda aperta, un atto di fiducia nel potere dell'immagine. Un milieu prezioso di libertà condivisa.


 


Il progetto e le forme di un cinema politico

Nona edizione 2025

Liberazione/Liberazioni

 a cura di Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico 

in collaborazione con Fondazione Gramsci

Coordinamento di Paola Scarnati

Roma 4 - 5 - 6  novembre 2025

 

Per conoscere l'intero programma della rassegna

www.aamod.it

martedì 26 agosto 2025

Musica sulle Bocche 2025: dove il vento canta e la musica diventa rito

 

 


 

 

 Sardegna non è solo terra: è un'isola che custodisce il canto del vento, un respiro antico che attraversa il tempo. Con le sue onde che accarezzano coste senza fine, il tempo sembra essersi cristallizzato.

E' un luogo magico che vibra di mistero e di luce, in bilico tra leggenda e realtà: ogni suono sembra nascere dal profondo della terra, millenario, autentico, viscerale. Visitare la Sardegna è come compiere un rito mistico, il maestrale intreccia anime e memorie e si fa preghiera. 

Terra di Dei antichi e di acque che parlano lingue oramai dimenticate. Ogni sentiero vibra dell'eco di un tempo in cui l'uomo dialogava con il sacro.

E in questo scenario arcaico, pregno di memoria e magia, ha preso vita la 25esima edizione di MUSICA SULLE BOCCHE. Attenzione, non è un semplice festival, ma un evento nel quale la musica diventa Invocazione, un Passaggio verso mondi sensibili. 



 

Ogni concerto diventa un rito collettivo: tra borghi e vigne, su scogliere che guardano l'orizzonte infinito, in chiese testimoni del mistero dell'esistenza; la musica diventa un linguaggio universale che unisce tradizione e innovazione, radici e sperimentazione. Lo spettatore diventa così viandante tra mondi diversi ma legati simbioticamente, con l'isola come fil rouge, tra luci, suoni e vento. 



 

Fondatore e anima di questo festival è Enzo Favata, bardo di questo evento crocevia di sperimentazione sonora, paesaggio e spiritualità. La sua narrazione musicale è in continua evoluzione, tra jazz, suoni etnici ed elettronici. Favata ha saputo restare fedele al cuore pulsante della sua terra, elevando però la sua incessante ricerca artistica e portandola alla ribalta internazionale.  Ecco che il genius loci non è nostalgia, ma dialogo moderno e fluido: energia che scaturisce dalla natura e che la musica fa risuonare di vibrazioni mistiche.

MUSICA SULLE BOCCHE non offre concerti "per" i luoghi. MUSICA SULLE BOCCHE offre esperienze che accadono "con" i luoghi. 



 

 

 MUSICA SULLE BOCCHE 2025 - International Jazz Festival

dal 7 agosto al 5 settembre

https://www.musicasullebocche.it 

 

Prossimi appuntamenti:

26 agosto Max Ionata and Hammond Groovers -ore 21.30 Piazza Centrale Bulzi

29 agosto Alessandro di Liberto quartetto - ore 20.30 Castello dei Doria Chiaramonti  

30 agosto Maltana, Peghin, Favata trio - ore 20.30 Tenute Delogu Alghero

....e molti altri, assolutamente da non perdere! 


 Photo Credit: Gianfranco Fine

 

 Sardinia is more than just a land: it's an island that holds the song of the wind, an ancient breath that travels through time. With its waves gently touching endless shores; it seems like time is standing still.

It is a magical place filled with mystery and light, a delicate balance between legend and reality. Every sound seems to rise from the very depths of the earth - venerable, genuine and mighty. Visiting Sardinia is like taking part in a ritual, where memories and emotions go hand in hand.

It's a land of ancient gods and - in its crystal clear waters - one can still hear the echo of forgotten languages. Every path carries the vibrations of a time when people lived in close connection with the sense of the sacred.

In this timeless and magical setting, the 25th edition of MUSICA SULLE BOCCHE has come to life. This is not just a festival; it's an event where music becomes an act of invocation that dives into a world of deep emotions and perceptions

Each concert becomes a collective ritual: among villages and vineyards, on cliffs overlooking the infinite horizon, in churches that preserve the mystery of existence; music serves as the fil rouge between tradition and innovation, roots and experimentations.

The founder and soul of this festival is Enzo Favata. His musical storytelling is in perpetual development, crossing genres such as jazz, ethnic sounds and electronics. Favata has managed to stay true to the beating heart of his country, while elevating his relentless artistic exploration and bringing it into the international spotlight.

Here, the genius loci does not serve as nostalgia. Conversely, it is a modern and easy dialogue: an energy springing from nature, a deep sense of interconnectedness.

MUSICA SULLE BOCCHE does not offer concerts for places. MUSICA SULLE BOCCHE creates experiences that happen with places.

martedì 15 luglio 2025

SalinaDocFest 2025 - La visione di Giovanna Taviani

 C'è qualcosa di magico nell'inizio del SalinaDocFest. Sarà forse la luce di luglio che accarezza le coste vulcaniche dell'isola, o il silenzio rarefatto che avvolge lo spettatore incantato un attimo prima che la scintilla del cinema prenda vita. O ancora, si tratta forse di quella sensazione - così rara ai giorni nostri - di essere parte di una comunità che ha scelto il documentario come forma di verità e atto di resistenza...

Tante suggestioni, tante sfumature di verità cangianti. Sicuramente quest'anno il festival si apre con un'energia rinnovata: si respira un'aria internazionale, un'aria che dialoga tra parole, cinema e identità. E si inizia stasera, martedì 15 luglio alle ore 21 - in piazzetta Troisi di Pollara, a Malfa - con la premiazione del regista Oliver Stone, autore sanguigno e senza compromessi, sull'isola non solamente per ricevere un premio alla carriera, ma anche per confrontarsi, raccontarsi e - perché no, anche stupirsi della bellezza della vita.


 

Ma il cuore pulsante di questo festival dedicato al documentario narrativo resta Giovanna Taviani. Abbiamo fatto una chiacchierata al telefono, ed è difficile spiegare a parole la profondità con cui parla del suo festival. Per lei il documentario rappresenta un'urgenza narrativa, una presa di posizione. Quando spiega il "Manifesto per l'Educazione Audiovisiva", capisci che dietro ogni scelta di programmazione c'è una chiara visione etica, civile, culturale. E' figlia d'arte, certo - però è anche una intellettuale che ha costruito pezzo dopo pezzo un suo linguaggio personale, che parte dal territorio per arrivare al mondo. Da un nome sussurrato al coro delle moltitudini

"Chi sa leggere le immagini, sa resistere". Insieme al tema"Nuove Parole, Nuove immagini",  il SalinaDocFest invita noi tutti a riscoprire la forza primigenia del linguaggio, minacciato dall'invadenza dell'intelligenza artificiale e dalla mancanza di curiosità dell'essere umano.

Il cinema ha il dovere morale di promuovere un'alfabetizzazione delle immagini e delle emozioni, non deve limitarsi a raccontare la realtà: deve farsi strumento di trasformazione e conoscenza.

Tra emozioni e visioni collettive, il sole delle Eolie promette di far vibrare cuori e menti grazie a Giovanna Taviani, visionaria della narrazione contemporanea e custode della realtà fatta attraverso le immagini.

E voglio concludere così, con una citazione del filosofo tedesco Walter Benjamin - tra i preferiti della Taviani: "La memoria non serve a conservare il passato, ma a redimere il futuro".

 


 Il SalinaDocFest è nato con una vocazione ben precisa, come documentario narrativo, come strumento di indagine e racconto del reale. A 19 anni dalla sua nascita, cosa significa oggi dirigere un festival che si misura con la realtà di un'epoca di narrazioni sempre più virtuali e frammentate?

  È una bellissima domanda. Non a caso quest'anno abbiamo posto come tema quasi una provocazione,  una sfida, un'iperbole, un paradosso: "Nuove parole, Nuove immagini".

E partirei proprio da questa domanda che lei mi pone: come è possibile oggi, nell'epoca della digitalizzazione, dell'intelligenza artificiale - che addirittura ricrea la realtà - parlare di documentario, il genere che, per antonomasia, racconta la realtà? Come è possibile? Quali realtà poi?  Ecco, la risposta gliela darò alla fine di questo festival. Possiamo però affermare che, rispetto al cinema di finzione, il documentarista è un po' l'eroe di questo tempo, nel senso che essendo l'unico che materialmente va nei posti, fa domande, ascolta i testimoni...è colui che preserva quello che sta veramente diventando un retaggio del secolo scorso, ossia l'esperienza vissuta. Senza esperienza vissuta non può esserci compartecipazione e commozione, i grandi presupposti del documentario di verità.

E vorrei appunto tornare al tema del festival: "Nuove Parole, Nuove Immagini". Siamo sommersi da immagini e parole, eppure ne ignoriamo il significato, non ne conosciamo la grammatica. Il "Logos" appare depauperato di tutta la sua potenza espressiva. Le chiedo: che insegnamento possiamo dare alle nuove generazioni?

 Condivido ciò che dice; rappresenta proprio il tema della nostra riflessione. La risposta è: tornare al significato originario e originale della parola. Attualmente sto lavorando sull'Odissea in un carcere di massima sicurezza di San Gimignano. E lì - con i detenuti - stiamo realmente ritrovando le parole che in qualche modo sono state svuotate completamente di significato. L'Odissea è piena di termini archetipici, pensi a "patria", "casa", "cittadinanza", "straniero", "fratellanza". Pensiamo al termine "straniero". Un tempo era ritenuto sacro. Oggi invece è discriminato e perseguitato. Sappiamo bene che la civiltà è nata grazie allo spostamento e incontro tra popoli; anche noi siamo stati emigranti... A mio avviso occorre ritornare al Mito; occorre ritornare alle origini profonde delle parole. Altro aspetto da considerare: lavorare nelle scuole sul concetto di Memoria e studiare il linguaggio delle immagini. Conoscere le regole che presiedono ai meccanismi del linguaggio visivo è importante tanto quanto la grammatica che impariamo a scuola

Ci troviamo in un contesto globale funestato da guerre, crisi sociali, ambientali e migratorie. Quale ruolo deve avere il cinema del reale?

Come le dicevo prima, occorre preservare l'esperienza vissuta. E questo cinema che racconta la realtà - ossia il Neorealismo - continua a influenzare il lavoro anche di noi documentaristi.

Pensi a Cesare Zavattini, figura chiave del Neorealismo: ha portato il cinema a riflettere la realtà quotidiana. Il cinema del reale è nato sui tram. "Io salgo sul tram e vado a pedinare i miei personaggi" - diceva lo stesso Zavattini. Ecco il cinema del reale: raccontare la vita vera pedinando, andando nei luoghi, scrutando la gente...

Parliamo di Memoria. La Memoria come strumento di consapevolezza per l'azione. Mi viene in mente una frase del filosofo polacco Bauman che dice:"Il futuro si costruisce con i materiali della Memoria". Cosa ne pensa?

 Condivido la citazione di Bauman; anzi, a questo proposito vorrei aggiungere anche quella del mio critico letterario preferito, Walter Benjamin:"L'origine è nell'avvenire e l'avvenire è nell'origine". La storia siamo noi, le cose sono in un costante divenire, non c'è un prima e non c'è un dopo. E ancora, un'immagine bellissima che riassume questo concetto è quella di un acquerello di Paul Klee, dal titolo "Angelus Novus" - che Benjamin interpreta magistralmente nel suo saggio "Tesi sulla filosofia della storia": un angelo ha gli occhi fissi sul passato pieno di rovine, detriti e macerie; improvvisamente arriva un vento gelido che spira alle sue spalle e lo trascina irresistibilmente verso il futuro. E' questo il senso della temporalità, della nostra capacità di comprendere e dare significato al passare del tempo.


 (Angelus Novus - Paul Klee 1920)

 

Salina - piccola e magica isola del Mediterraneo - diventa per qualche giorno centro di dialogo tra culture, persone, comunità. Salina, non solo geograficamente, ma financo simbolicamente è luogo di Memoria. Cosa rappresenta per lei questo posto?

In primis Salina è il luogo dell'Anima. Papa' e Paolo avevano comprato una casa a Salina. I miei fratelli e io siamo cresciuti su questa magnifica isola. Noi non siamo forestieri, non siamo stranieri e neppure turisti: siamo orgogliosamente isolani. Poi, ovviamente, è diventato anche il luogo della memoria. Da documentarista - con "Fughe e approdi" del 2011 - ho raccontato le Eolie tra memorie e realtà, ripercorrendo tutti i set dei film girati in quelle isole, location molto amate dai registi: da Rossellini ai Taviani con "Kaos", da Wieterle a Massimo Troisi e Michael Radford con "Il Postino", la storia d'amore tra le Eolie e il cinema dura da molti decenni.

Come si costruisce oggi il pubblico di un festival di cinema documentario? E che tipo di comunità si è creata attorno al SalinaDocFest?

Esiste un fortissimo  legame con il territorio: sono cresciuta con gli albergatori, i sindaci, la gente del posto. A poco a poco abbiamo creato un pubblico fidelizzato, che abbiamo incrementato nel corso degli anni. Tutti collaborano, tutti ci aspettano: le aziende vinicole, gli albergatori, i ristoratori e le amministrazioni comunali. Siamo una comunità affiatata e - grazie ai nostri ospiti internazionali - portiamo la bellezza di Salina nel mondo.


 SALINADOCFEST -Festival del documentario narrativo

XIX Edizione dal 15 al 20 luglio 2025 a Salina, Isole Eolie

https://salinadocfest.it

 

lunedì 7 luglio 2025

Cuba no es un lugar, es un estado del Alma - Il ritorno in Italia di Ana Carla Maza, tra freschezza e tradizione

 Esiste un angolo di mondo dove la musica non si ascolta e basta: si vive, si respira, fa danzare. E' l'anima del Caribe, e in particolare mi riferisco a Cuba, terra magica dove i ritmi creano stati vibrazionali unici.

In questo paesaggio sinestetico, tra colori, suoni e odori si inserisce con grazia la Diva del violoncello, Ana Carla Maza. Seguo questa artista da un anno e non smette di sorprendermi: Ana Carla possiede un'aura ultraterrena, è epifania del sublime (con il suo fascino vibrante e gioioso mi ricorda Euterpe, Musa della Musica e della poesia lirica), capace di unire le forme della musica colta con i ritmi vitali della sua terra. Da un anno ascolto e apprezzo il suo viaggio tra generi: samba, cumbia, habanera e jazz latino, con un unico trait d'union, il violoncello, che diventa il vero narratore di ogni storia.


 

"Cuba no es un lugar, es un estado del alma". Ed è esattamente così. Ogni canzone è una lettera d'amore all'isola verde, con il sole accecante delle sue spiagge e l'azzurro cangiante del suo mare. Un mare profondo, come profondo è lo spirito della Maza

 Mi viene in mente una frase di Compay Segundo, indimenticabile membro del Buena Vista Social Club: "La música cubana es como el ron: fuerte, cálida, y siempre te hace sonreír"

Sorridere e godere delle bellezze della vita, ecco il motto della nostra: l'energia femminile si sposa con tecnica e improvvisazione, come solo i più grandi sanno fare; Ana Carla porta con sé l'eredità artistica di Chucho Valdes e Omara Portuondo ma con una freschezza nuova, una sensualità moderna e contemporanea.

"El Caribe está en mi sangre", ha dichiarato in una intervista. E nulla, le tue radici le porti dappertutto. Lei è ormai cittadina del mondo, eppure sente di appartenere a Cuba, ora e sempre.

E che la fiesta tropicale abbia inizio; una travolgente onda sonora si sta per abbattere sul nostro paese: dopo un anno di tour in tutto il mondo, Ana Carla arriva di nuovo a infuocare le notti magiche italiane. Festa, poesia e good vibes. ¿Qué más se puede pedir?


Ana Carla Maza - Caribe Deluxe World Tour 2025

13 luglio - Eco Jazz Festival, Reggio Calabria

19 luglio -Stresa Festival, Stresa (VB)

20 luglio -Estate Fiesolana, Fiesole (FI)

21 settembre -Suoni delle Dolomiti, San Martino di Castrozza (TN)

https://www.anacarlamaza.com

 


 


Existe un rincón del mundo donde la música no solo se escucha: se vive, se respira, te hace bailar. Es el alma del Caribe, y en particular me refiero a Cuba, tierra mágica donde los ritmos crean estados vibracionales únicos.

En este paisaje sinestésico, entre colores, sonidos y aromas, se inserta con gracia la Diva del violonchelo, Ana Carla Maza. Llevo siguiendo a esta artista desde hace un año y no deja de sorprenderme: Ana Carla es una epifanía de lo sublime (con su encanto vibrante y alegre me recuerda a Euterpe, Musa de la Música y de la poesía lírica), capaz de unir las formas de la música culta con los ritmos vitales de su tierra. Desde hace un año escucho y aprecio su viaje entre géneros: samba, cumbia, habanera y jazz latino, con un único hilo conductor: el violonchelo, que se convierte en el verdadero narrador de cada historia.

"Cuba no es un lugar, es un estado del alma". Y es exactamente así. Cada canción es una carta de amor a la isla verde, con el sol cegador de sus playas y el azul tornasolado de su mar. Un mar profundo, como profundo es el espíritu de Maza.

Pienso en una frase de Compay Segundo, inolvidable miembro del Buena Vista Social Club:
"La música cubana es como el ron: fuerte, cálida, y siempre te hace sonreír".

Sonreír y disfrutar de las bellezas de la vida, ese es el lema de nuestra protagonista: la energía femenina se une a la técnica y a la improvisación, como solo los más grandes saben hacer; Ana Carla lleva consigo la herencia artística de Chucho Valdés y Omara Portuondo, pero con una frescura nueva, una sensualidad moderna y contemporánea.

"El Caribe está en mi sangre", declaró en una entrevista. Pues bien, tus raíces te acompañan a donde vayas. Ella ya es ciudadana del mundo, pero siente que pertenece a Cuba, ahora y siempre.

Y que comience la fiesta tropical: una ola sonora arrolladora está a punto de invadir nuestro país. Tras un año de gira por todo el mundo, Ana Carla regresa para encender de nuevo las noches mágicas italianas. Fiesta, poesía y good vibes. ¿Qué más se puede pedir?

Ana Carla Maza - Caribe Deluxe World Tour 2025

13 julio – Eco Jazz Festival, Reggio Calabria
19 julio – Stresa Festival, Stresa (VB)
20 julio – Estate Fiesolana, Fiesole (FI)
21 septiembre – Suoni delle Dolomiti, San Martino di Castrozza (TN)

https://www.anacarlamaza.com

 

 

 


 

 

sabato 31 maggio 2025

Voce alle Donne, Silenzio alla Violenza - Intervista con Donatella Gimigliano, luminosa combattente al servizio del mondo femminile

 Per Socrate, la felicità nasce dal vivere secondo la propria missione, realizzare il proprio scopo nella vita. 

A tal proposito esiste un termine greco che incarna alla perfezione questo concetto di "piena realizzazione": Eudaimonia, ossia "essere in compagnia di un buon daimon", vivere in accordo con la nostra forza interiore, con il destino che ci è stato assegnato. E Donatella Gimigliano ha questo "buon daimon" che illumina la sua persona di consapevolezza, virtu' e forza interiore.

Forza interiore che le ha permesso di rialzarsi dopo gli uragani forza 8 della vita; forza interiore che la spinge con ardore verso le donne fragili, vittime di violenza e di cancro al seno. 

  Diamine, che forza della natura, Donatella. Combattente straordinaria e anima fiera. Invidio il suo inarrestabile pragmatismo quando il mondo crolla sotto i piedi; ammiro la sua volontà di andare contro tutto e contro tutti, parlando chiaro, senza paura e senza farsi intimorire dai "poteri forti". 

E la nostra chiacchierata è nata così, con Donatella fiume in piena che alterna grinta a momenti di commozione, intemerate contro il sistema ad afflati materni e dolci verso le "sue donne" fragili ma resilienti.

Women for Women - against Violence - il suo progetto - compie dieci anni: nato per sensibilizzare l'opinione pubblica sul cancro al seno e promuovere il contrasto alla violenza di genere, è diventato un punto di riferimento per le donne - ma non solo - grazie al supporto concreto che viene fornito da Donatella e dal suo team di volontarie. Nessuna viene lasciata sola, nessuna deve rimanere indietro - per citare Papa Francesco. Ed è proprio così, le donne che chiedono aiuto vengono accolte con tenerezza dall'associazione Consorzio Umanitas, nonostante le difficoltà, la burocrazia farraginosa e gli agguati del destino.

E voglio ricordare anche il Camomilla Award, premio assegnato alle personalità che si spendono nel sociale con empatia e compassione. Costruire ponti, andare verso il prossimo: anche il un'epoca completamente intrisa di materialismo, si deve trovare spazio per una sana vicinanza al prossimo, con cuore aperto e visione laterale. 

Ce la faremo a diventare migliori? Questo non posso dirvelo, ma intanto vi invito a leggere l'intervista con Donatella e lasciate che le sue parole vi sfiorino le corde del cuore...

 

 



Come nasce il progetto Women for Women - against Violence? 

Women for Women - against Violence è un progetto dell'associazione Consorzio Umanitas che io presiedo. Nasce dieci anni fa, in seguito alla mia personale esperienza di malata oncologica : sono un po' la factotum di questa iniziativa, gestisco tutto, dall'organizzazione alla realizzazione di ogni singolo evento. Il percorso di Women for Women è cresciuto, ha assunto dimensioni importanti, tanto da diventare un programma televisivo in onda sulla Rai. Abbiamo raggiunto un importante livello comunicativo e, per celebrare degnamente il decennale, abbiamo organizzato una mostra fotografica a Roma. Ricordo che all'epoca - quando decisi di dare vita e forma a questa iniziativa - molte persone pensavano fossi troppo temeraria: unire l'esperienza dolorosa di una malattia come il tumore al seno alla violenza di genere era - agli occhi di molti - una cosa strana, che viaggiava su binari differenti. Ecco, ho dovuto faticare per far capire alla gente che quando si parla di mostri, non dobbiamo riferirci solo a quelli che "ci vivono accanto"; esistono - e sono altrettanto devastanti - anche quelli che nascono dentro il corpo di una donna.  

Infatti lei definisce il cancro al seno e la violenza di genere i DUE BIG KILLER delle donne... Facciamo il punto su incidenza e mortalità, può fornirci qualche dato per avere contezza della situazione attuale?

Certo, al contrario di cio' che pensa l'opinione pubblica, il killer numero uno delle donne è il tumore al seno. Ti do subito qualche numero: 110 vittime all'anno per mano di un uomo, 12mila donne che perdono la vita per cancro al seno. E aggiungo: 11mila diagnosi di tumore in donne sotto i 40 anni. E' vero, abbiamo fatto passi da gigante, l'80% guarisce entro un determinato periodo - cinque, dieci anni -; come puoi capire, siamo ancora ben lungi dal dire che abbiamo vinto la battaglia contro il tumore. Anche la violenza di genere è una piaga terrificante che affligge la società odierna, e non si tratta solo della conta delle vittime, parliamo di  problematiche più profonde che coinvolgono le donne, ma anche gli uomini: pensiamo al body shaming, al revenge porn, ai disturbi del comportamento alimentare... Mi preme sommessamente ricordare che a causa di anoressia e bulimia muoiono ogni anno 4mila giovani tra i 16-23 anni; solleviamo quindi anche altre questioni dimenticate dagli organi di comunicazione: sono pochi i professionisti dei media che si fermano e fanno delle riflessioni serie e approfondite.

Uscire da una spirale di violenze è una strada in salita, un percorso difficile: cosa dà la spinta a reagire? Penso anche alle problematiche economiche che contribuiscono a creare una morsa di ansia e inquietudine...

Esattamente, l'accesso alle cure e la tossicità economica rappresentano delle problematiche condivise sia dalle vittime di violenza, sia dalle donne che combattono il tumore al seno. Noi raccontiamo storie di donne che hanno avuto una grandissima capacità di di reazione, resilienza e rinascita, contro tutti e contro tutto. Parlo di donne date alle fiamme davanti ai propri bimbi, aggredite barbaramente con l'acido...Dentro ognuno di noi, non in tutte - ma nella maggior parte di noi - esiste una forza pazzesca; le nostre storie sono una sorta di veicolo, di trasferimento di forza proprio per quelle combattenti che stanno vivendo situazioni critiche e necessitano di esempi positivi, di donne che ce l'hanno fatta.

Ma l'appoggio morale da solo non basta, occorre quindi anche un aiuto CONCRETO...

E qui si apre un altro discorso. Primo passaggio: la donna sopravvive. Bene, siamo contenti ma non basta, bisogna darle gli strumenti per riprendere in mano la sua vita. Se una vittima di violenza presenta cicatrici su quasi tutta la superficie corporea non può ricevere solo un primo accesso gratuito alle cure e poi venire abbandonata a se stessa, mi spiego? E' un approccio a metà. Il "sistema" dovrebbe dare a tutte la garanzia di una cura TOTALE, non solo parziale. La cicatrice non concerne solo un fattore meramente estetico, può infatti provocare problemi di movimento, attaccare i legamenti...Diciamo che alcune aziende curano le donne per guadagnare consensi sui media, non per semplice solidarietà; è scomodo dirlo, ma è la verita: solo alcune vittime traggono reali benefici - a fronte di un centinaio che necessitano cure particolari -; aggiungo anche che lo Stato dovrebbe impegnarsi di più, per non costringere le donne ad affidarsi a personaggi ambigui che vogliono unicamente strumentalizzare la loro persona.

Insomma, lo Stato appare decisamente latitante a riguardo: come fare per sensibilizzare le istituzioni?

La latitanza dello Stato rappresenta un altro grosso problema. L'opionione pubblica pensa che gli aiuti alle donne vittime di violenza debbano passare solo e unicamente attraverso i centri antiviolenza. Bene, questi centri svolgono il loro lavoro egregiamente. Un lavoro fondamentale, oserei dire. Ma c'è un ma. Ci sono centinaia, migliaia di donne e uomini, non dimentichiamolo - che stanno là fuori in cerca di aiuto; stanno là fuori...e a loro, chi ci pensa? Ti faccio un esempio. C'è una storia che ho preso molto a cuore, lui è ormai quasi un figlio per me: si tratta di un orfano di femminicidio. Questo ragazzo ha vissuto un dramma pesantissimo, ha perso la madre e la sorella sedicenne per mano del padre, e lui stesso è finito in coma. E' riuscito a sopravvivere ed è stato affidato ai nonni, che si sono trovati ad affrontare un problema enorme. Completamente da soli. Chi c'era ad aiutarli? Nessuno, o quasi. I fondi sono destinati ai centri. Ok, pensiamo veramente di trasferire intere famiglie in questi centri? Quello che vorrei è che ci fosse una mentalità più elastica: nessuna delle vittime raccontate nella mostra fotografica Women for Women è mai transitata in un centro antiviolenza

Ma non esistono fondi per supportare le donne vittime di violenza? 

Certo, esistono, ma c'è un però. Anzi, pensa che alcune donne non sanno neppure di avere diritto a questo fondo istituito a favore delle vittime di violenza. La questione è un'altra. Si può accedere a questo fondo solo dopo sentenza della Cassazione. Hai capito bene, al terzo grado di giudizio, ossia dopo anni di dibattimento in tribunale. Insomma, gli uomini-carnefici cercano sempre un escamotage per non pagare i delitti commessi: occorre arrivare a sentenza definitiva per accedere a questi fondi. E' una vera assurdità, se pensi che il reato è acclarato da subito. Perché quindi non aiutare fin da subito le donne con sussidi? Noi siamo una piccola associazione, non abbiamo la potenza di fuoco di altre associazioni più blasonate con il vip di turno che fa da testimonial; se avessi le risorse, farei di più per queste donne. Molto, molto di più. Mi sento di aggiungere che noi lavoriamo sempre in modo pulito e trasparente, mentre alcune associazioni, paventando il diritto alla privacy, si muovono in maniera poco cristallina...

Come è organizzata l'associazione Consorzio Umanitas?

Qui lavoriamo a titolo gratuito. Anche i miei collaboratori sono tutti volontari. Diciamo che da una parte è molto complicato, perché portare avanti progetti importanti senza fondi finanziari è una impresa ardua; è un grande limite. Per farti un esempio: al momento non abbiamo chi ci segue i social, siamo autodidatti e auto-organizzati. Fortunatamente alcune aziende si stanno interessando a noi, vorrebbero entrare nel sistema, vedremo. Amo questo progetto, ma è molto, molto faticoso. Regala cose bellissime e preziose, anche se mi tiene impegnata quasi 20 ore al giorno.


 

Parliamo del Camomilla award, premio assegnato a personalità che si sono distinte per il loro impegno nel sociale; mi incuriosisce la scelta del nome: il fiore di camomilla evoca qualcosa di delicato, che regala serenità...sbaglio?

Faccio un passo indietro: ho partecipato a un cortometraggio per l'ospedale Gemelli che si chiamava "Segni", racconto di testimonianze di donne colpite dal cancro; si parlava di segni e cicatrici che la malattia lascia nel corpo e nell'anima della donna. Ed è proprio lì che è nata l'idea di mettere insieme quei segni e quelle cicatrici che anche le vittime di violenza portavano sul proprio corpo. La regista del corto mi spiegò che il fiore di camomilla aveva importanti virtù terapeutiche. Pensa che in fitoterapia viene trapiantata nelle piante malate perché le aiuta a guarire. E' un fiore APPARENTEMENTE TENERO, ma in realtà è molto forte; è addirittura un antibiotico naturale! Appena ho saputo il significato di questo fiore ho deciso di istituire il Camomilla Award; nato inizialmente come "Premio Camomilla", ho deciso in seguito di dargli una titolazione internazionale, in virtù del fatto che il problema che affrontiamo è globale. Il nostro approccio è infatti internazionale, e con la premiazione di Leyla Hussein - attivista mondiale contro le mutilazioni genitali - lo abbiamo dimostrato.

Altro tema importante della nostra epoca è il concetto di fratellanza, ossia fare rete, mettersi a disposizione degli altri per una condivisione feconda e produttiva. E qui mi viene in mente una frase di Papa Francesco: "Nessuno si salva da solo, siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia". Cosa ne pensa?

La rete è fondamentale, ma devo ammettere che nella mia vita, molto spesso, i muri me li hanno alzati le donne: ho visto con i miei occhi poca voglia di condivisione e fratellanza dentro l'universo femminile.

Insomma, è vero che, per citare un famoso film degli anni 50, "Eva contro Eva" - diretto da Mankiewicz - la solidarietà femminile non esiste, anzi, al contrario, la competizione e la lotta per il potere continuano a emergere in tutti i settori, dal lavoro alla vita privata?

Se vogliamo esprimere un giudizio positivo ti dico che sì, esiste. Se vogliamo altresì tracciare una criticità, è evidente che il problema della scarsa "sorellanza" tra donne continua a essere presente. Il problema risiede nella mentalità delle donne. E se questa mentalità non cambia, beh, non si faranno progressi. Ci sono donne che hanno comportamenti feroci nei confronti delle altre donne: questo approccio poi lo insegnano di conseguenza anche ai loro figli. Che succede quindi? I figli diventeranno dei violenti, poco rispettosi del mondo femminile. Ho premiato molte associazioni in questi anni, e posso dirti che il mio mondo è di totale apertura verso quello che fanno gli altri. Mi è capitato però di collaborare con associazioni molto famose, di volere aprire un dialogo con loro...ma tutto cio' che ho ricevuto è stato un muro di silenzio. Ti confesso che questa per me è una grande ferita, perché credo fermamente nella rete di solidarietà tra donne. Fortunatamente, ogni tanto, intercetto donne che la pensano come me, aperte e disponibili alla cooperazione.

 Ha descritto bene la complessità del mondo e delle esperienze umane. Viviamo in una sorta di "Comédie Humaine", in cui coesistono, in maniera duale, elementi contrastanti: donne contro donne, donne che supportano le altre donne. Lei ha imparato a destreggiarsi bene tra soddisfazioni e frustrazioni, trovando un sano equilibrio tra queste due polarità...

Assolutamente, io traggo la mia forza da ciò. Sono abituata ad andare controcorrente nella mia vita, contro tutto e contro tutti. Altrimenti questo progetto non sarebbe nemmeno nato! Lo dico spesso, è stato come scalare una montagna a mani nude. Però, come ho combattuto in maniera energica contro il mio cancro, altrettanto vigorosamente ho sposato questa causa, che è stata quasi salvifica per me: non ho solo aiutato gli  altri, ho aiutato anche me stessa: se mi fossi avvitata nel mio dolore, la depressione mi avrebbe sicuramente fagocitato completamente. Mi sono salvata perché mi sono concentrata su ciò che si può fare per gli altri; sono felice quando riesco a regalare un sorriso a donne sofferenti, tutto questo mi ripaga della stanchezza e degli sforzi per fare funzionare le cose.

 Ultima domanda: su quali attività si concentrerà l'associazione nei prossimi mesi?

Porteremo in Giro per tutta l'Italia la mostra Women for Women - against Violence, e sicuramente andremo anche all'estero. La mostra è nata per essere itinerante, per raggiungere e sensibilizzare un vasto pubblico; vorrei inoltre aumentare la community del programma televisivo omonimo in onda su Rai1, ideato da me: trovo le storie, le coperture economiche e scrivo le puntate insieme alle donne protagoniste, per fare sentire anche la loro voce, il loro dolore e la loro forza di rinascere.

(Donatella Gimigliano e Leyla Hussein)


(Valentina e Francesca Pitzalis - foto di Tiziana Luxardo)

https://www.womenforwomen.it




lunedì 7 aprile 2025

Giubileo 2025. Equiraduno dell'Anno Santo: verso San Pietro, sulle tracce degli antichi pellegrini

 "Tra vent'anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna". Mark Twain

La vera essenza del viaggio è compendiata in questa citazione del grande scrittore americano: esplorare, andare lontano, uscire dalla propria zona di comfort, allargare gli orizzonti.

C'e' nell'uomo una vitale e atavica necessità di muoversi, di rinunciare al quotidiano per vivere lo straordinario: il viaggio diventa ESPERIENZA, non è più solo mera vacanza da godere superficialmente, senza visioni laterali, profonde, quasi metafisiche.

E partendo proprio dal concetto di Experience, di confronto con il nostro io più intimo, eccomi a parlarvi di una straordinaria realtà italiana che racchiude l'idea del viaggio nella sua accezione più significativa e spirituale: Horse Green Experience - Giubileo 2025 Equiraduno dell'Anno Santo.

Il cavallo al centro del turismo del futuro. Un turismo più consapevole, maturo, empatico, insomma, 4.0. L'Equiraduno è un pellegrinaggio a cavallo attraverso le antiche vie che portavano i fedeli di tutta Europa a Roma; oggi - Anno Domini 2025 - amazzoni e cavalieri percorreranno la Via Francigena, la Romea Strata e la Romea Germanica per giungere alla meta finale, ossia Piazza San Pietro, culla della cristianità, per partecipare - il prossimo 14 maggio - all'udienza con il Santo Padre.

Uomo e cavallo: un binomio unico, un rapporto simbiotico nato nella notte dei tempi. Questo maestoso animale ha accompagnato l'umanità nella nostra storia evolutiva, attraversando i secoli e rimanendo un fedele alleato del cavaliere, con il quale ha sviluppato affinità elettive speciali.

Tanti i temi sul piatto: turismo sostenibile, necessità di fare rete tra imprese, esigenza di formare le nuove generazioni ai lavori del futuro e - soprattutto - l'importanza di approcciarsi all'animale in maniera corretta, empatica e sensibile. Non dimentichiamoci che il cavallo è il perno attorno a cui ruota tutto il circuito; il suo benessere è quindi cruciale per la riuscita del viaggio e dell'esperienza in mezzo alla natura.

Ne ho parlato con Maurizio Rosellini, founder e presidente di Final Furlong, rete di imprese il cui core business è ispirato a una visione moderna, cosmopolita e ambiziosa di valorizzazione del territorio. 


 

 


 Salve Maurizio, vorrei iniziare subito parlando del progetto Horse Green Experience 2025 - Equiraduno dell'Anno Santo, un pellegrinaggio a cavallo tra spiritualità e turismo sostenibile: come si delinea il percorso?

Il percorso parte da più città italiane che abbiamo selezionato in base al loro ruolo nell'ambito dei pellegrinaggi storici. Trattandosi di un evento di massima importanza come il GIUBILEO, abbiamo cercato di collegare questa nostra iniziativa ai cammini che portavano i fedeli a Roma. Il viaggio segue tre direttrici che convergono tutte a Roma: la Via Francigena, che parte da Canterbury, attraversa il Regno Unito, Francia e Svizzera; la Romea Strata, che parte dall'Estonia e, attraverso l'Europa Orientale, passa da Padova e Verona e la Romea Germanica, che attraversa Germania e Austria passando per Bolzano e Trentino Alto Adige. Si aggiunge inoltre la Via Francigena Sud, che collega Matera, San Giovanni Rotondo e Pietrelcina. L'arteria nord farà un congiungimento a Pisa, hub molto importante in questo viaggio; le Scritture narrano infatti che San Pietro sbarcò in Italia, presso la foce dell'Arno e lì fondò la sua prima basilica.


 

Diciamo subito che non è un viaggio alla portata di tutti: cavalieri e amazzoni sono persone esperte, giusto?

Esattamente, non si tratta di un viaggio in vendita; sono persone con esperienza che realizzeranno questo cammino in tutta sicurezza, rispettando i tempi dell'animale. In seguito noi andremo a raccontare il viaggio tappa per tappa, sensibilizzando i comuni e promuovendo nuove opportunità di sviluppo del turismo a cavallo.

 Il focus del progetto verte attorno al concetto di "mobilità lenta e sostenibile". Quanto è importante e - soprattutto - come si puo' valorizzare questo modo di fare turismo in una società come la nostra, che predilige viaggi mordi e fuggi?

Parliamo di turismo con il cavallo, quindi la prima puntualizzazione riguarda questo aspetto: portare consapevolezza nelle pubbliche amministrazioni e nei privati che operano sia nella filiera turistica che in quella dei cavalli. L'obiettivo è fare squadra attraverso la realizzazione di una proposta rivolta a tutte le fasce di età, dalle famiglie ai giovani; al centro di questa proposta sta il cavallo che non deve essere montato; anzi, l'animale è lo strumento che permette di connettersi con la natura in modo sostenibile, senza fretta, in maniera profonda e a tutto campo. Una volta il turismo equestre era rivolto solamente agli appassionati che montavano a cavallo. Oggi - al contrario - portiamo alla luce dinamiche innovative che valorizzano in modo particolare la relazione con l'animale, al centro del turismo sostenibile da noi caldeggiato.

Uomini e cavalli: un legame che dura da secoli. Il cavallo è un compagno fedele che ha accompagnato l'umanità in molte circostanze di vita, dalla guerra al lavoro nei campi, passando per il tiro delle carrozze. Le chiedo quindi, qual è l'atteggiamento giusto da tenere per sviluppare empatia e senso di vicinanza con l'animale?

Partiamo con il dire che se ci sono stati traumi pregressi nell'approccio con l'animale, all'inizio difficilmente ci sarà la volontà di ripercorrere e superare lo shock. Un grande aiuto puo' venire dalla possibilità di vedere il cavallo nel suo ambiente, capire come si muove, con serenità. Serenità che deve avere l'animale in primis, ça va sans dire. Noi formiamo operatori turistici che studiano il cavallo dal punto di vista biologico e imparano a conoscere bene le sue esigenze; se vogliamo sviluppare un turismo con il cavallo occorre comprendere che l'animale ha una sensibilità che va sempre rispettata. Come primo approccio consiglio di fare visite a fattorie didattiche o frequentare un circolo ippico; senza dubbio possono aiutare a colmare quel senso di paura che puo' suscitare un animale cosi maestoso e imponente.



 Horse Green Experience propone anche percorsi didattici e corsi di formazione. Vuole parlarcene?

Per quanto riguarda la didattica stiamo lavorando su due livelli: il primo riguarda una collaborazione con istituti agrari e scuole superiori a indirizzo turistico, con la realizzazione di un percorso formativo di 50 ore dedicato alla conoscenza dell'animale, la sua gestione in scuderia, il modo in cui relazionarsi con esso, senza portare lo studente a montare il cavallo. Esiste poi il  percorso in Horse Travel Manager - figura importantissima nei circoli turistici e ippici - realizzato all'interno di realtà come Camere di Commercio e Imprese; lo scopo è quello di creare un prodotto turistico per il cavallo ma soprattutto formare le risorse umane che in futuro potranno operare in un settore economico in forte espansione.

Quindi sarà possibile creare nuovi posti di lavoro...

Assolutamente sì! Il mercato ci dice che nei prossimi dieci anni la richiesta di proposte di turismo vicine al cavallo raddoppierà. L'italia può in questo caso giocare un ruolo importantissimo, visto che è possibile fare equitazione 360 giorni l'anno - cosa impossibile, per esempio, nel Nord Europa e in altre parti del mondo. Aggiungo anche che le indagini indicano che nel 2040 il 70% del turismo mondiale si concentrerà nel bacino del Mediterraneo: risulta evidente che questi due fattori fanno del nostro paese uno dei più importanti a livello turistico. A tal proposito, è però di primaria importanza  diversificare l'offerta, ossia spostare un po' di turisti dalle sovraffollatissime città d'arte come Firenze, Roma e Venezia all'entroterra, ugualmente ricco di proposte interessanti - penso alla gastronomia, unica al mondo - e alle bellezze naturali. Il cavallo diventa così vettore di questo  viaggio verso l'interno, per assaporare a tutto tondo il territorio nazionale.



E a questo proposito risulta fondamentale il dialogo tra imprese, istituzioni e politica..

Esatto. Il progetto del Giubileo ci porta a dialogare con tantissime amministrazioni pubbliche per rafforzare in loro la consapevolezza delle POTENZIALITA' di cui dispongono in tema di turismo con il cavallo. Non esiste ancora una completa formazione: certo, esistono le infrastrutture, chilometri di ippovie, ma scarsamente utiliizzate. Perché succede questo? Perché non è stato fatto un lavoro di formazione sugli imprenditori e non si è generata una proposta turistica da poter mettere sul mercato. Il nostro compito è quindi quello di proporre alle imprese corsi di formazione e produzione di un prodotto turistico ad hoc, creando così un volano di fruizione del territorio attraverso le ippovie. 


 

Puo' indicarci qualche data-evento dell'Equiraduno dell'Anno Santo 2025? 

Voglio innanzitutto ricordare l'evento del 14 maggio: appuntamento in Piazza San Pietro con il Santo Padre. Lungo il percorso ci sono altri appuntamenti, continuamente aggiornati sul sito www.giubileoacavallo.it 

 

Ringrazio il Dott. Rosellini, imprenditore illuminato e lungimirante, per il tempo che mi ha dedicato. Promotore di un nuovo Rinascimento Italiano, è la persona giusta per traghettare il nostro paese di nuovo ai vertici dell'Europa. Ha competenza, visione, expertise ed empatia. Attendiamoci grandi cose.

 

lunedì 17 febbraio 2025

Tra visioni e intuizioni: intervista con Attilio Berni, direttore del Museo del Saxofono di Fiumicino

Una vita completamente dedicata alla Musica. Il soverchio potere del Suono che esercita una fascinazione fortissima, tanto da permeare l'intero mondo di Attilio Berni. Attilio è un concentrato di passione mentre parla di sassofoni, di viaggi in giro per i quattro angoli del globo alla ricerca degli strumenti più rari e particolari, di un mondo ricco di immaginazione e creatività. Quel gioco della fantasia che sta proprio alla base di ogni emozione artistica. Perché - citando Platone - la musica fa bene al cuore e all'anima. E continuando a filosofeggiare, mi viene in mente il concetto platonico di daimon, la predisposizione animica che alberga in noi da sempre, anzi, da prima di sempre: allora eccola qui la voce interiore di Attilio, compagna di viaggio della sua straordinaria vocazione di musicista, artista, docente, collezionista e direttore del Museo del Saxofono di Fiumicino.

Berni è la dimostrazione che si può essere - e amare - tante cose; parlare con lui significa apprendere il vero significato di devozione allo studio e alla conoscenza: è una miniera di storie e aneddoti, tutti incredibili, oserei dire quasi "magici".

Aneddoti che sicuramente sarà lieto di raccontare qundo visiterete il Museo del Saxofono di Fiumicino, luogo che raccoglie la più grande collezione al mondo di questo raffinato strumento, simbolo del jazz e dell'evoluzione musicale del ventesimo secolo. Un museo vivo, che crea, agisce e interagisce, liberando energie vivificanti e stimolanti.

Buona lettura!

 


 


 

Artista, musicista, docente, direttore di museo: mille sfaccettature di un'unica persona. Le chiedo quindi: chi è Attilio Berni?

Appartengo al segno dei gemelli, dunque mi piace affrontare le cose che mi appassionano da diverse angolazioni; in primis, le dico che la passione per la musica nasce parecchi anni fa, supportata dalla mia famiglia. Sì, la musica ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella mia vita: ho studiato al Conservatorio e mi sono diplomato in clarinetto. La fascinazione per il sassofono è arrivata dopo, durante il mio viaggio di nozze. Ed è proprio questo l'incipit di una storia d'amore che dura da parecchi decenni, che mi ha portato a essere musicista, docente, ma anche collezionista. Tutto è nato una sera in un locale di New York: avevo notato questo stranissimo strumento e mi colpì così tanto che continuai a parlarne con mia moglie anche durante il viaggio in taxi verso l'albergo. Ad un certo punto il tassista dice di averne uno molto particolare nel bagagliaio e ce lo mostra una volta arrivati a destinazione; si trattava di un esemplare costruito in Francia nel 1941. Subito una domanda mi sorse spontanea: come era arrivato negli States un manufatto francese nel bel mezzo di un conflitto mondiale? Insomma, per farla breve, io e mia moglie cambiammo tutti i nostri programmi e iniziammo la ricerca di altri strumenti: tornai dall'America con il mio primo container contenente oltre 250 sassofoni. Ecco l'inizio della mia collezione personale! Quella che era partita come una mera attività commerciale di compravendita strumenti si è trasformata in una passione viscerale, che trascende il business e mi ha portato a possedere pezzi unici e prestigiosi.

Per quale motivo ha scelto proprio il sassofono?

E' una storia molto personale, ma la racconto volentieri: è stata mia mamma la fautrice di questa passione per il sassofono. Ho studiato e mi sono laureato in clarinetto, ma mia mamma - di nascosto - mi acquistò un sassofono, pagandolo a rate. A mio avviso, il sassofono non ha eguali: "il tubo misterioso" ha subito - più di ogni altro strumento - trasformazioni e mutazioni che lo hanno portato, a cavallo degli anni 20, in America, a essere un'icona di quella mentalità estremamente votata all'individualismo. Vede, il sassofono si connatura completamente con chi lo suona; ogni musicista infatti, pur utilizzando il medesimo strumento, emette una sonorità diversa. Ecco perché le aziende hanno cominciato a creare sassofoni dalle forme diverse e inusitate, proprio per permettere una maggiore personalizzazione. Per me rappresenta un amplificatore delle voci, delle sensazioni e delle emozioni che ci portiamo dentro.

In un'intervista lei ha detto:"Il sassofono non si imbraccia, si abbraccia". E' un'affermazione che mi ha molto colpita...

E' esattamente così, il sassofono si ABBRACCIA, come si abbraccia la propria donna, il proprio figlio... Si può assolutamente parlare di rapporto empatico tra musicista e strumento, rapporto che non sempre si verifica con altri strumenti. Inoltre, mi piace definirlo "strumento endoscopico": entra direttamente nel nostro corpo, creando così una relazione simbiotica.

Le faccio una domanda puramente "tecnica": come si diventa collezionista? Io non sono collezionista, diciamo che tendo maggiormente ad accumulare, ma credo che dietro una collezione ci sia un lavoro di ricerca più rigoroso e strutturato, sbaglio?

Innanzitutto mi preme dire che ho cominciato a collezionare quando ancora non esisteva internet: la ricerca era veramente faticosa ma, al contempo, regalava parecchie soddisfazioni. Collezionare è diverso dall'atto di accumulare. Accumulare rappresenta quasi l'ostentazione; al contrario, collezionare è qualcosa di più profondo, ossia ricercare nel tempo, capire qual era il pensiero del costruttore nel forgiare lo strumento con le sue peculiarità. Possiedo un clarinetto di Benny Goodman, un sassofono di Tex Beneke - primo sax tenore nell'orchestra di Glenn Miller - di cui si ricordano i mitici assoli in brani come In the Mood e mi sono altresì imbattuto in esemplari eccezionali e rarissimi fabbricati in Italia. Ecco, direi che nel museo che dirigo c'è una dimensione di approccio "maniacale", non si trovano solo centinaia e centinaia di strumenti, ma anche tutto cio' che ne è collaterale, insomma, tutto lo scibile sassofonistico.

 C'è un pezzo della sua collezione al quale si sente particolarmente legato?

Voglio fare una premessa: in principio i miei contatti provenivano in larga misura dalle scuole americane, e grazie ai presidi di questi college sono venuto in possesso di molti sassofoni. Altra fonte rigogliosa sono stati i divorzi. Si, ha capito bene: negli States, grazie agli accordi prenuptial, tutto viene già diviso in caso di separazione dei coniugi; in questo modo si evitano parecchie controversie tra le parti e l'iter procede speditamente. Oggetti e altre merci vengono quindi stipati dentro dei magazzini, all'interno dei quali si possono comprare molti strumenti a poco prezzo. Per quanto riguarda i pezzi più rari, quelli arrivano attraverso scambi con altri collezionisti e aste; insomma, ci sono parecchi modi per ampliare le collezioni. Per rispondere alla sua domanda, il mio sassofono personale, al quale sono legatissimo, l'ho acquistato per 115 sterline a Portobello, Londra. Dietro però c'è una storia piuttosto singolare: mentre lo riparavo, notai dei segni all'interno. In sostanza sotto il tampone che chiudeva il foro c'era una iscrizione che diceva: "Mary, only for you i play this sax everyday, only for you". Perché inserirla all'interno? Di solito le incisioni si mettono sul frontespizio della campana... Come puo' ben immaginare, c'era qualcosa di misterioso e intrigante che dovevo assolutamente scoprire! Dopo varie ricerche inviai le foto al museo di Elkhart, che mi rispose con una proposta di acquisto - ovviamente rimandata al mittente. Volevo conoscere la vera storia dietro quel sassofono, in questo caso simbolo di Amore. Sì, perché lo strumento apparteneva al loro capo incisore, perdutamente innamorato della sua segretaria - al tempo già coniugata. Ma si sa, a volte il destino fa dei twist assurdi: la ragazza rimase vedova e i due innamorati riuscirono così a coronare il loro sogno romantico. Il museo possiede un altro esemplare con inciso il viso della donna sul frontespizio, così, in occasione di una mostra, mandai il mio sax in America, per una sorta di "ricongiungimento" musical-amoroso. Probabilmente, in questo 2025 - anno del suo centenario - organizzeremo noi a Maccarese una esposizione di entrambi gli strumenti, intitolando la mostra "Amore e Sassofono".

La Musica unisce e fa innamorare, che storia meravigliosa. Però ora devo chiederle: c'è invece uno strumento che non è ancora riuscito a ottenere?

Pensi che al Museo c'era un supporto per sassofono rimasto vuoto, con la scritta "In attesa, aspettando il prossimo". Alla fine il pezzo è arrivato, occupando fieramente quel supporto. Anche qui però devo raccontare la singolarissima storia dietro "l'acquisizione" di questo strumento. Ero alla ricerca di un Rothfono risalente ai primi anni del '900, fabbricato dalla ditta Bottali, la cui particolarità era quella di avere una imboccatura a doppia ancia; ne avevo già quattro, ma da ben 10 anni ero alla disperata ricerca del Rothfono basso. L'estate scorsa una mia vicina di casa mi contatto' per riparare un suo vecchio sax; io, tra una cosa e l'altra, non ci pensai e mi dimenticai di questa "richiesta". Bene, un giorno mia figlia torno' a casa con lo strumento della vicina: era esattamente quello che cercavo! E si trovava a 300 metri da casa! Molto gentilmente la signora decise di donarlo al MUSEO, permettendomi così di completare la collezione

 Arriviamo finalmente al "Museo del Saxofono di Fiumicino, il primo e unico al mondo dedicato a questo strumento: vuole parlarci un po' di questa straordinaria offerta culturale che non ha eguali al mondo?

Siamo un museo riconosciuto dalla Regione Lazio; il museo custodisce oltre 600 strumenti musicali - la collezione più grande al mondo; 800 fotografie d'epoca e migliaia di accessori e documenti: insomma, un posto pregno di storia

 



 

Mi ha molto colpita una particolarità di questo museo, che lo rende diverso dagli altri; non è un luogo statico, bensì accoglie e promuove la condivisione. Che parola soave è"condivisione"... rappresenta esattamente cio' che la Musica incarna: la voglia di stare insieme, l'ecumenismo dei suoni...

Esattamente, il museo è un luogo VIVO: non è nato solo per soddisfare le richieste di  esperti e appassionati ma si apre completamente al territorio organizzando molti concerti. Vede, ho proprio il desiderio di CONDIVIDERE questo PATRIMONIO con la comunità; in questo modo il pubblico non solo apprezza le storie e il background di ogni sassofono,  puo' persino ascoltare gli strumenti mentre sono "in azione".

Pensi che lo scorso novembre diverse delegazioni provenienti dall'Australia, Taiwan, Canada, Cina e Thailandia hanno visitato il museo perché volevano capirne l'organizzazione...Posso già darle una news interessante: si sta discutendo di aprire una seconda sede a Bangkok!

Quindi il target di visitatori del Museo del Saxophono è decisamente eterogeneo...

Proprio così!Abbiamo implementato il nostro museo con degli schermi multimediali che consentono ai ragazzi di ascoltare storie, colorare gli strumenti e imparare a distinguere i vari timbri del sax; inoltre, qualche mese fa, abbiamo ideato uno spettacolo dal titolo "Pierino e il Sax": la trasposizione della famosa fiaba "Pierino e il lupo" suonata con un ensemble di sassofoni.

Lei è anche docente, insegna ai ragazzi ed è a contatto con loro quotidianamente. Le chiedo: come vede la nuova generazione di musicisti?

Guardi, i giovani ti sorprendono sempre; non esiste una disciplina bella o brutta: esiste solo un docente che riesce a fartela amare! Il nostro compito consiste nel saper guidare lo studente e indicargli la strada, ben consapevole che non tutti però riusciranno a diventare artisti. Per quanto riguarda il campo musicale, l'Italia sta vivendo un momento d'oro dal punto di vista della produzione e ricerca; pensi che fino a 30 anni fa non esistevano percorsi di studio di sassofono al Conservatorio: ora ci sono tante classi e molta competenza. Quello che manca - purtroppo - è il lavoro per i giovani: nel nostro paese si ha la convinzione che la musica sia solo intrattenimento.Si studia musica solo alle scuole medie, mentre negli Stati Uniti esistono orchestre, cori, bande che vanno dalle elementari all'università.

Ultima domanda: quali novità e progetti per questo 2025?

In primo luogo vorremmo organizzare un numero maggiore di concerti, pubblicare il lavoro dedicato ai sassofoni di fabbricazione italiana e la seconda edizione del nostro catalogo - utilizzato come libro di testo in tutti i Conservatori francesi. Inoltre ci aspetta un viaggio in Cina: siamo stati invitati al Congresso Mondiale del Sassofono, in programma a fine luglio a Harbin. Concludo con un auspicio: ci piacerebbe essere in qualche modo "istituzionalizzati" dall'amministrazione della nostra città, in modo da ottenere fondi per sopperire alle ingenti spese che sosteniamo annualmente come associazione privata.

La ringrazio per il tempo che mi ha dedicato, a presto e in bocca al lupo per i vostri progetti!

 


 MUSEO DEL SAXOFONO

 Via dei Molini, snc (angolo via Reggiani)

Maccarese - Fiumicino (RM)

www.museodelsaxofono.com 

 

 

venerdì 29 novembre 2024

IOSONOVULNERABILE: Sergio Mario Illuminato e la bellezza della fragilità umana

 Ci hanno insegnato a essere forti, coriacei, combattivi. O almeno, la società ci vuole così, per sopravvivere nella giungla urbana chiamata vita. "Ubi maior minor cessat", dicevano i latini: fuori i deboli, i pusillanimi, non c'è spazio per loro.

E poi arriva Sergio Mario Illuminato e spariglia le carte con il suo progetto transdisciplinare IOSONOVULNERABILE, che esalta la fragilità umana come generatrice di forza e bellezza. Che carezze per l'anima le parole dell'artista catanese Illuminato, così profonde da penetrare la verità più profonda che si cela nella realtà ontologica. 

Essere vulnerabili significa essere veri, senza filtri e sovrastrutture. Riusciremo mai a essere liberi - ma di quella libertà interiore di cui parlava il maestro Gurdjieff - di essere fragili e allo stesso tempo resistere ai terremoti esistenziali che accadono dentro e fuori di noi?

L'Arte puo' dare delle risposte. Basta aprire il cuore e rimanere in ascolto. 

Il progetto IOSONOVULNERABILE sarà a Roma dal 7 dicembre 2024 all'11 febbraio 2025 a Villa Altieri, Palazzo della Cultura e della Memoria Storica: in mostra dispositivi artistici che fondono cinema, fotografia, scultura e pittura, in un dialogo fecondo e creativo.

 Ho avuto il piacere di parlare con Sergio, artista, filosofo, oratore eccezionale. Le sue parole aprono mondi e insegnano il valore dell'Arte e della Vita, in un intreccio indissolubile e  affascinante.

 Buona lettura!

 


 

Vorrei partire parlando del progetto IOSONOVULNERABILE. Come è nato e come lo hai sviluppato? 

Il progetto nasce innanzitutto da un libro, una mia ricerca artistica che si intitola Corpus et Vulnus; le cose partono sempre da noi stessi, da certe passioni e da certi nodi che abbiamo l'esigenza di sciogliere. In fondo l'arte parla di noi ma anche di tratti personali che non conosciamo, ed è bello l'atto di mediazione svolto dall'arte tra noi e gli altri e - soprattutto - tra noi e l'altra parte di noi.

In me c'era questa volontà di indagare come il corpo si incrociava con la vulnerabilità, appurando  così che l'umanità  si basa sulla stessa, aspetto cogente nel destino dell'uomo. Allo stesso tempo mi sono accorto, strada facendo, che la fragilità non è un problema biologico, bensì intellettuale; dovevo quindi trovare una chiave per interpretarlo nella maniera più consona. Lo studio della vulnerabilità mi è nato mettendo i pigmenti sulla tela, seguendo le teorie di due dei maggiori maestri dell'arte contemporanea, Kiefer e Parmiggiani, e capire il movimento dei corpi per permettere di elevarci a una dimensione  spirituale. La scintilla però mi è scattata davanti al ex carcere pontificio di Velletri, un carcere dell'800 in funzione fino a una trentina di anni fa, rimasto da allora in una sorta di "cristallizzazione" perpetua: entrando scopri le celle con le scritte dei detenuti sui muri, le brande, la cappella...la sensazione è stata veramente forte e destabilizzante. E proprio in quel luogo ho capito che Corpo e Vulnerabilità non erano entità meramente concettuali; al contrario possedevano una dimensione reale. Decido quindi di fare una residenza d'artista della durata di sei mesi coinvolgendo personalità del teatro, cinema, danza, con lo scopo di provare sulla nostra pelle il disagio di stare in un posto che porta con sé tutta quella sofferenza. In sei mesi abbiamo prodotto una serie disparata di dispositivi artistici - tra sculture, pitture e un cortometraggio - che traducono in estetica questa riflessione su Corpo e Vulnerabilità. Quello che vorrei enfatizzare è proprio l'importanza del contatto fisico, atto che permette acquisizione di esperienza e capacità di emozionarci, di spingerci verso l'altro; "emozionarsi"inteso come e-motion, spostarsi verso l'altro. Per concludere, alla fine della residenza d'artista ci siamo sentiti completamente trasformati; abbiamo vissuto situazioni talmente forti che ci hanno dato nuove consapevolezze e piena volontà di metterci in discussione. Il feedback da parte delle persone è stato pazzesco: abbiamo fatto fatica a smaltire le file! Ma è stato il contatto umano il fattore più importante; non si trattava di visitare distrattamente una mostra e fare selfie, la gente ha vissuto una vera e propria Esperienza, un rapporto bidirezionale intenso tra artista e fruitore.


Lo scorso  ottobre hai presentato IOSONOVULNERABILE a Parigi, presso l'Istituto italiano di cultura. Come è stata l'accoglienza nella Ville Lumière?

E' stata una esperienza molto bella perché il pubblico era un misto di italiani e francesi; e per noi rappresentava una prova per capire se quello che stavamo facendo fosse adatto a una singola cultura - quella italiana - oppure avesse anche delle sfaccettature internazionali. Sai, agli inizi di questo progetto, quando parlavo con alcuni colleghi mi sono spesso sentito dire:"Ma no, nessuno ti vorrà ascoltare, queste cose sono troppo impegnative, la gente preferisce temi più leggeri, più positivi..."; invece noi abbiamo lavorato controcorrente, ossia portando alla luce ciò che era sommerso. E ti dirò, il fatto più sorprendente è stato scoprire che, al contrario, la gente ha bisogno di parlare di queste cose, incarnazioni di Forza, non debolezza: la Vulnerabilità - quando è consapevole - è una Forza dell'essere umano, gli ha permesso di sopravvivere, di evolversi e arrivare fino a qui.

 


 

Ecco, vorrei approfondire il concetto di Vulnerabilità. Mostrarsi vulnerabili è un bellissimo atto di coraggio, perché si permette al sé più autentico di uscire allo scoperto, di dare voce al proprio corpo esserico - per dirla con Gurdjieff; nello stesso tempo, però, si è più esposti agli attacchi e alle prepotenze del più "forte". Come trovare quindi il giusto equilibrio tra queste dimensioni?

La natura - come al solito - ha le risposte migliori. Permettimi di rispondere a questa domanda utilizzando una metafora. Parliamo dei crostacei. Essi nascono senza corazza, sono nudi, quindi assolutamente vulnerabili.Rimangono al sicuro sino a quando sono abbastanza forti da uscire, con la loro bella corazza di protezione. In realtà questa corazza, ad un certo punto - mentre il corpo continua a crescere - rimane uguale, facendo così correre all'animale il rischio di morire all'interno di quel guscio che lo sta proteggendo. E invece che succede? Ciclicamente i crostacei si liberano della loro corazza, avendo in questo modo il tempo per farsene una nuova; insomma, nella vita la vulnerabilità puo' essere trattata semplicemente acquisendo consapevolezza delle nostre fragilità e sapendo che potremmo essere attaccati dall'esterno. Uno sguardo attento sulle nostre debolezze ci permette altresì di corazzarci, di creare una ulteriore protezione - senza dimenticare che la vera forza si trova nel sapere trasformarci continuamente; il segreto quindi sta nello smontare la gabbia di conoscenze che abbiamo creato e arrivare infine a delle nuove conoscenze.

Hai reso benissimo il concetto, utlizzando anche una metafora semplice ed efficace. Penso però che questo sia un processo molto complicato da realizzare a livello pratico - ovviamente dobbiamo provarci lo stesso e non arrenderci alle prime difficoltà... ma rimane comunque un percorso in salita...

Hai ragione, è molto complicato, ma c'è un trucco per riuscirci: essere genuini. Essere veri. Se non hai con te stesso e con gli altri un rapporto basato sulla genuinità, beh, nascondersi o mostrarsi ambigui non porta lontano. E' decisamente più importante essere sicuri che anche nelle proprie debolezze si è forti.

 

A tuo avviso, qual è il ruolo dell'artista contemporaneo nella società di oggi?

Premetto che per me il concetto di Artista è ancora quello in auge dal '500 in poi, ossia "l'artigiano" che fa la propria opera senza delegare ad altri l'esecuzione della stessa. L'artista contemporaneo deve essere DENTRO le cose, deve VIVERE le cose in prima persona, senza trasformare la realtà attorno a sé in un luna park.Basicamente deve riuscire con i suoi dispositivi artistici a farsi mediatore culturale, mettersi tra sé e lo spettatore con lo scopo di mostrare che la realtà che viviamo è parziale; tocca all'arte fornire una "finestra più ampia" su quello che ci circonda. E' un problema di umanità; è come se l'avessimo persa per strada. Non ci emozioniamo più, non abbiamo più passioni vere...

E allora, visto che non sappiamo più emozionarci davanti al bello, non posso non chiederti: qual è lo stato dell'Arte e della Cultura nel nostro paese?

Innanzitutto ti rispondo con un dato di fatto: le istituzioni parlano pochissimo di arte contemporanea. Capisci bene che se i principali elementi del sistema non danno la giusta attenzione all'arte, nessun artista avrà il supporto che merita per emergere. A differenza degli Stati Uniti, Cina e Regno Unito - luoghi in cui c'è un forte appoggio alle discipline artistiche, qui si valorizza solamente l'arte classica. Però la gente che visita il Colosseo o una mostra non esce cambiata, arricchita da questa esperienza: fa la fila, vede quadri e stop, finisce lì. L'arte contemporanea invece ha la magia di farti riflettere sul presente, aspetto importante, da non sottovalutare. Direi quindi che la situazione attuale non mi appare rosea. Prendi la comunicazione. Il suo ruolo è fondamentale per sviluppare una consapevolezza culturale nuova, inserire parole vere e sentite nel circuito dell'arte, far sentire lo spettatore coinvolto in un viaggio immersivo e profondo: questa è la strategia giusta per valorizzare la cultura in Italia.

Utilizzi linguaggi transdisciplinari (cinema, fotografia, scultura - solo per citarne alcuni) che permettono un dialogo fecondo tra le arti a 360 gradi: secondo te, quanto è importante questo sincretismo artistico e la sperimentazione di nuovi formati creativi?

E' assolutamente imprescindibile. Al giorno d'oggi la semplice mostra non basta più; quello che ti permette di arrivare veramente alla gente è la conoscenza profonda di più linguaggi espressivi. La transdisciplinarità cambia completamente l'approccio con l'arte: le varie discipline devono comunicare tra loro, arricchendosi di stimoli, input e suggestioni... solo così si possono ottenere risultati creativi e soprattutto incisivi per il fruitore.

Lavori con i giovani: come vedi le nuove generazioni? E soprattutto, che consigli vorresti dare a un artista che si affaccia ora al mondo dell'arte?

Innanzitutto il consiglio lo vorrei dare agli artisti adulti: imparate dai ragazzi, prendete ispirazione da loro; senza scambi non si crea nulla di positivo. Ai giovani dico sempre che questo è un lavoro da prendere seriamente, occorre tanto studio e preparazione accurata; non si improvvisa, ci vuole impegno e molta disciplina. Naturalmente ci vuole anche Verità e Sincerità: essere genuini e sinceri con se stessi è la prima regola per affrontare questo mondo. Con pazienza e perseveranza si possono raggiungere risultati importanti, anche senza raccomandazioni e "spintarelle".


Uno dei claims di IOSONOVULNERABILE afferma che "Fallire è una conquista". Ecco, in una società come la nostra, in cui occorre essere sempre super performanti, la parola "fallimento" suona come un fardello difficile da portare e accettare. Mi viene in mente una citazione del grande statista Winston Churchill: "Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo". Semplice da dire, meno da mettere in pratica. Sergio, aiutami a capire questo concetto di "fallimento virtuoso"...

Ti dico subito una cosa: non pensare che chi ha successo non abbia mai fallito. Non esiste componente dell'umanità che non sia cresciuta, evoluta e consolidata nelle sue aspettative attraverso l'esperienza del fallimento. Non esiste persona al mondo che non abbia alle spalle errori; anzi, devi diffidare di chi dice che non ha mai fallito o sbagliato. La cosa importante è lo sguardo con il quale guardiamo i nostri insuccessi, guardarli bene e farne altri, molti altri: solo così una persona può evolversi e migliorare. Anche io mi sono confrontato spesso con questa problematica, chiedendomi il perché di queste "cadute"e ho capito che trovare il fallimento in una conquista è una cosa enorme: è parte della creatività, dell'ingegno, dell'estro da artista. Ai pittori che sbagliano mentre dipingono dico sempre:"Lasciate quell'errore! E il vostro momento più autentico!"

Il pittore francese Francis Picabia era solito dire che "L'Arte è il culto dell'errore". L'Arte è perfetta nella sua imperfezione, cosa ne pensi?

E'esattamente così: è Arte solo se imperfetta, se sta rivelando degli aspetti che permettono alle persone di ritrovarsi in essi; sì, nell'Arte c'è una parte di "collettivo" che riguarda tutti.

Che cosa nutre la tua visione artistica? Cos'è l'Arte per Sergio?

Per me Arte è Vita, e non è retorico dirlo. Arte sono i miei occhi, la capacità di non fermarsi a cio' che ti viene proposto; Arte ti permette di andare a lavorare in profondità, scandagliando anche le ambiguità della vita: luce e buio, aspetti consustanziali all'esistenza. Portare nella vita di tutti i giorni le scoperte che fai nell'Arte è semplicemente meraviglioso.E aggiungo un'altra cosa:ognuno di noi si porta appresso dei traumi dai quali nascono poi fragilità che conducono alla vulnerabilità. Ecco,  non riusciremo mai a essere espressivi e creativi se non affrontiamo il nostro vissuto ferito.

A tuo avviso è necessario "spiegare" un'opera d'arte contemporanea?

Vi svelo una verità: l'arte contemporanea è impossibile da capire se non è accompagnata dalle parole e spiegazioni dell'artista. Non siamo nel Rinascimento, epoca in cui la produzione artistica era basata sull'estetica della bellezza - vedi armonia, composizione, simmetria); davanti a un quadro di Raffaello rimani semplicemente estasiato da ciò che vedi e non hai bisogno di ulteriori spiegazioni - anche se in realtà c'è tutto un mondo simbolico dietro le sue opere. Diverso è l'approccio nei confronti dell'arte contemporanea: senza conoscere un minimo l'artista, la sua ricerca e in quale contesto si inserisce, non si avranno mai i mezzi per comprenderla. Oggi non si parla di quadri ma di dispositivi artistici.

 



 IOSONOVULNERABILE

Sotto l'Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e della Commissione Europea - Rappresentanza in Italia con l'Auspicio della Presidenza VII Commissione Camera dei deputati, e il Patrocinio del Ministero Affari esteri, della Regione Lazio, della Città Metropolitana di Roma Capitale e dell'Assessorato alla Cultura di Roma Capitale

Partecipazione giovani artisti ACCADEMIA BELLE ARTI E ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE PIAGET-DIAZ ROMA

Dal 7 dicembre 2024 all'11 febbraio 2025

VIlla Altieri - Viale Manzoni, 47 Roma

Orari: da lunedì a giovedì 8.00-18.30, venerdì 8-15.00

www.iosonovulnerabile.it

 

Photo credits: www.sergioilluminato.com