venerdì 29 novembre 2024

IOSONOVULNERABILE: Sergio Mario Illuminato e la bellezza della fragilità umana

 Ci hanno insegnato a essere forti, coriacei, combattivi. O almeno, la società ci vuole così, per sopravvivere nella giungla urbana chiamata vita. "Ubi maior minor cessat", dicevano i latini: fuori i deboli, i pusillanimi, non c'è spazio per loro.

E poi arriva Sergio Mario Illuminato e spariglia le carte con il suo progetto transdisciplinare IOSONOVULNERABILE, che esalta la fragilità umana come generatrice di forza e bellezza. Che carezze per l'anima le parole dell'artista catanese Illuminato, così profonde da penetrare la verità più profonda che si cela nella realtà ontologica. 

Essere vulnerabili significa essere veri, senza filtri e sovrastrutture. Riusciremo mai a essere liberi - ma di quella libertà interiore di cui parlava il maestro Gurdjieff - di essere fragili e allo stesso tempo resistere ai terremoti esistenziali che accadono dentro e fuori di noi?

L'Arte puo' dare delle risposte. Basta aprire il cuore e rimanere in ascolto. 

Il progetto IOSONOVULNERABILE sarà a Roma dal 7 dicembre 2024 all'11 febbraio 2025 a Villa Altieri, Palazzo della Cultura e della Memoria Storica: in mostra dispositivi artistici che fondono cinema, fotografia, scultura e pittura, in un dialogo fecondo e creativo.

 Ho avuto il piacere di parlare con Sergio, artista, filosofo, oratore eccezionale. Le sue parole aprono mondi e insegnano il valore dell'Arte e della Vita, in un intreccio indissolubile e  affascinante.

 Buona lettura!

 


 

Vorrei partire parlando del progetto IOSONOVULNERABILE. Come è nato e come lo hai sviluppato? 

Il progetto nasce innanzitutto da un libro, una mia ricerca artistica che si intitola Corpus et Vulnus; le cose partono sempre da noi stessi, da certe passioni e da certi nodi che abbiamo l'esigenza di sciogliere. In fondo l'arte parla di noi ma anche di tratti personali che non conosciamo, ed è bello l'atto di mediazione svolto dall'arte tra noi e gli altri e - soprattutto - tra noi e l'altra parte di noi.

In me c'era questa volontà di indagare come il corpo si incrociava con la vulnerabilità, appurando  così che l'umanità  si basa sulla stessa, aspetto cogente nel destino dell'uomo. Allo stesso tempo mi sono accorto, strada facendo, che la fragilità non è un problema biologico, bensì intellettuale; dovevo quindi trovare una chiave per interpretarlo nella maniera più consona. Lo studio della vulnerabilità mi è nato mettendo i pigmenti sulla tela, seguendo le teorie di due dei maggiori maestri dell'arte contemporanea, Kiefer e Parmiggiani, e capire il movimento dei corpi per permettere di elevarci a una dimensione  spirituale. La scintilla però mi è scattata davanti al ex carcere pontificio di Velletri, un carcere dell'800 in funzione fino a una trentina di anni fa, rimasto da allora in una sorta di "cristallizzazione" perpetua: entrando scopri le celle con le scritte dei detenuti sui muri, le brande, la cappella...la sensazione è stata veramente forte e destabilizzante. E proprio in quel luogo ho capito che Corpo e Vulnerabilità non erano entità meramente concettuali; al contrario possedevano una dimensione reale. Decido quindi di fare una residenza d'artista della durata di sei mesi coinvolgendo personalità del teatro, cinema, danza, con lo scopo di provare sulla nostra pelle il disagio di stare in un posto che porta con sé tutta quella sofferenza. In sei mesi abbiamo prodotto una serie disparata di dispositivi artistici - tra sculture, pitture e un cortometraggio - che traducono in estetica questa riflessione su Corpo e Vulnerabilità. Quello che vorrei enfatizzare è proprio l'importanza del contatto fisico, atto che permette acquisizione di esperienza e capacità di emozionarci, di spingerci verso l'altro; "emozionarsi"inteso come e-motion, spostarsi verso l'altro. Per concludere, alla fine della residenza d'artista ci siamo sentiti completamente trasformati; abbiamo vissuto situazioni talmente forti che ci hanno dato nuove consapevolezze e piena volontà di metterci in discussione. Il feedback da parte delle persone è stato pazzesco: abbiamo fatto fatica a smaltire le file! Ma è stato il contatto umano il fattore più importante; non si trattava di visitare distrattamente una mostra e fare selfie, la gente ha vissuto una vera e propria Esperienza, un rapporto bidirezionale intenso tra artista e fruitore.


Lo scorso  ottobre hai presentato IOSONOVULNERABILE a Parigi, presso l'Istituto italiano di cultura. Come è stata l'accoglienza nella Ville Lumière?

E' stata una esperienza molto bella perché il pubblico era un misto di italiani e francesi; e per noi rappresentava una prova per capire se quello che stavamo facendo fosse adatto a una singola cultura - quella italiana - oppure avesse anche delle sfaccettature internazionali. Sai, agli inizi di questo progetto, quando parlavo con alcuni colleghi mi sono spesso sentito dire:"Ma no, nessuno ti vorrà ascoltare, queste cose sono troppo impegnative, la gente preferisce temi più leggeri, più positivi..."; invece noi abbiamo lavorato controcorrente, ossia portando alla luce ciò che era sommerso. E ti dirò, il fatto più sorprendente è stato scoprire che, al contrario, la gente ha bisogno di parlare di queste cose, incarnazioni di Forza, non debolezza: la Vulnerabilità - quando è consapevole - è una Forza dell'essere umano, gli ha permesso di sopravvivere, di evolversi e arrivare fino a qui.

 


 

Ecco, vorrei approfondire il concetto di Vulnerabilità. Mostrarsi vulnerabili è un bellissimo atto di coraggio, perché si permette al sé più autentico di uscire allo scoperto, di dare voce al proprio corpo esserico - per dirla con Gurdjieff; nello stesso tempo, però, si è più esposti agli attacchi e alle prepotenze del più "forte". Come trovare quindi il giusto equilibrio tra queste dimensioni?

La natura - come al solito - ha le risposte migliori. Permettimi di rispondere a questa domanda utilizzando una metafora. Parliamo dei crostacei. Essi nascono senza corazza, sono nudi, quindi assolutamente vulnerabili.Rimangono al sicuro sino a quando sono abbastanza forti da uscire, con la loro bella corazza di protezione. In realtà questa corazza, ad un certo punto - mentre il corpo continua a crescere - rimane uguale, facendo così correre all'animale il rischio di morire all'interno di quel guscio che lo sta proteggendo. E invece che succede? Ciclicamente i crostacei si liberano della loro corazza, avendo in questo modo il tempo per farsene una nuova; insomma, nella vita la vulnerabilità puo' essere trattata semplicemente acquisendo consapevolezza delle nostre fragilità e sapendo che potremmo essere attaccati dall'esterno. Uno sguardo attento sulle nostre debolezze ci permette altresì di corazzarci, di creare una ulteriore protezione - senza dimenticare che la vera forza si trova nel sapere trasformarci continuamente; il segreto quindi sta nello smontare la gabbia di conoscenze che abbiamo creato e arrivare infine a delle nuove conoscenze.

Hai reso benissimo il concetto, utlizzando anche una metafora semplice ed efficace. Penso però che questo sia un processo molto complicato da realizzare a livello pratico - ovviamente dobbiamo provarci lo stesso e non arrenderci alle prime difficoltà... ma rimane comunque un percorso in salita...

Hai ragione, è molto complicato, ma c'è un trucco per riuscirci: essere genuini. Essere veri. Se non hai con te stesso e con gli altri un rapporto basato sulla genuinità, beh, nascondersi o mostrarsi ambigui non porta lontano. E' decisamente più importante essere sicuri che anche nelle proprie debolezze si è forti.

 

A tuo avviso, qual è il ruolo dell'artista contemporaneo nella società di oggi?

Premetto che per me il concetto di Artista è ancora quello in auge dal '500 in poi, ossia "l'artigiano" che fa la propria opera senza delegare ad altri l'esecuzione della stessa. L'artista contemporaneo deve essere DENTRO le cose, deve VIVERE le cose in prima persona, senza trasformare la realtà attorno a sé in un luna park.Basicamente deve riuscire con i suoi dispositivi artistici a farsi mediatore culturale, mettersi tra sé e lo spettatore con lo scopo di mostrare che la realtà che viviamo è parziale; tocca all'arte fornire una "finestra più ampia" su quello che ci circonda. E' un problema di umanità; è come se l'avessimo persa per strada. Non ci emozioniamo più, non abbiamo più passioni vere...

E allora, visto che non sappiamo più emozionarci davanti al bello, non posso non chiederti: qual è lo stato dell'Arte e della Cultura nel nostro paese?

Innanzitutto ti rispondo con un dato di fatto: le istituzioni parlano pochissimo di arte contemporanea. Capisci bene che se i principali elementi del sistema non danno la giusta attenzione all'arte, nessun artista avrà il supporto che merita per emergere. A differenza degli Stati Uniti, Cina e Regno Unito - luoghi in cui c'è un forte appoggio alle discipline artistiche, qui si valorizza solamente l'arte classica. Però la gente che visita il Colosseo o una mostra non esce cambiata, arricchita da questa esperienza: fa la fila, vede quadri e stop, finisce lì. L'arte contemporanea invece ha la magia di farti riflettere sul presente, aspetto importante, da non sottovalutare. Direi quindi che la situazione attuale non mi appare rosea. Prendi la comunicazione. Il suo ruolo è fondamentale per sviluppare una consapevolezza culturale nuova, inserire parole vere e sentite nel circuito dell'arte, far sentire lo spettatore coinvolto in un viaggio immersivo e profondo: questa è la strategia giusta per valorizzare la cultura in Italia.

Utilizzi linguaggi transdisciplinari (cinema, fotografia, scultura - solo per citarne alcuni) che permettono un dialogo fecondo tra le arti a 360 gradi: secondo te, quanto è importante questo sincretismo artistico e la sperimentazione di nuovi formati creativi?

E' assolutamente imprescindibile. Al giorno d'oggi la semplice mostra non basta più; quello che ti permette di arrivare veramente alla gente è la conoscenza profonda di più linguaggi espressivi. La transdisciplinarità cambia completamente l'approccio con l'arte: le varie discipline devono comunicare tra loro, arricchendosi di stimoli, input e suggestioni... solo così si possono ottenere risultati creativi e soprattutto incisivi per il fruitore.

Lavori con i giovani: come vedi le nuove generazioni? E soprattutto, che consigli vorresti dare a un artista che si affaccia ora al mondo dell'arte?

Innanzitutto il consiglio lo vorrei dare agli artisti adulti: imparate dai ragazzi, prendete ispirazione da loro; senza scambi non si crea nulla di positivo. Ai giovani dico sempre che questo è un lavoro da prendere seriamente, occorre tanto studio e preparazione accurata; non si improvvisa, ci vuole impegno e molta disciplina. Naturalmente ci vuole anche Verità e Sincerità: essere genuini e sinceri con se stessi è la prima regola per affrontare questo mondo. Con pazienza e perseveranza si possono raggiungere risultati importanti, anche senza raccomandazioni e "spintarelle".


Uno dei claims di IOSONOVULNERABILE afferma che "Fallire è una conquista". Ecco, in una società come la nostra, in cui occorre essere sempre super performanti, la parola "fallimento" suona come un fardello difficile da portare e accettare. Mi viene in mente una citazione del grande statista Winston Churchill: "Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo". Semplice da dire, meno da mettere in pratica. Sergio, aiutami a capire questo concetto di "fallimento virtuoso"...

Ti dico subito una cosa: non pensare che chi ha successo non abbia mai fallito. Non esiste componente dell'umanità che non sia cresciuta, evoluta e consolidata nelle sue aspettative attraverso l'esperienza del fallimento. Non esiste persona al mondo che non abbia alle spalle errori; anzi, devi diffidare di chi dice che non ha mai fallito o sbagliato. La cosa importante è lo sguardo con il quale guardiamo i nostri insuccessi, guardarli bene e farne altri, molti altri: solo così una persona può evolversi e migliorare. Anche io mi sono confrontato spesso con questa problematica, chiedendomi il perché di queste "cadute"e ho capito che trovare il fallimento in una conquista è una cosa enorme: è parte della creatività, dell'ingegno, dell'estro da artista. Ai pittori che sbagliano mentre dipingono dico sempre:"Lasciate quell'errore! E il vostro momento più autentico!"

Il pittore francese Francis Picabia era solito dire che "L'Arte è il culto dell'errore". L'Arte è perfetta nella sua imperfezione, cosa ne pensi?

E'esattamente così: è Arte solo se imperfetta, se sta rivelando degli aspetti che permettono alle persone di ritrovarsi in essi; sì, nell'Arte c'è una parte di "collettivo" che riguarda tutti.

Che cosa nutre la tua visione artistica? Cos'è l'Arte per Sergio?

Per me Arte è Vita, e non è retorico dirlo. Arte sono i miei occhi, la capacità di non fermarsi a cio' che ti viene proposto; Arte ti permette di andare a lavorare in profondità, scandagliando anche le ambiguità della vita: luce e buio, aspetti consustanziali all'esistenza. Portare nella vita di tutti i giorni le scoperte che fai nell'Arte è semplicemente meraviglioso.E aggiungo un'altra cosa:ognuno di noi si porta appresso dei traumi dai quali nascono poi fragilità che conducono alla vulnerabilità. Ecco,  non riusciremo mai a essere espressivi e creativi se non affrontiamo il nostro vissuto ferito.

A tuo avviso è necessario "spiegare" un'opera d'arte contemporanea?

Vi svelo una verità: l'arte contemporanea è impossibile da capire se non è accompagnata dalle parole e spiegazioni dell'artista. Non siamo nel Rinascimento, epoca in cui la produzione artistica era basata sull'estetica della bellezza - vedi armonia, composizione, simmetria); davanti a un quadro di Raffaello rimani semplicemente estasiato da ciò che vedi e non hai bisogno di ulteriori spiegazioni - anche se in realtà c'è tutto un mondo simbolico dietro le sue opere. Diverso è l'approccio nei confronti dell'arte contemporanea: senza conoscere un minimo l'artista, la sua ricerca e in quale contesto si inserisce, non si avranno mai i mezzi per comprenderla. Oggi non si parla di quadri ma di dispositivi artistici.

 



 IOSONOVULNERABILE

Sotto l'Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e della Commissione Europea - Rappresentanza in Italia con l'Auspicio della Presidenza VII Commissione Camera dei deputati, e il Patrocinio del Ministero Affari esteri, della Regione Lazio, della Città Metropolitana di Roma Capitale e dell'Assessorato alla Cultura di Roma Capitale

Partecipazione giovani artisti ACCADEMIA BELLE ARTI E ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE PIAGET-DIAZ ROMA

Dal 7 dicembre 2024 all'11 febbraio 2025

VIlla Altieri - Viale Manzoni, 47 Roma

Orari: da lunedì a giovedì 8.00-18.30, venerdì 8-15.00

www.iosonovulnerabile.it

 

Photo credits: www.sergioilluminato.com

mercoledì 18 settembre 2024

Intervista con il Talento: a tu per tu con Enzo Favata, instancabile ricercatore di suoni e nuove suggestioni

 E' stato protagonista dell'estate 2024 con il festival internazionale Musica sulle bocche, di cui è ideatore e direttore artistico; è uno dei jazzisti piu' talentuosi e carismatici del panorama musicale mondiale; é instancabile ricercatore di suoni e novità...e - dulcis in fundo - è persona colta e decisamente simpatica. Conversare con un personaggio del calibro di Enzo Favata è una esperienza umanamente preziosa, da conservare gelosamente: attraverso le sue parole si trasmettono vibrazioni profonde che arricchiscono l'esistenza esserica di chi lo ascolta.

Secondo George Gershwin  la musica è come una scienza delle emozioni. Sembra un paradosso, n'est-ce pas? Eppure, se ci pensate, questa sinestesia apparentemente impossibile ha il suo perché. Tout se tient. C'è un intreccio magico che non si puo' spiegare a parole; occorre aprire orecchie e cuore e lasciarsi travolgere.

E io, anche se non ho assistito fisicamente a quell'evento memorabile che è stato Musica sulle bocche, ho percepito chiaramente dai racconti di Enzo la sinergia artistica tra persone e musicisti  che ha pervaso alcune tra le location più splendide della Sardegna: ora so che l'anno prossimo, per il 25esimo anniversario del festival, sarò presente per godere di questa esperienza musicale e sensoriale unica.

 Grazie Enzo e buona lettura a tutti voi!

 


 

Ciao Enzo, lo scorso 25 agosto si è concluso il Festival Internazionale Musica sulle Bocche. Ecco, vorrei facessi un bilancio finale della kermesse, giunta quest'anno alla sua ventiquattresima edizione. 

Il bilancio è presto fatto: 30 concerti in poco più di due settimane, 120 musicisti coinvolti, focus speciale sull'Europa dell'Est, produzioni rigorosamente originali e pubblico sempre più fidelizzato.

 Musica sulle Bocche è un festival coraggioso; sì, è vero che i concerti si sono tenuti in location splendide, ma ci tengo a sottolineare il fatto che, oltre a località balneari e turistiche, abbiamo suonato anche in paesi a rischio di spopolamento. La valenza sociale della kermesse è notevole, abbiamo contribuito a far conoscere luoghi straordinari ma sconosciuti ai più.

 

Un festival speciale, unico nel suo genere. Non posso quindi non chiederti  quale concerto ti è rimasto particolarmente nel cuore

Sicuramente il progetto B.U.M Beautiful Universal Music rappresenta un momento artistico molto  importante per me: ho invitato Hind Ennaira, cantante del Marocco, Bindhumalini Narayanaswamy, una delle più famose interpreti indiane - vincitrice del National Film Award -, Pablo La Porta, batterista, percussionista compositore di Buenos Aires e insieme alla mia band, i The Crossing, ci siamo esibiti ad Alghero, presso il suggestivo complesso Lo Quarter

B.U.M è una parola che richiama un'esplosione, è l'acronimo della Bellezza e universalità della Musica che unisce i popoli; prossimamente pubblicheremo un live album dell'evento e un documentario per fissare nella memoria questo indimenticabile vortice emozionale agostano.

Devo pero' aggiungere che i concerti del cuore sono molti; di B.U.M ho amato il concept del progetto, ma Musica sulle Bocche rappresenta molto altro, una vera e propria ESPERIENZA, un happening tra persone unite nel nome della musica. Non è il solito festival con palco e platea, niente di più lontano. Persone, artisti, musica e luoghi imbevuti di storia  concorrono a realizzare una vacanza esperienziale che permette di connettersi emotivamente e spiritualmente al territorio.

 


 Nel 2025 Musica sulle Bocche compie 25 anni. Un traguardo importante! Stai già pensando a come celebrare questo compleanno speciale? Immagino ci sarà qualcosa di straordinario...

Sicuramente abbiamo già delle idee, ma per prima cosa penseremo alla parte amministrativa, forse quella più impegnativa; è un lavoro organizzativo lungo un anno che richiede molto tempo. Io sono spesso in giro per il mondo per le mie tournée musicali e non posso essere sempre presente; fortunatamente ho uno staff ben rodato che ci lavora già da fine settembre, inizi ottobre. Quindi sì, le idee ci sono e faremo qualcosa di speciale


Mi piace questa mescolanza di generi, persone, culture: è proprio vero che la musica parla un linguaggio universale, comprensibile da tutti e capace di suscitare emozioni profonde. Per dirla con Ezio Bosso, "la musica è come la vita: si può fare in un solo modo, insieme". Cosa ne pensi?

Fuor di banalità, penso che sia facile trovare gli "accordi" giusti tra musicisti; è meno facile trovare empatia e sintonia nei rapporti. Quando la musica permette di sviluppare un linguaggio trasversale, allora sì che si crea UNIONE. Gli ospiti stranieri che hanno partecipato a Musica sulle Bocche hanno vissuto il festival dall'interno, vivendo quasi due settimane a stretto contatto con me e gli altri colleghi; questo è un modo di lavorare che unisce veramente, non solo a parole. La condivisione di momenti è fondamentale.



"Os caminhos de Garibaldi": un progetto musicale dedicato all'Eroe dei due mondi. Cosa ti affascina di Garibaldi, personaggio storico importante e figura controversa del Risorgimento italiano?

In realtà l'ispirazione è nata mentre mi trovavo in Brasile per una serie di concerti; un giorno rimasi colpito da un libro scritto in portoghese dedicato a Garibaldi e alla sua amata moglie Anita e da lì è partito tutto... Pensa che questo concept album è stato registrato nel 2011. Poi, per una serie di vicissitudini, ha visto la luce solo nel febbraio del 2024. "Os caminhos de Garibaldi" è un album strumentale, con una parte dedicata al Sudamerica e una all'Italia: intregra stili musicali diversi che vanno dal jazz alle marce, passando per temi risorgimentali completamente stravolti e rinnovati.

Nonostante i suoi 13 anni, "Os caminhos de Garibaldi" ha mantenuto inalterate freschezza e contemporaneità del sound e continua a ricevere ottime e autorevoli recensioni.


Ami mescolare il jazz con elementi elettronici, disegnando ritmi contemporanei e sound sempre nuovi e all'avanguardia. E in effetti la curiosità è una delle qualità più importanti in un musicista. Sei d'accordo?

Mi considero un "investigatore" e la mia visione di  musica è sempre proiettata in avanti: uso l'elettronica da più di 20 anni ormai, ma la curiosità e la voglia di sperimentare non si affievoliscono con il tempo, anzi, la visione artistica si amplia e gli orizzonti si allargano.


Ultima domanda di rito: progetti per l'autunno?

Sarà un autunno ricco di concerti; porto in tour il mio disco Atlantico, ispirato al Sud America e ai suoi magici autori latinoamericani, Borges, Marquez, Sepulveda - per citarne alcuni. Poi suonero' anche in Marocco, e sicuramente continuero' a girare, ma a ritmi più rilassati rispetto al passato.

 

 Enzo Favata è su Facebook e Instagram, seguitelo!

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https://www.instagram.com/enzofavata 

 



 



lunedì 19 agosto 2024

Ana Carla Maza, la diva cubana del violoncello: "Quando suono mi sento bene, la musica è una carezza per l'anima"

 

 


 L'intervista giusta al momento giusto. E' arrivata "como agua de mayo" - è proprio il caso di dirlo - la chiacchierata con l'artista cubana Ana Carla Maza, diva del momento, regina del latin jazz spruzzato di effervescente pop; il tutto agitato e mescolato (con buona pace della catchphrase di James Bond) come un cocktail fresco, da assaporare immaginando di stare distesi su una assolata spiaggia caraibica.

E sono proprio i Caraibi e le sue vibes i protagonisti della conversazione tra me e Ana Carla: le radici della sua musica affondano proprio lì, nel Caribe che emoziona e incanta con i suoi sapori, colori e l'anima latina. L'energia della violoncellista è pressoché inesauribile; il suo tour estivo prosegue senza sosta da mesi, tra Francia, Spagna e Italia; chiunque sarebbe stanco e depauperato di energia. Lei no, la passione che mette nel parlare raramente l'ho sentita (financo in artisti ben più navigati), l'amore per la musica e per la vita erompe in tutta la sua potenza e mi ha fatto capire cosa intendeva veramente  Confucio con l'espressione "fai quello che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita"

Musica è Vita. Vita è Musica. Ma si puo' leggere anche "vivere con la musica", perché Ana Carla non scinde le due cose, son ben connesse tra di loro, e nessuna puo' fare a meno dell'altra. 

 


 

C'è gioia e calore nelle sue parole; la sua allegria è contagiosa e con la sua musica non puoi evitare di ballare e scatenarti, rilasciando la tua vera essenza in tutta la sua rotondità e completezza. Penso veramente che la musica sia qualcosa di divino? Assolutamente sì. E' quel trait-d'union tra il piano ontologico materiale e quello spirituale. E chi nega, evidentemente non conosce il potere vivificante delle sette note.

Ana Carla è un'artista speciale e preziosa. Sono contenta di averla conosciuta e vi invito a scoprire i suoi brani; vi invito a tuffarvi nelle profondità del Caribe e di riemergere rigenerati e ristorati. 

Attenzione: ultime due date estive in Italia

20 agosto 2024 a Palermo  - Concerto in trio con Norman Peplow al pianoforte e Arnaud Dolmen alla batteria (Festival Steri, cortile Abatelli)

25 agosto 2024 a Tadasuni (OR) - Quartet con Norman Peplow al pianoforte, Luis Guerra alle percussioni e Marc Ayza alla batteria (Dromos Festival, parco comunale)

 

 


 

 

Ciao Ana Carla! E' un piacere immenso parlare con te! Voglio partire immediatamente sulle note del tuo nuovo album CARIBE: un suggestivo viaggio in Sudamerica che incorpora musica tradizionale e suoni contemporanei; un sincretismo musicale accattivante che mescola sapientemente latin jazz, melodie pop e ritmi latini. Quali emozioni vorresti trasmettere attraverso le tue canzoni?

Bueno, amo trasmettere tutte quelle emozioni che arrivano dal Caribe: l'amore, il gusto per la vita, l'allegria...insomma, tutti quei momenti che ti connettono con vibrazioni positive! Soprattutto l'allegria - uno stato d'animo bellissimo - che diventa ancora più  bello se condiviso con gli amici; la musica è in grado di creare questa connessione magica, attraverso suoni che provengono direttamente dalla calda anima latina dei Caraibi.

 


 

 

La musica popolare cubana è la fusione di culture europee e africane: una combinazione accattivante, ipnotica, financo magnetica. Secondo te a cosa si deve il successo straordinario della musica latinoamericana nel mondo?

La vita dei cubani è strettamente legata alla musica, che scandisce il ritmo di tutta la giornata, sotto forma di canto e ballo; ha il sapore del Caribe, con i suoi colori  unici: il suono latinoamericano ti trasporta immediatamente su una spiaggia incontaminata, in una atmosfera rilassata, festaiola, piena di energia vitaminica. Ecco che ti viene voglia di muoverti, ballare, di condividere gioia e buonumore con chi ami: è un qualcosa di travolgente e contagioso. Questo è il segreto del successo!

 

 Il musicista si emoziona nel creare  note soavi e suoni più poderosi, in un crescendo di vibrazioni che giungono a una intensità parossistica, verso una intima unione con una realtà superna. Ecco quindi la magia in certi elementi musicali: l'artista collegato con il Divino. Come possiamo definire il tuo processo creativo? Come nascono le tue canzoni?

In verità passo ogni minuto del mio tempo a comporre musica: la vita è la fonte di ispirazione principale; mi piace conoscere gente nuova e ascoltare le loro storie. L'ispirazione è sempre presente, palpabile nell'aria che respiro; penso ai viaggi che faccio, ai volti che incrociano il mio...tutto rappresenta per me uno stimolo creativo. CARIBE, per esempio, è nato in luoghi diversi ma tutti egualmente suggestivi: durante un volo intercontinentale di dieci ore dal Messico, in un castello in Portogallo e perfino a Roma. Ah, Roma! Ti racconto un aneddoto. Avevo due giorni liberi e mi sono detta:"E adesso che faccio? Vado a visitare il Vaticano e mi godo le bellezze della Città Eterna?" La verità è che mi sono chiusa in uno studio di registrazione e ho composto musica, il processo creativo era in pieno fermento!

Ci tengo a precisare una cosa: ho alle spalle 15 anni di studi al Conservatorio; sono compositrice e produttrice dei miei album, però vedo che al mondo poche donne raggiungono questa posizione. Vorrei che l'industria musicale aprisse maggiormente le porte alle donne - non solo come artiste - ma creative  a 360 gradi, che vogliono avere il "potere" completo sulla produzione di un disco. Le donne sono in grado di farlo. E lo fanno bene!

 


 

Per molte persone ascoltare musica dal vivo ha la valenza simbolica di un rituale. Ana Carla, tu che relazione hai con il tuo pubblico?

Ho una relazione bellissima con il mio pubblico, mi verrebbe da dire quasi "magica". Lo amo perché mi motiva, mi sostiene, mi ispira continuamente; quando mi esibisco davanti ai miei sostenitori si crea una atmosfera speciale, in cui si balla, si ride, si piange di gioia insieme. Sono vibrazioni potentissime, gloriose e colme di grazia.


Quali sono le tue influenze musicali?

 Ovviamente tutta la musica latina, quella che arriva dal Caribe! Ma vengo ispirata anche dai seducenti suoni brasiliani e dalla musica classica. Come definirei i miei brani? Onesti. Quando suono mi sento bene, in pace con l'universo. E quando la musica fa bene al cuore, beh, è un valore aggiunto dal potere inestimabile. Il mio strumento d'elezione è il violoncello, e subito pensi a composizioni classiche: eppure non amo le "barriere" e non volevo confinarlo esclusivamente in una orchestra sinfonica. E quindi, sperimentiamo con la cumbia, salsa, merengue e tango. Amo la libertà di giocare con la musica e creare contaminazioni sonore sempre diverse

Conosci qualcosa della musica italiana?

 C'è una canzone che mia madre mi cantava sempre quando ero piccola: "Il caffè della Peppina". La conosci? Fa così (- e inizia a cantare - ndr)

"Il caffè della Peppina non si beve alla mattina

né col latte, né col thé

Ma perché, perché, perché?..."

Penso che passerò ore ad arrovellarmi sul perché il caffè della Peppina sia indigesto alla mattina, ora pero' voglio confessarti una cosa: la mia canzone preferita dell'album Caribe è "Las Primaveras", soprattutto quando dici: "la vita è breve, la felicità eterna"; penso sia un vero e proprio inno alla joie de vivre, ad afferrare il momento e goderne fino in fondo. Cosa provi quando la canti?

E' esattamente questo il significato del brano! Le "primavere" passano e diventiamo più grandi, ma questo processo dobbiamo viverlo nel miglior modo possibile, cantando,ballando e godendo di ogni attimo. Las primaveras mi regala molta gioia e allegria mentre la canto; e vorrei che, anche nei momenti bui che attraversiamo nel corso della nostra vita, la motivazione che ci spinge a ricercare la felicità sia sempre forte. La motivazione è il motore che ci fa andare avanti. Sempre




 

L'obiettivo di un artista è elevare lo spirito con la musica. Ecco quindi  la canzone che diventa un mezzo di di redenzione e salvezza. Sei d'accordo? Cosa ne pensi? 

Sono assolutamente d'accordo! Ogni  forma d'arte è  un toccasana per la nostra vita: libera le emozioni, stimola l'immaginazione e ci riconnette alla nostra parte primordiale, atavica, quella più spirituale. L'arte è una continua forma di ispirazione che trascende il tempo e lo spazio. La poesia, la filosofia, la musica, ma anche quando pensi alla persona che ami; tutto questo è intimamente connesso, profondamente radicato con la motivazione che spinge a un processo creativo, a un flusso di coscienza senza fine.

 

l'industria musicale è cambiata sotto molti aspetti, questo è un assioma indiscutibile. A quali altri cambiamenti assisteremo nel futuro? E come vedi il ruolo della donna nel mondo dell'entertainment musicale?

 Attualmente la donna nel mondo musicale è vista ancora ed esclusivamente come performer. In questo business continuano a dominare dirigenti di sesso maschile, è un dato di fatto. Non ci permettono di "prendere la parola", ossia di dimostrare competenze anche come compositrici e produttrici; il nostro apporto porterebbe una ventata di freschezza e novità, per non parlare delle capacità di analisi e di strategie di promozione che sappiamo ben padroneggiare. Eppure, ripeto, il dato incontrovertibile é che nell'industria musicale solo il 2% delle donne è produttrice. Mi auguro che le cose cambino in futuro e che ci venga data l'opportunità di dimostrare tutte le nostre skills, a 360 gradi.

 

Ultima domanda: sei in tour in Italia, hai toccato parecchie località del Belpaese. Tante serate trascorse all'insegna della musica, fiesta e un rutilante ritmo vitale. Cosa ti piace di più del nostro paese? 

 Adoro l'Italia, me encanta! E' sempre un piacere tornare qui e scoprire posti nuovi; la gente è meravigliosa, calorosa e piena di vita, e il cibo è assolutamente delizioso!

Penso che l'Italia sia il paese più latino d'Europa, ci sono molti punti in comune con la cultura cubana e il Caribe...quindi viva l'Italia!

Grazie Ana Carla, sei tu a incantare noi: la tua musica, la tua energia, la buena onda che si crea mentre ti esibisci...be', è un rito magico e luminoso come le notti d'estate trapunte di stelle



Mucha suerte con le prossime date del tour: Caribe continua con altre date, la fiesta itinerante non si esaurisce con la fine della bella stagione...quindi hasta pronto Ana Carla!

Per info 

https://anacarlamaza.com

Photo credits:  Eduardo Rosales, Oreana Nunez

Fotografie live: Fano Jazz by the sea - luglio 2024
 

giovedì 2 maggio 2024

Kiara Laetitia: "IN THE END, una canzone che sento profondamente mia, tra rabbia e speranza"

 She's back. Kiara Laetitia è tornata. Precisiamo: in realtà non è mai andata via; in questi anni è stata molto attiva e presente nel mondo musicale come manager - ma ora è LA SUA VOCE a essere protagonista. Di nuovo e più intensa che mai.

E per un ritorno in grande stile non poteva scegliere pezzo migliore: IN THE END, un classico del rock degli anni 2000 dei Linkin Park, presentato pero' in versione intimista, voce e pianoforte.

E che voce, ragazzi! La cover è da brividi, se poi ci aggiungiamo un video altrettanto magnetico e suggestivo girato in quel di Lanzarote, beh, la miscela è esplosiva! 

SPOILER: conosco Kiara da parecchi anni ormai; era il 2013 e lei venne ospite nella trasmissione radiofonica che conducevo per una webradio: fu stima a prima vista per questa giovane donna che coniugava una bellezza eterea a una grinta fuori dal comune. Nel corso degli anni la mia stima è rimasta immutata, e l'ho sempre seguita, tra progetti artistici e la sua advocacy per la salute mentale. Gli artisti sono più sensibili rispetto ai "comuni mortali"? Non tutti, questa è la verità. Ma Kiara Laetitia sicuramente lo è, e si impegna in prima linea per difendere i diritti di tutti coloro che soffrono di disturbi mentali e ridurre la discriminazione nei loro confronti.

Di tutto questo - e molto altro - si parla in questa bella intervista.

Buona lettura!

 



 

 

Ciao Kiara, è un piacere risentirti! Prima di tuffarci nell'atmosfera intimista del nuovo singolo, ho una curiosità impellente da chiederti: ritorni a cantare dopo 6 anni di stop. Cosa hai fatto in questi anni e cosa ti ha spinto ad apparire di nuovo sotto i riflettori come protagonista?

Devo ricordarmi tutte le cose che ho fatto in questi ultimi anni (ride, N.d.R). Per quanto riguarda il canto, nel 2019 è uscita la cover THE POWER OF LOVE dei Frankie Goes to Hollywood in versione acustica, un duetto con Sonny Ensabella, leader della tribute band QueenMania. Ho inoltre portato avanti il lavoro di manager di artisti con la mia etichetta discografica integrandolo con l'attività di booking e social media manager; ho pubblicato NEVER GIVE UP, manuale per musicisti emergenti che svela i segreti del music biz e organizzato il primo Online Female Fest. Insomma, il tempo per pensare alla mia musica è stato veramente poco... però l'anno scorso mi sono detta: “ Wow, sono già passati dieci anni dall'ultimo singolo FIGHT NOW e mi sembra ieri!” Volevo quindi festeggiare il decennale di quel brano con qualcosa di nuovo...ed eccomi qui”

Ed eccoti qui appunto con questa canzone, IN THE END dei Linkin Park, ormai considerato un classico del rock: brano stupendo, potente, manifesto rabbioso degli anni 2000. Tu lo hai reso ancora più bello, lavorando per sottrazione, togliendo il superfluo e scarnificandolo all'essenziale. Complimenti, mi hai emozionata! E siccome niente accade per caso - e tutto ha un senso in questo universo - ti domando: perché hai scelto proprio IN THE END?

Mi fa piacere che tu dica questo perché l'idea era proprio di confezionare una cover raccolta, intimista, solo piano e voce. Nell'originale c'è tanto: la voce pulita, la parte rap, chitarre, tastiere, parte ritmica, insomma, l'effetto è poderoso ed energico, lo conosci. Ho voluto invece incidere una versione più raccolta di IN THE END come mio personale tributo a Chester Bennington, di cui sono una grande fan da sempre; la sua dipartita mi ha toccato molto perché nello stesso periodo in cui lui ci lasciava io attraversavo un momento di depressione. Soffrivo di ansia e attacchi di panico e IN THE END, con quel testo così intimista e triste mi ha toccato nel profondo dell'anima

Esattamente, il testo di IN THE END è potente, sofferto, profondo. Ma c'è una strofa in particolare del brano che ti emoziona mentre la canti? Quali sono le parole per te più significative, quelle che ti graffiano il cuore?

La parte che da sempre mi emoziona è quella del bridge, quando dice “I put my trust in you, pushed as far as i can go...”; in quel punto “esplode” tutta la rabbia, la tristezza, la delusione del testo: sarà il modo in cui lo interpreta Chester, saranno gli accordi di pianoforte in sottofondo, ma fin dall'inizio l'ho sentito subito mio, ho sentito una forte connessione con quelle parole. E nonostante tutto, in questo testo così profondamente melanconico, io ci trovo anche della SPERANZA, il voler tendere la mano a chi soffre di problemi mentali; il mio vuole essere un tributo non solo alla band, ma anche ai tantissimi che stanno combattendo una battaglia impegnativa contro il male di vivere

Kiara, sono letteralmente incantata dalla copertina del singolo: vedo questo mare in tempesta, impetuoso e rabbioso rappresentare la potenza della natura al suo apice; ma che successivamente trova la sua pace, il suo equilibrio. Mi viene in mente la frase di Jim Morrison “Be always like the sea, than breaking up against cliffs it always finds the FORCE to try again”. La forza e la purezza dell'unico elemento fisico che cambia lo stato di materia rimanendo se stesso. Come è nato l'artwork di IN THE END?

Esattamente, è proprio così! Sono molto felice di questo, perché quando passa il messaggio che vuoi trasmettere vuol dire che hai colpito nel segno; certo, è altrettanto affascinante sentire le diverse interpretazioni riguardo un brano, è il bello della musica e dell'arte in generale! Il mare mi ha sempre trasmesso un'idea di calma e nello stesso tempo di vitalità; durante le registrazioni di IN THE END ero in studio con il produttore e il mio compagno e mentre ascoltavamo la mia voce “cruda” - ossia non equalizzata e sistemata - ho visualizzato delle ONDE che accompagnavano il video della canzone. Avevamo già prenotato un viaggio a Lanzarote, e in quel momento ho deciso che il tema dominante sarebbe stato il mare – e quello di Lanzarote, selvaggio, violento, burrascoso era IL MARE adatto. Da lì è nato l'intero concept del progetto.




Ed è appunto Lanzarote, l'isola più selvaggia e affascinante delle Canarie, a fare da sfondo al videoclip del brano: spazi che sembrano infiniti, paesaggi straordinari e un esotico mix tra Europa e Africa. Perché hai scelto proprio questa location?

Questo videoclip doveva possedere due fattori imprescindibili: il mare e il paesaggio lunare. Lanzarote è un posto magico che racchiude in sé vento, fuoco, terra e acqua, i 4 elementi naturali; un luogo ipnotico, quasi metafisico. Devo però ammettere che sono stati quattro giorni intensi a causa delle numerose avversità atmosferiche: freddo e vento soprattutto, un vento pazzesco! Abbiamo girato nella splendida spiaggia di Famara e presso la Geria, paesaggio protetto dall' Unesco - famosa per i suoi vigneti piantati a diversi metri di profondità nella ghiaia vulcanica.

Raccontaci qualche retroscena e curiosità dal backstage: il freddo, ti assicuro, si percepisce, complimenti per la resistenza!

Il freddo era terribile, non puoi nemmeno immaginare! Vediamo... posso dirti che ho cercato come una disperata un truccatore su Lanzarote e non ho trovato nessuno disponibile in quei giorni, quindi mi sono truccata da sola – infatti si possono notare le occhiaie dovute alla levataccia all'alba -; è stata sicuramente una esperienza “sofferta”: alcune persone mi hanno detto che è stata la settimana peggiore dal punto di vista climatico! Si decideva giornalmente le location in cui girare, mentre il drone per le riprese dall'alto è stato utilizzato solo una giornata, il vento era fortissimo e di consequenza era molto difficile da governare, alcune folate improvvise potevano addirittura farlo precipitare in mare. Però, nonostante le evidenti difficolta' legate al meteo, sono molto soddisfatta: abbiamo confezionato un prodotto molto bello

It doesn't even matter”, recita il testo del brano. Per te Kiara, cosa invece conta veramente, cosa è importante ora nella tua vita?

L'amicizia, l'amore – inteso anche come sentimento universale. Ovviamente l'amore che provo per il mio compagno. Adesso ho accanto a me tutto cio' che conta: il supporto delle persone che amo e la condivisione di ogni cosa che faccio con loro. Anzi, colgo l'occasione per ringraziare il mio fidanzato: è lui il fautore di tutto ciò. Certo, l'idea di ritornare sulle scene era mia, ma tendevo a procrastinare; lui è il mio primo ammiratore e mi ha spinto, mi ha spronato a ributtarmi nell'arena immediatamente, senza tergiversare oltre. Penso sia importantissimo avere qualcuno accanto che ti dia il pieno appoggio, che supporti ogni tua scelta: è uno stimolo fondamentale, non solo per la carriera artistica, parlo in generale.

C'è un altro tema a te molto caro: quello che riguarda la salute mentale. Mai come in questo periodo si avverte un aumento esponenziale del disagio psicologico - soprattutto giovanile – anche nel mondo musicale; artisti famosi hanno espresso apertamente i loro turbamenti: come ti spieghi questo fenomeno?

Penso che questa problematica sia sempre esistita; la depressione non è di certo nata oggi. Prima però non se ne parlava, la persona veniva considerata malata e lasciata a se stessa. Al contrario, oggi si parla di salute mentale e depressione e ciò è decisamente positivo; gli artisti sono liberi di parlarne e mostrare le proprie fragilità, senza nascondersi o fingere che tutto vada bene. Lo show business è un ambiente competitivo, fagocitante; prima per emergere era necessario avere un contratto discografico, ora invece puoi essere indipendente, diventare conosciuto tramite la rete. Ma anche qui possono sorgere problematiche che minano la salute mentale: speranze disattese e forte competitività danno forti scossoni all'autostima dell'artista. La reazione a questi “colpi” è diversa da persona a persona e dipende da molti fattori; non esiste un modo giusto o sbagliato di reagire, dipende dalla sensibilità di ognuno.

Sempre parlando di salute mentale - ovviamente senza avere la presunzione di curare o sostituirci a professionisti competenti in materia - ti chiedo: quali sono i primi passi da fare quando ci si rende conto di provare un forte disagio psicologico?

Innanzitutto rendersi conto di avere un problema è il primo passo verso la guarigione; PARLARNE– come hanno fatto diversi artisti ultimamente – è importante perché aiuta a prendere coscienza del disagio che si prova: esternarlo, chiedere aiuto non deve essere piu' un tabù. Naturalmente consiglio di intraprendere un percorso con uno psicologo, ma mi rendo conto che puo' essere troppo oneroso e non tutti possono accedervi con continuità – anche se parecchi terapeuti vengono incontro alle persone in difficoltà riducendo i costi delle sedute. Parlando della mia esperienza, posso consigliare il PROGETTO ITACA: mi hanno aiutato molto quando soffrivo di attacchi di panico e ansia. La fondazione offre SUPPORTO e ASCOLTO a chi soffre di disturbi della salute mentale, gratuitamente e senza pregiudizi. Attenzione, NON puo' sostituirsi alla psicoterapia, però rappresenta un primo passo per uscire dal proprio guscio e scoprire che NON SI E' SOLI nel combattere questa battaglia!

Come è cambiato l'ambiente musicale rispetto ai tuoi esordi? Provo ad azzardare: era forse meno competitivo, meno concitato, meno improntato a produrre musica “mordi e fuggi”?

Quando ho cominciato a fare musica a livello professionale – circa venti anni fa – il mercato era già così; la differenza sostanziale sta nel fatto che nei primi anni 2000 la musica a livello digitale era completamente illegale; scaricavi le tue canzoni preferite in una qualità non ottimale e andava bene così: insomma, era letteralmente il far west! O vendevi copie fisiche dell'album, oppure era un'incognita sapere esattamente l'andamento della tua musica; oggi - per fortuna – è tutto regolamentato, certo, il mercato è saturo, ma almeno ci sono delle norme ad hoc che tutelano gli artisti. Il segreto, a mio avviso, è DIFFERENZIARSI, creare qualcosa di nuovo e unico; lo so che non è semplice, però un artista deve imparare a parlare alla propria nicchia di mercato per sperare di avere successo. Alcuni musicisti odiano essere incasellati in un genere e nessuno ama le etichette, ma per fortificare la propria presenza in un mercato vastissimo come quello attuale occorre trovare il proprio target di riferimento.

Kiara, secondo te i social media hanno aiutato o danneggiato il music business?

Direi che hanno sia aiutato che danneggiato il mondo dello spettacolo! Non mi piace questa idea di consumare la musica in modalità “mordi e fuggi”, però è anche vero che i social media hanno regalato tante opportunità interessanti a molti artisti – soprattutto durante il lockdown -; smuovere le acque e arrivare alle persone in maniera creativa è sempre positivo. Devo aggiungere che occorre imparare a utilizzare questi mezzi in maniera corretta e proficua; molti musicisti ignorano com mettersi in vetrina nel modo giusto: la strategia social va cucita addosso come un abito, non si puo' improvvisare

Sei anche una donna che supporta le donne. E' non è un fatto scontato, in questo mondo ipercompetitivo e pieno di gelosie. Quindi, chapeau Kiara!! Hai creato l'Online Female Fest nel 2020, vuoi raccontarci questa esperienza tutta al femminile?

L'idea di creare un festival tutto al femminile è nata mentre leggevo un articolo che parlava della percentuale di artiste donne attive nel music biz. Vuoi sapere a quanto ammonta questa percentuale? Te lo dico subito: 18%. Questa cifra comprende anche le big, Lopez, Carey etc. Assurdo vero? Vorrei anche sfatare un mito ricorrente in questo mondo; la donna non vende più dischi perché è bella, sexy, affascinante: al contrario, la carriera di una artista è più corta e sottopagata. C'è molto maschilismo, l'uomo over 70 sul palco è cool, mentre la donna, beh, viene apostrofata con epiteti poco carini.

Analizzando tutti questi fatti, ho pensato di dare una mano a tutte quelle artiste donne - provate anche dalla difficoltà della pandemia - creando il PRIMO festival virtuale nella storia della musica. Le adesioni sono state tantissime: Lacey Sturm, Linda Varg, Share Ross e l'italiana Chiara Manese – oltre a numerose altre artiste provenienti da tre continenti – hanno dato vita a ben 5 ore di musica e intrattenimento; ho ripetuto l'evento anche nel 2021, sempre con l'intento di portare un po' di evasione dalla solitudine del lockdown e far conoscere il potere creativo delle donne. Con la fine delle restrizioni la“formula” online ha perso di significato, ma mi piacerebbe trasformare il format e riproporlo in futuro in una nuova veste...chissà

Ultima domanda: progetti per il futuro?

Ho in mente di fare un album di sole cover in acustico; questo mese intanto registrerò le voci per il prossimo singolo, in uscita in autunno. NON voglio rivelare troppo, ma posso dirti che sarà un brano molto più “incazzoso” e intimista...

Beh, allora vorrà dire che ci risentiremo quando avrai novità! Grazie ancora Kiara, alla prossima!

 


IN THE END è disponibile su tutte le piattaforme musicali

Ecco il link al video

https://www.youtube.com/watch?v=FsNvw-XkUkY

lunedì 15 aprile 2024

Dentro i testi del nuovo album di Luca Fol.

Luca Fol incarna alla perfezione la figura dell'artista completo e maturo, nonostante la giovane età (classe 1994). E il suo nuovo album omonimo – pubblicato il 29 marzo - ne è la prova: tra electropop e sintetizzatori vibrant, i dieci brani cavalcano con ironia, intelligenza e guizzo intellettuale temi come la Spiritualità, l'amore e la sofferenza di una generazione.
Il cantante riminese stupisce e colpisce grazie alla voce accattivante e alla cura dei testi e arrangiamenti, sempre brillanti, mai banali. Insomma, carismatici come lui. Colto, sagace e con quel "je ne sais quoi" che lo rende glam e irresistibile.
In questa intervista si racconta a 360 gradi, con sincerità e schiettezza - la schiettezza tipica della sua terra, la Romagna. Buona lettura!


Ciao Luca, bentrovato. Innanzitutto vogliamo chiederti, dopo la recente uscita del tuo nuovo album, come è andato il concerto di presentazione il 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini?

Ciao, grazie a voi! Grazie per la bellissima presentazione. Il concerto del 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini è stato incantevole per diversi aspetti. Il calore e l’affetto che ho ricevuto dai partecipanti è stato a dir poco glorioso, l’entusiasmo verso ogni singola canzone mi ha lasciato senza parole. Ho ricevuto commenti e pareri che mi hanno onorato.
La performance è stata particolarmente emozionante, a partire dal clima di entusiasmo nato già dal mattino durante l’allestimento. Ho calcato il palco con la band che mi segue live da diversi anni e in più ho avuto l’onore di suonare sei brani con un quartetto d’archi composto da musicisti con un’incredibile sensibilità artistica. Perciò a mani basse, per me è stato un concerto memorabile.

Quello che caratterizza il tuo nuovo album, oltre i testi ricercati e mai scontati, è sicuramente la forma del tuo stile musicale e la raffinatezza degli arrangiamenti. Quanto influisce nella fase di composizione il vestito (ovvero l'arrangiamento) dei brani? Mentre componi stai già pensando a quali sonorità impiegherai poi nella canzone? 

Solitamente la composizione varia di brano in brano considerando due fattori importanti: canzoni che nascono chitarra-voce e canzoni che nascono da jam elettroniche.
Nella prima opzione, quella più frequente, cerco di terminare la canzone con un testo adeguato e avere una linea guida di chitarra e voce (ma a volte anche piano-voce) per poterci costruire sopra un arrangiamento in linea con lo spirito della canzone.
Nel secondo caso le canzoni nascono perché provando nuovi sintetizzatori, virtual instruments o strumenti vari, prendono vita temi e giri musicali che stimolano una melodia da canticchiare (così per esempio è nata Distanza).
Avete citato Capricorno che è una canzone nata in pieno stile bossanova, che non essendo un genere che tratto frequentemente, è stata rielaborata nell’arrangiamento dal produttore Antonio Patanè, che ha optato per un sound elettronico, misterioso, psichedelico con inserti più “jazz”.
Mentre nel caso di Estinguiamoci, ho voluto mantenere delle sonorità molto acustiche e a tratti caraibiche, quindi giocando molto con chitarre acustiche, elettriche, slide, con l’intenzione di ottenere un sound allegro ma nostalgico al tempo stesso.



L’album è un viaggio solo di esperienze personali o di vita vissuta anche da altri e quindi di una tua riflessione da attento osservatore che riesce ad immedesimarsi negli stati d'animo altrui?

Gli unici due brani che non prendono spunto da esperienze personali sono “Capricorno”, nato da riflessioni captate da alcuni amici, e “L’errore” che prende vita da una tragica notizia risalente a un paio di anni fa di un giovane ragazzo della mia città che si è suicidato.
Le altre canzoni appartengono alla mia sfera personale, ma non ho voluto scriverle perché rimanessero ancorate alla mia esistenza e non vuole essere uno story-telling fine a se stesso, anzi c’è una grande volontà di cercare la condivisione con l’ascoltatore.
Due brani significativi per me sono Dissolubile e Pratica Spirituale.
Dissolubile è un brano che parla di morte, ma con un alone etereo e serafico. Scritto nel Luglio del 2022 il giorno dopo in cui mio nonno morì, volevo che fosse come un’ultima lettera da dedicare alla propria esistenza, in cui si ha la consapevolezza che “dei peccati spalmati nel vento l’aria si ribellerà”.
Pratica Spirituale è invece una pura confessione su ciò che mi terrorizza di più, ossia la mancanza di empatia verso gli altri e verso se stessi, dove l’atto di gentilezza verso il proprio “io” diventa fondamentale per accogliere i segnali positivi dell’universo.

Il disco si apre con due brani che già conosciamo, ossia “Concetti” e “Vivi con garbo”.
“Concetti" parla di come spesso ci sentiamo sopraffatti da pensieri e dalle pressioni della vita quotidiana ed è un incoraggiamento a non preoccuparci troppo, ad essere più leggeri.
"Vivi con garbo" è un invito a lasciar andare i pensieri e abbracciare uno stile di vita più tranquillo e rilassato.
Considerando quanto lavoro c’è dietro alla produzione di un disco e avendo potuto apprezzare i bellissimi arrangiamenti che lo compongono, posso chiederti se sei riuscito a mantenere un approccio disteso durante tutta la lavorazione dell'album?

Grazie per la domanda. L’album ha avuto una lavorazione di due anni. Io e Antonio (produttore) abbiamo avuto a dir la verità una grande facilità a lavorare sui brani, perché partivano da una mia idea di base abbastanza definita.
Siamo stati talmente travolti dall’energia di alcune canzoni che abbiamo optato di chiamare degli archi nelle canzoni “L’errore” e “Pratica Spirituale” che hanno contribuito a rendere il sound ancora più emozionante e struggente.
La produzione di tutto il lavoro è stata affrontata con grande rispetto e un infinito amore per la musica che mettiamo sempre al primo posto.
Se per i brani “Vivi con garbo”, “Vita in contropiede”, “Distanza”, “Concetti” abbiamo mantenuto un forte legame tra pop, cantautorato, elettronica e rock, i brani che ci hanno messo più in difficoltà sono stati “Capricorno” e “Diktat”. Il primo come accennavo precedentemente nasceva come provino bossanova, ri-arrangiato poi in stile più elettro/psichedelico anni ‘70, mentre “Diktat” ha avuto una lavorazione più ostica perché inizialmente era priva del ritornello ufficiale (“Sai che c’è? Mi sento perso e mai”, ecc.) perciò la canzone si sviluppava in un contesto electro-punk che non arrivava mai dritta al punto.
Sotto consiglio e aiuto di Giovanni Caccamo e l’amico cantautore emergente Matteo Trapanese ho avuto ottimi suggerimenti per poter scrivere un ritornello più pop e melodico che potesse dare respiro  al brano.

L'errore”.
Nella canzone il protagonista si trova a fare riflessioni sull'individualismo diffuso nella società moderna, sperimentando sentimenti di sconfitta, fragilità e tristezza. Tuttavia, riconosce l'importanza di qualcuno di speciale che lo sostiene e pensa quanto sia meglio evitare persone poco empatiche concentrate solo su se stesse. Secondo te, quali sono le chiavi per coltivare oggi relazioni autentiche? E riguardo il tema del conforto, credi che la presenza e il sostegno di qualcuno siano davvero fondamentali nel percorso della vita oppure ritieni che sia altrettanto fondamentale imparare a trovare conforto e sostegno dentro di sé?

“L’errore” è una canzone che nasce da una tragedia: un giovane ragazzo poco più che ventenne si toglie la vita. In un articolo di giornale si parlava di questa persona, raccontando di come fosse così tanto interessato all’arte pittorica, alla letteratura, alla cultura, ai viaggi. Questa cosa mi destabilizzò parecchio perché mi fece capire quanto può diventare potente un sentimento di solitudine o un momento di sofferenza che si protrae a tal punto da rifiutare la vita.
Non mi addentro nei dettagli di questa faccenda perché non conosco i particolari, mi limito alle riflessioni.
Certo è che molto spesso viviamo in una realtà dove la sensibilità e il buon senso sono così assenti che tante situazioni di vita quotidiana appaiono deprimenti e per quanto un individuo possa essere libero nella propria visione di vita, risulta essere schiacciato da una società priva di emotività.
Ritengo che comunque la solitudine sia fondamentale e necessaria per volersi bene e acquisire il coraggio di affrontare e vivere la vita.
Dal momento in cui si apprezza la solitudine però arriva il momento anche di condividere la propria empatia con persone che possono darci punti di vista differenti. Ed è effettivamente il rapporto che ho con la musica, che nasce nel mio piccolo studio isolato, piena di idee, concetti, pronta però ad essere toccata e modificata dalla sensibilità e il gusto di altre persone, come il produttore, musicisti, ecc. In quel momento capisco che ciò che mi arriva dall’esterno è un impulso bellissimo, ricco di novità e di visioni che io non avrei mai immaginato e il risultato finale è uno stupore incredibile verso tutto ciò che non conosciamo, che ci rende più saggi.
Credo sia questo anche il segreto a livello umano per non cadere totalmente nel buio, cercare persone in grado di stupirci con la loro percezione.

"Distanza".
In questa canzone veniamo trascinati in un viaggio attraverso la complessità dell'essere umano, vengono svelati strati profondi di ricerca interiore, la distanza non è solo spaziale ma diventa anche emotiva e identitaria. Ci si immerge in un conflitto che oscilla tra bisogno di isolamento e desiderio di connessione con l'altro. Il protagonista vuole rompere le catene delle etichette imposte dalla società, andando verso un desiderio di trasformazione. Il falso travestimento di ruoli sociali racconta una insicurezza di fondo e l'isolamento è paradossalmente accompagnato da un bisogno urgente di condivisione. In un mondo che spesso ci costringe a rigide categorie e aspettative, prendere le distanze diventa un'ode alla ricerca della nostra vera essenza, un inno alla libertà di essere chi siamo realmente. Quali sono per te le implicazioni di questo "meccanismo di difesa", se così lo possiamo definire, per la ricerca di una propria autenticità?

Distanza nasce prima di tutto come critica verso l’ipocrisia di una società schizofrenica e squilibrata. Ipocrisia che mio malgrado ho manifestato anche in alcune azioni della mia vita. Per questo di base ho una grande sfiducia nell’umanità se il primo ad essere ipocrita sono stato io!
Ma detto questo, interpretare ruoli sociali prestabiliti senza autenticità porta di sicuro ad una grande insicurezza, fino ad arrivare all’azzeramento di un proprio pensiero e di un ideale da perseguire.
È come se questa febbre sociale ci porti ad un’isteria collettiva, dove la coerenza diventa un miraggio e la paura di sentirsi umiliati annulla il coraggio di trovare la propria libertà.
Sapere prendere Distanza dalle cose diventa così un concetto buddhista: Distanza da quello che non ci appartiene, Distanza da ciò che non ci fa brillare, Distanza anche da noi stessi.
La propria autenticità è anche saper emarginare il proprio egocentrismo e credo che la genuinità nasca dalle imperfezioni di ognuno di noi, da tutti quei difetti che apparentemente sono sgradevoli, ma che sono in realtà sfumature magiche e buffe.
La libertà più forte secondo me è quella di non nascondere le fragilità, ma imparare a giocarci, a renderle divertenti, tranquillamente parti integranti della nostra vita, che non potrà mai essere perfetta.

Dissolubile”.
Qui emergono riflessioni profonde sulla natura umana, tra rimpianti, autocritica e crescita personale. Il protagonista affronta i propri errori e peccati, cercando di trovare la pace interiore. In questo contesto, la "dissolubilità" si presenta come una metafora della trasformazione umana. Solve et coagula - sciogli e riunisci - affermava un celeberrimo motto alchemico che indicava il processo di trasmutazione degli elementi attraverso la loro scomposizione. Immaginando quindi questo processo di metamorfosi, quali modi pensi possano esserci per diventare la versione più autentica e luminosa di se stessi?

Essendo molto legato al buddhismo sono dell’idea che la legge del karma sia una visione che ti porta a vivere in maniera più pulita. La versione più luminosa di noi stessi nasce nel momento in cui si ha la consapevolezza che quando si compie un’azione positiva, automaticamente spargiamo in tutto il pianeta energie benefiche.
Questo non significa che non si ha la possibilità di sbagliare. Io sbaglio tutti i giorni, compio un numeri infinito di errori: scelte sbagliate, comportamenti erronei, idee pessime, pregiudizi; ma l’errore induce passo dopo passo a una percezione più saggia.
La riflessione è che si deve agire con cuore e buonsenso, l’onesta intellettuale dovrebbe essere il primo valore da inseguire per sognare un mondo in armonia.
Ma con la retorica non si va da nessuna parte: con il misticismo difficilmente si paga l’affitto e l’obbiettivo non è quello di diventare dei santi, ma avere la volontà di capire che il male è così facile da trasmettere che ne basta davvero poco per sporcare il mondo.

Capricorno”.
Ho trovato geniale la metafora del Capricorno utilizzata per descrivere il brano omonimo. Capricorno, segno di terra. Una terra dura, impenetrabile. E come il glifo che lo contraddistingue in astrologia - lo zoccolo di una capra di montagna che osserva le cose dall'alto e la coda del pesce che si inoltra negli abissi - tu esprimi tutto il tuo disappunto per la vacuità della società odierna e per le troppe chiacchiere che ci rovinano il presente. "Parole promesse ma senza cuore e brillo di silenzio" - canti in "Capricorno". 
In questo mare magnum di parole aggressive, intrusive e offensive alimentate ogni santo giorno dai social media, quanto è importante la profondità dello stare in silenzio? (Attenzione, che non vuole dire assenso, sia ben chiaro). E' evidente il tuo distacco, la capacità di essere empatico e non superficiale, di non prestare il fianco "all'ennesimo atto di provocazione"; della tua "diffidenza dall'estetica bella ma senza nome". Cosa pensi di questa iperstimolazione visiva e pseudoculturale data dai social e dai media in generale?

Sono un grande amante dell’estetica, nella musica, nel teatro e nei film. Proprio dalla cinematografia vorrei prendere spunto: se in Kubrick vi è una forma perfetta dovuta da un’inquadratura, da un movimento di macchina, dalla fotografia, risulterà ancora più impattante se il contenuto sarà geniale e interessante.
Se in Prince, David Bowie, Roxy Music, vi è un’immagine potente e provocante è perché l’estetica dialoga perfettamente con la musica proposta, la cui cultura, complessità e serietà artistica tocca livelli altissimi. Quando l’immagine di un personaggio viene ipersaturata senza una cultura di base o un ideale creativo di fondo, il tutto sfocia in una pozzanghera intorbidita che evaporerà nel giro di breve.
Prima di tutto il contenuto!

"Diktat" / dik'ta:t: imposizione della propria volontà ad altri.  
Ascoltando questo brano ho pensato che è proprio così: per essere accettati dobbiamo sacrificare la nostra essenza e uniformarci alla massa. Seguire un diktat, insomma. E lo vediamo costantemente ogni giorno a scuola, in ufficio, tra amici e parenti.  Animali meccanici (per dirla alla Gurdjieff) che si vestono, parlano e comportano allo stesso modo. Quindi ti chiedo: quanto è importante mantenere la propria unicità al giorno d'oggi, andando anche fieramente controcorrente? Sono una sognatrice e amo citare questa frase di Walt Disney "Più ti piaci, meno sei come qualcun altro, che è ciò che ti rende unico". Ti ci ritrovi? Non c'è consapevolezza di sé senza autostima, sei d'accordo? 

Avere una buona autostima è fondamentale soprattutto se si dà risalto alle proprie debolezze come dicevo anche nelle precedenti domande. Due brani dell’album “Io sono meno inglese di thè” parlano proprio di questo (Oro Bianco, Piccole Ossessioni) ed è un tema che amo affrontare. Essere controcorrente, non per moda e  non per risultare pateticamente outsider, significa essere semplicemente slegati dal main stream, dal flusso principale di eventi, pensieri, mode e tormentoni.
Tornando a Diktat, che è una canzone che invita a lasciarsi andare e ad aprirsi alle porte dell’imprevedibilità della vita: ho scelto di utilizzare questo titolo proprio per accettare le imposizioni che l’universo getta nella nostra vita, anche se ad un primo impatto aggressive e inaspettate, possono rivelarsi un’incredibile punto di svolta.

Nel brano canti "I tuoi pensieri veri sono fuori moda". Se la verità è fuori moda, che direzione stiamo prendendo?

Sembra che stiamo prendendo una direzione dove la verità assume mille facce e non si ha più un punto di riferimento stabile da seguire. Forse il segreto è quello di seguire l’istinto, fidarsi del primo impulso che il cervello ci regala, non essere travolti dagli echi infiniti delle parole esterne, ma seguire ciò che a primo impatto ci dà sicurezza.

Arriviamo alla canzone dal titolo “Estinguiamoci” che è una sorta di critica sociale e un invito all'autoriflessione. E’ anche una storia magica di fiori che sorridono nei prati e di gatti che giocano nei parchi, lì dove si sentono liberi e felici. E poi, all'improvviso, ecco l'immagine di un “ospite”: un grande meteorite che potrebbe schiantarsi sulla Terra e che ci fa pensare subito alla fine della vita. Ma anche se la terra dovesse finire un giorno, ci dobbiamo ricordare di goderci ogni istante. Secondo te cosa dovremmo imparare dalla natura sul valore di vivere nel momento presente? E come possiamo trovare il senso e lo scopo nella vita, nonostante le incertezze del futuro?

La leggerezza di Estinguiamoci è un invito alla spensieratezza. Il senso è godersi ogni singolo attimo, perché oggettivamente non abbiamo il potere di controllare la durata della nostra vita.
Ora ci sei, domani puoi non esserci più. Questo discorso non vuole essere pessimista, è semplicemente realista.
Perciò le ansie che ci procuriamo ogni giorno diventano inutili nel momento in cui si capisce che la rabbia non porta da nessuna parte, solo a un imbruttimento interiore.
Le incertezze del futuro sono complicate da gestire psicologicamente, ma quello che faccio è trovare risposte dall’universo, perché forse lo diamo per scontato o non ci pensiamo, ma ogni giorno riceviamo segnali che ci dovrebbero far capire quali persone sono giuste per la nostra vita, quali ambienti risultano nocivi per noi, quali scelte ci fanno stare bene.
Comunicare con l’universo quello che desideriamo e avere la praticità di seguire quello che sogniamo.

Vita in contropiede”.
Questo brano racconta di persone che si sentono un po' tristi e confuse, alcune di loro cercano emozioni speciali, altre si sentono perse senza sapere cosa fare. È come se cercassero qualcosa di importante, ma non sanno ancora cosa sia. Alla fine, vogliono solo trovare la felicità e sentirsi al sicuro. Qual è il tuo messaggio o il consiglio che vorresti trasmettere a coloro che percepiscono un forte senso di smarrimento?

Tutti viviamo momenti in cui ci sentiamo smarriti, fa parte di quei vicoli ciechi che ci conducono ai cambiamenti. Il mio consiglio è quello di vivere lo smarrimento, quando non si hanno stimoli o si pensa di percorrere una strada sbagliata bisogna avere la capacità di fermarsi anche solo per qualche giorno e resettare totalmente l’impulso di trovare le risposte. Le risposte arriveranno.
Un altro spunto interessante è quello di ritrovare lo stupore per le piccole cose, anche per quelle abitudini che sembrano scontate. Trovare la meraviglia nella semplicità può essere la chiave per sganciarsi da un proprio smarrimento interiore e ripartire da zero con energie nuove, ed è esattamente il sunto di Vita in contropiede.

Pratica spirituale”.
Questa è forse la canzone più profonda dell’album. Il corpo e l'anima che si uniscono sullo stesso piano ontologico. L'energia della preghiera e la consapevolezza di trovare fiducia e speranza nonostante tutto. Nel testo è presente parecchie volte il termine "paura". Canti "io ho paura di me stesso", "Io ho paura del mio sogno", "Io ho paura del trionfo". Allora ti chiedo … tu a chi/cosa ti affidi per affrontare le tue paure? E secondo te da dove arriva la nikephobia di alcune persone, il timore di vincere, raggiungere il successo? 

Pratica Spirituale analizza il dolore, che durante il corso della canzone viene vissuto da prospettive diverse. La prima parte è come se le mie confessioni venissero sussurrate mentre guardo il mondo da una fessura di una finestra, come se avessi timore di tutto ciò che mi circonda, percorrendo prima di tutto un viaggio nella mia mente.
La paura nasce dal fatto che non vorrei mai sentirmi invincibile, che anche i sogni più grandi nascondono delle fragilità che ci rendono davvero esseri vulnerabili, dipendenti da una gamma di emozioni infinita che trasla continuamente. Forse la paura non è tanto raggiungere il successo, ma mantenerlo. Agli occhi delle persone si deve essere sempre over the top, per me questa è una considerazione malata. Chi l’ha detto che il successo di una persona debba essere paragonato alla quantità del lavoro e non alla qualità? A me un musicista piace non perché ha prodotto un numero infinito di canzoni, ma prima di tutto perché le canzoni hanno un’anima in grado di farmi riflettere.
Ovviamente il discorso della quantità è indice di determinazione e di costanza, ma prima di tutto quello che deve rimanere è la qualità, che può essere vissuta con calma.
“Pratica Spirituale” è così anche un’ode per allontanarsi dalla frenesia e penso sia fondamentale dare spazio a momenti in cui il silenzio e l’assenza vengano a darci conforto, dove l’unico rumore che possiamo ascoltare è quello del nostro respiro.

La parte finale si apre alla vita, quando dici "come tutte le onde più belle le accoglierai". La paura lascia il posto alla potenza del mistero dell'esistenza. Come si può raggiungere questo livello illuminato di spiritualità?

La speranza prende il posto della paura, partendo sempre dal presupposto che è impossibile avere il controllo su tutto, ma che spiritualmente possiamo ricevere indietro le energie che noi spargiamo nell’universo. Le onde più belle vanno percepite e quando sarà il momento giusto capiremo quando accoglierle. Un po’ come dicevano i Beatles in uno dei loro ultimissimi brani “and in the end the love you take is equal to the love you made”.

E infine, chi vuoi ringraziare per la realizzazione di questo album?

Ringrazio ovviamente il produttore Antonio Patanè che ha contribuito preziosamente alla realizzazione dell’album, la band che ha suonato: Giulio Serafini (batteria), Francesco Paci Simone Oliva (chitarre), Lorenzo Degli Esposti (basso).
La mia compagna Sonia Formica che ha curato l’art direction e lo styling di Pratica Spirituale e Diktat.
L’etichetta TSCK Recotds che ha curato la distribuzione, nelle persone di Sara CeccarelliAndrea Mariano e Mirko Fava.
Il team Culto Productions che mi segue costantemente per la realizzazione di foto, video.
Sofia Accorsi che ha curato lo styling per la copertina dell’album.
L’ufficio stampa Libellula Music di Torino, il grafico Roberto Gentili, l’illustratrice Ilaria Falcon che ha realizzato le nuove t-shirts e Giorgia Annibalini che ha curato la grafica e la stampa delle shoppers bag.

Grazie Luca per averci dedicato il tuo tempo. Ci vediamo presto live, non aspettiamo altro!  




Intervista di Veronica De Lorenzo e Marianna L. per MVMI ed Art-Waves 

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