Luca Fol incarna alla perfezione la figura dell'artista completo e maturo, nonostante la giovane età (classe 1994). E il suo nuovo album omonimo – pubblicato il 29 marzo - ne è la prova: tra electropop e sintetizzatori vibrant, i dieci brani cavalcano con ironia, intelligenza e guizzo intellettuale temi come la Spiritualità, l'amore e la sofferenza di una generazione.
Il cantante riminese stupisce e colpisce grazie alla voce accattivante e alla cura dei testi e arrangiamenti, sempre brillanti, mai banali. Insomma, carismatici come lui. Colto, sagace e con quel "je ne sais quoi" che lo rende glam e irresistibile.
In questa intervista si racconta a 360 gradi, con sincerità e schiettezza - la schiettezza tipica della sua terra, la Romagna. Buona lettura!
Ciao Luca, bentrovato. Innanzitutto vogliamo chiederti, dopo la recente uscita del tuo nuovo album, come è andato il concerto di presentazione il 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini?Ciao, grazie a voi! Grazie per la bellissima presentazione. Il concerto del 5 Aprile al Teatro degli Atti di Rimini è stato incantevole per diversi aspetti. Il calore e l’affetto che ho ricevuto dai partecipanti è stato a dir poco glorioso, l’entusiasmo verso ogni singola canzone mi ha lasciato senza parole. Ho ricevuto commenti e pareri che mi hanno onorato.
La performance è stata particolarmente emozionante, a partire dal clima di entusiasmo nato già dal mattino durante l’allestimento. Ho calcato il palco con la band che mi segue live da diversi anni e in più ho avuto l’onore di suonare sei brani con un quartetto d’archi composto da musicisti con un’incredibile sensibilità artistica. Perciò a mani basse, per me è stato un concerto memorabile.
Quello che caratterizza il tuo nuovo album, oltre i testi ricercati e mai scontati, è sicuramente la forma del tuo stile musicale e la raffinatezza degli arrangiamenti. Quanto influisce nella fase di composizione il vestito (ovvero l'arrangiamento) dei brani? Mentre componi stai già pensando a quali sonorità impiegherai poi nella canzone?
Solitamente la composizione varia di brano in brano considerando due fattori importanti: canzoni che nascono chitarra-voce e canzoni che nascono da jam elettroniche.
Nella prima opzione, quella più frequente, cerco di terminare la canzone con un testo adeguato e avere una linea guida di chitarra e voce (ma a volte anche piano-voce) per poterci costruire sopra un arrangiamento in linea con lo spirito della canzone.
Nel secondo caso le canzoni nascono perché provando nuovi sintetizzatori, virtual instruments o strumenti vari, prendono vita temi e giri musicali che stimolano una melodia da canticchiare (così per esempio è nata Distanza).
Avete citato Capricorno che è una canzone nata in pieno stile bossanova, che non essendo un genere che tratto frequentemente, è stata rielaborata nell’arrangiamento dal produttore Antonio Patanè, che ha optato per un sound elettronico, misterioso, psichedelico con inserti più “jazz”.
Mentre nel caso di Estinguiamoci, ho voluto mantenere delle sonorità molto acustiche e a tratti caraibiche, quindi giocando molto con chitarre acustiche, elettriche, slide, con l’intenzione di ottenere un sound allegro ma nostalgico al tempo stesso.
L’album è un viaggio solo di esperienze personali o di vita vissuta anche da altri e quindi di una tua riflessione da attento osservatore che riesce ad immedesimarsi negli stati d'animo altrui?
Gli unici due brani che non prendono spunto da esperienze personali sono “Capricorno”, nato da riflessioni captate da alcuni amici, e “L’errore” che prende vita da una tragica notizia risalente a un paio di anni fa di un giovane ragazzo della mia città che si è suicidato.
Le altre canzoni appartengono alla mia sfera personale, ma non ho voluto scriverle perché rimanessero ancorate alla mia esistenza e non vuole essere uno story-telling fine a se stesso, anzi c’è una grande volontà di cercare la condivisione con l’ascoltatore.
Due brani significativi per me sono Dissolubile e Pratica Spirituale.
Dissolubile è un brano che parla di morte, ma con un alone etereo e serafico. Scritto nel Luglio del 2022 il giorno dopo in cui mio nonno morì, volevo che fosse come un’ultima lettera da dedicare alla propria esistenza, in cui si ha la consapevolezza che “dei peccati spalmati nel vento l’aria si ribellerà”.
Pratica Spirituale è invece una pura confessione su ciò che mi terrorizza di più, ossia la mancanza di empatia verso gli altri e verso se stessi, dove l’atto di gentilezza verso il proprio “io” diventa fondamentale per accogliere i segnali positivi dell’universo.
Il disco si apre con due brani che già conosciamo, ossia “Concetti” e “Vivi con garbo”.
“Concetti" parla di come spesso ci sentiamo sopraffatti da pensieri e dalle pressioni della vita quotidiana ed è un incoraggiamento a non preoccuparci troppo, ad essere più leggeri.
"Vivi con garbo" è un invito a lasciar andare i pensieri e abbracciare uno stile di vita più tranquillo e rilassato.
Considerando quanto lavoro c’è dietro alla produzione di un disco e avendo potuto apprezzare i bellissimi arrangiamenti che lo compongono, posso chiederti se sei riuscito a mantenere un approccio disteso durante tutta la lavorazione dell'album?
Grazie per la domanda. L’album ha avuto una lavorazione di due anni. Io e Antonio (produttore) abbiamo avuto a dir la verità una grande facilità a lavorare sui brani, perché partivano da una mia idea di base abbastanza definita.
Siamo stati talmente travolti dall’energia di alcune canzoni che abbiamo optato di chiamare degli archi nelle canzoni “L’errore” e “Pratica Spirituale” che hanno contribuito a rendere il sound ancora più emozionante e struggente.
La produzione di tutto il lavoro è stata affrontata con grande rispetto e un infinito amore per la musica che mettiamo sempre al primo posto.
Se per i brani “Vivi con garbo”, “Vita in contropiede”, “Distanza”, “Concetti” abbiamo mantenuto un forte legame tra pop, cantautorato, elettronica e rock, i brani che ci hanno messo più in difficoltà sono stati “Capricorno” e “Diktat”. Il primo come accennavo precedentemente nasceva come provino bossanova, ri-arrangiato poi in stile più elettro/psichedelico anni ‘70, mentre “Diktat” ha avuto una lavorazione più ostica perché inizialmente era priva del ritornello ufficiale (“Sai che c’è? Mi sento perso e mai”, ecc.) perciò la canzone si sviluppava in un contesto electro-punk che non arrivava mai dritta al punto.
Sotto consiglio e aiuto di Giovanni Caccamo e l’amico cantautore emergente Matteo Trapanese ho avuto ottimi suggerimenti per poter scrivere un ritornello più pop e melodico che potesse dare respiro al brano.
“L'errore”.
Nella canzone il protagonista si trova a fare riflessioni sull'individualismo diffuso nella società moderna, sperimentando sentimenti di sconfitta, fragilità e tristezza. Tuttavia, riconosce l'importanza di qualcuno di speciale che lo sostiene e pensa quanto sia meglio evitare persone poco empatiche concentrate solo su se stesse. Secondo te, quali sono le chiavi per coltivare oggi relazioni autentiche? E riguardo il tema del conforto, credi che la presenza e il sostegno di qualcuno siano davvero fondamentali nel percorso della vita oppure ritieni che sia altrettanto fondamentale imparare a trovare conforto e sostegno dentro di sé?
“L’errore” è una canzone che nasce da una tragedia: un giovane ragazzo poco più che ventenne si toglie la vita. In un articolo di giornale si parlava di questa persona, raccontando di come fosse così tanto interessato all’arte pittorica, alla letteratura, alla cultura, ai viaggi. Questa cosa mi destabilizzò parecchio perché mi fece capire quanto può diventare potente un sentimento di solitudine o un momento di sofferenza che si protrae a tal punto da rifiutare la vita.
Non mi addentro nei dettagli di questa faccenda perché non conosco i particolari, mi limito alle riflessioni.
Certo è che molto spesso viviamo in una realtà dove la sensibilità e il buon senso sono così assenti che tante situazioni di vita quotidiana appaiono deprimenti e per quanto un individuo possa essere libero nella propria visione di vita, risulta essere schiacciato da una società priva di emotività.
Ritengo che comunque la solitudine sia fondamentale e necessaria per volersi bene e acquisire il coraggio di affrontare e vivere la vita.
Dal momento in cui si apprezza la solitudine però arriva il momento anche di condividere la propria empatia con persone che possono darci punti di vista differenti. Ed è effettivamente il rapporto che ho con la musica, che nasce nel mio piccolo studio isolato, piena di idee, concetti, pronta però ad essere toccata e modificata dalla sensibilità e il gusto di altre persone, come il produttore, musicisti, ecc. In quel momento capisco che ciò che mi arriva dall’esterno è un impulso bellissimo, ricco di novità e di visioni che io non avrei mai immaginato e il risultato finale è uno stupore incredibile verso tutto ciò che non conosciamo, che ci rende più saggi.
Credo sia questo anche il segreto a livello umano per non cadere totalmente nel buio, cercare persone in grado di stupirci con la loro percezione.
"Distanza".
In questa canzone veniamo trascinati in un viaggio attraverso la complessità dell'essere umano, vengono svelati strati profondi di ricerca interiore, la distanza non è solo spaziale ma diventa anche emotiva e identitaria. Ci si immerge in un conflitto che oscilla tra bisogno di isolamento e desiderio di connessione con l'altro. Il protagonista vuole rompere le catene delle etichette imposte dalla società, andando verso un desiderio di trasformazione. Il falso travestimento di ruoli sociali racconta una insicurezza di fondo e l'isolamento è paradossalmente accompagnato da un bisogno urgente di condivisione. In un mondo che spesso ci costringe a rigide categorie e aspettative, prendere le distanze diventa un'ode alla ricerca della nostra vera essenza, un inno alla libertà di essere chi siamo realmente. Quali sono per te le implicazioni di questo "meccanismo di difesa", se così lo possiamo definire, per la ricerca di una propria autenticità?
Distanza nasce prima di tutto come critica verso l’ipocrisia di una società schizofrenica e squilibrata. Ipocrisia che mio malgrado ho manifestato anche in alcune azioni della mia vita. Per questo di base ho una grande sfiducia nell’umanità se il primo ad essere ipocrita sono stato io!
Ma detto questo, interpretare ruoli sociali prestabiliti senza autenticità porta di sicuro ad una grande insicurezza, fino ad arrivare all’azzeramento di un proprio pensiero e di un ideale da perseguire.
È come se questa febbre sociale ci porti ad un’isteria collettiva, dove la coerenza diventa un miraggio e la paura di sentirsi umiliati annulla il coraggio di trovare la propria libertà.
Sapere prendere Distanza dalle cose diventa così un concetto buddhista: Distanza da quello che non ci appartiene, Distanza da ciò che non ci fa brillare, Distanza anche da noi stessi.
La propria autenticità è anche saper emarginare il proprio egocentrismo e credo che la genuinità nasca dalle imperfezioni di ognuno di noi, da tutti quei difetti che apparentemente sono sgradevoli, ma che sono in realtà sfumature magiche e buffe.
La libertà più forte secondo me è quella di non nascondere le fragilità, ma imparare a giocarci, a renderle divertenti, tranquillamente parti integranti della nostra vita, che non potrà mai essere perfetta.
“Dissolubile”.
Qui emergono riflessioni profonde sulla natura umana, tra rimpianti, autocritica e crescita personale. Il protagonista affronta i propri errori e peccati, cercando di trovare la pace interiore. In questo contesto, la "dissolubilità" si presenta come una metafora della trasformazione umana. Solve et coagula - sciogli e riunisci - affermava un celeberrimo motto alchemico che indicava il processo di trasmutazione degli elementi attraverso la loro scomposizione. Immaginando quindi questo processo di metamorfosi, quali modi pensi possano esserci per diventare la versione più autentica e luminosa di se stessi?
Essendo molto legato al buddhismo sono dell’idea che la legge del karma sia una visione che ti porta a vivere in maniera più pulita. La versione più luminosa di noi stessi nasce nel momento in cui si ha la consapevolezza che quando si compie un’azione positiva, automaticamente spargiamo in tutto il pianeta energie benefiche.
Questo non significa che non si ha la possibilità di sbagliare. Io sbaglio tutti i giorni, compio un numeri infinito di errori: scelte sbagliate, comportamenti erronei, idee pessime, pregiudizi; ma l’errore induce passo dopo passo a una percezione più saggia.
La riflessione è che si deve agire con cuore e buonsenso, l’onesta intellettuale dovrebbe essere il primo valore da inseguire per sognare un mondo in armonia.
Ma con la retorica non si va da nessuna parte: con il misticismo difficilmente si paga l’affitto e l’obbiettivo non è quello di diventare dei santi, ma avere la volontà di capire che il male è così facile da trasmettere che ne basta davvero poco per sporcare il mondo.
“Capricorno”.
Ho trovato geniale la metafora del Capricorno utilizzata per descrivere il brano omonimo. Capricorno, segno di terra. Una terra dura, impenetrabile. E come il glifo che lo contraddistingue in astrologia - lo zoccolo di una capra di montagna che osserva le cose dall'alto e la coda del pesce che si inoltra negli abissi - tu esprimi tutto il tuo disappunto per la vacuità della società odierna e per le troppe chiacchiere che ci rovinano il presente. "Parole promesse ma senza cuore e brillo di silenzio" - canti in "Capricorno".
In questo mare magnum di parole aggressive, intrusive e offensive alimentate ogni santo giorno dai social media, quanto è importante la profondità dello stare in silenzio? (Attenzione, che non vuole dire assenso, sia ben chiaro). E' evidente il tuo distacco, la capacità di essere empatico e non superficiale, di non prestare il fianco "all'ennesimo atto di provocazione"; della tua "diffidenza dall'estetica bella ma senza nome". Cosa pensi di questa iperstimolazione visiva e pseudoculturale data dai social e dai media in generale?
Sono un grande amante dell’estetica, nella musica, nel teatro e nei film. Proprio dalla cinematografia vorrei prendere spunto: se in Kubrick vi è una forma perfetta dovuta da un’inquadratura, da un movimento di macchina, dalla fotografia, risulterà ancora più impattante se il contenuto sarà geniale e interessante.
Se in Prince, David Bowie, Roxy Music, vi è un’immagine potente e provocante è perché l’estetica dialoga perfettamente con la musica proposta, la cui cultura, complessità e serietà artistica tocca livelli altissimi. Quando l’immagine di un personaggio viene ipersaturata senza una cultura di base o un ideale creativo di fondo, il tutto sfocia in una pozzanghera intorbidita che evaporerà nel giro di breve.
Prima di tutto il contenuto!
"Diktat" / dik'ta:t: imposizione della propria volontà ad altri.
Ascoltando questo brano ho pensato che è proprio così: per essere accettati dobbiamo sacrificare la nostra essenza e uniformarci alla massa. Seguire un diktat, insomma. E lo vediamo costantemente ogni giorno a scuola, in ufficio, tra amici e parenti. Animali meccanici (per dirla alla Gurdjieff) che si vestono, parlano e comportano allo stesso modo. Quindi ti chiedo: quanto è importante mantenere la propria unicità al giorno d'oggi, andando anche fieramente controcorrente? Sono una sognatrice e amo citare questa frase di Walt Disney "Più ti piaci, meno sei come qualcun altro, che è ciò che ti rende unico". Ti ci ritrovi? Non c'è consapevolezza di sé senza autostima, sei d'accordo?
Avere una buona autostima è fondamentale soprattutto se si dà risalto alle proprie debolezze come dicevo anche nelle precedenti domande. Due brani dell’album “Io sono meno inglese di thè” parlano proprio di questo (Oro Bianco, Piccole Ossessioni) ed è un tema che amo affrontare. Essere controcorrente, non per moda e non per risultare pateticamente outsider, significa essere semplicemente slegati dal main stream, dal flusso principale di eventi, pensieri, mode e tormentoni.
Tornando a Diktat, che è una canzone che invita a lasciarsi andare e ad aprirsi alle porte dell’imprevedibilità della vita: ho scelto di utilizzare questo titolo proprio per accettare le imposizioni che l’universo getta nella nostra vita, anche se ad un primo impatto aggressive e inaspettate, possono rivelarsi un’incredibile punto di svolta.
Nel brano canti "I tuoi pensieri veri sono fuori moda". Se la verità è fuori moda, che direzione stiamo prendendo?
Sembra che stiamo prendendo una direzione dove la verità assume mille facce e non si ha più un punto di riferimento stabile da seguire. Forse il segreto è quello di seguire l’istinto, fidarsi del primo impulso che il cervello ci regala, non essere travolti dagli echi infiniti delle parole esterne, ma seguire ciò che a primo impatto ci dà sicurezza.
Arriviamo alla canzone dal titolo “Estinguiamoci” che è una sorta di critica sociale e un invito all'autoriflessione. E’ anche una storia magica di fiori che sorridono nei prati e di gatti che giocano nei parchi, lì dove si sentono liberi e felici. E poi, all'improvviso, ecco l'immagine di un “ospite”: un grande meteorite che potrebbe schiantarsi sulla Terra e che ci fa pensare subito alla fine della vita. Ma anche se la terra dovesse finire un giorno, ci dobbiamo ricordare di goderci ogni istante. Secondo te cosa dovremmo imparare dalla natura sul valore di vivere nel momento presente? E come possiamo trovare il senso e lo scopo nella vita, nonostante le incertezze del futuro?
La leggerezza di Estinguiamoci è un invito alla spensieratezza. Il senso è godersi ogni singolo attimo, perché oggettivamente non abbiamo il potere di controllare la durata della nostra vita.
Ora ci sei, domani puoi non esserci più. Questo discorso non vuole essere pessimista, è semplicemente realista.
Perciò le ansie che ci procuriamo ogni giorno diventano inutili nel momento in cui si capisce che la rabbia non porta da nessuna parte, solo a un imbruttimento interiore.
Le incertezze del futuro sono complicate da gestire psicologicamente, ma quello che faccio è trovare risposte dall’universo, perché forse lo diamo per scontato o non ci pensiamo, ma ogni giorno riceviamo segnali che ci dovrebbero far capire quali persone sono giuste per la nostra vita, quali ambienti risultano nocivi per noi, quali scelte ci fanno stare bene.
Comunicare con l’universo quello che desideriamo e avere la praticità di seguire quello che sogniamo.
“Vita in contropiede”.
Questo brano racconta di persone che si sentono un po' tristi e confuse, alcune di loro cercano emozioni speciali, altre si sentono perse senza sapere cosa fare. È come se cercassero qualcosa di importante, ma non sanno ancora cosa sia. Alla fine, vogliono solo trovare la felicità e sentirsi al sicuro. Qual è il tuo messaggio o il consiglio che vorresti trasmettere a coloro che percepiscono un forte senso di smarrimento?
Tutti viviamo momenti in cui ci sentiamo smarriti, fa parte di quei vicoli ciechi che ci conducono ai cambiamenti. Il mio consiglio è quello di vivere lo smarrimento, quando non si hanno stimoli o si pensa di percorrere una strada sbagliata bisogna avere la capacità di fermarsi anche solo per qualche giorno e resettare totalmente l’impulso di trovare le risposte. Le risposte arriveranno.
Un altro spunto interessante è quello di ritrovare lo stupore per le piccole cose, anche per quelle abitudini che sembrano scontate. Trovare la meraviglia nella semplicità può essere la chiave per sganciarsi da un proprio smarrimento interiore e ripartire da zero con energie nuove, ed è esattamente il sunto di Vita in contropiede.
“Pratica spirituale”.
Questa è forse la canzone più profonda dell’album. Il corpo e l'anima che si uniscono sullo stesso piano ontologico. L'energia della preghiera e la consapevolezza di trovare fiducia e speranza nonostante tutto. Nel testo è presente parecchie volte il termine "paura". Canti "io ho paura di me stesso", "Io ho paura del mio sogno", "Io ho paura del trionfo". Allora ti chiedo … tu a chi/cosa ti affidi per affrontare le tue paure? E secondo te da dove arriva la nikephobia di alcune persone, il timore di vincere, raggiungere il successo?
Pratica Spirituale analizza il dolore, che durante il corso della canzone viene vissuto da prospettive diverse. La prima parte è come se le mie confessioni venissero sussurrate mentre guardo il mondo da una fessura di una finestra, come se avessi timore di tutto ciò che mi circonda, percorrendo prima di tutto un viaggio nella mia mente.
La paura nasce dal fatto che non vorrei mai sentirmi invincibile, che anche i sogni più grandi nascondono delle fragilità che ci rendono davvero esseri vulnerabili, dipendenti da una gamma di emozioni infinita che trasla continuamente. Forse la paura non è tanto raggiungere il successo, ma mantenerlo. Agli occhi delle persone si deve essere sempre over the top, per me questa è una considerazione malata. Chi l’ha detto che il successo di una persona debba essere paragonato alla quantità del lavoro e non alla qualità? A me un musicista piace non perché ha prodotto un numero infinito di canzoni, ma prima di tutto perché le canzoni hanno un’anima in grado di farmi riflettere.
Ovviamente il discorso della quantità è indice di determinazione e di costanza, ma prima di tutto quello che deve rimanere è la qualità, che può essere vissuta con calma.
“Pratica Spirituale” è così anche un’ode per allontanarsi dalla frenesia e penso sia fondamentale dare spazio a momenti in cui il silenzio e l’assenza vengano a darci conforto, dove l’unico rumore che possiamo ascoltare è quello del nostro respiro.
La parte finale si apre alla vita, quando dici "come tutte le onde più belle le accoglierai". La paura lascia il posto alla potenza del mistero dell'esistenza. Come si può raggiungere questo livello illuminato di spiritualità?
La speranza prende il posto della paura, partendo sempre dal presupposto che è impossibile avere il controllo su tutto, ma che spiritualmente possiamo ricevere indietro le energie che noi spargiamo nell’universo. Le onde più belle vanno percepite e quando sarà il momento giusto capiremo quando accoglierle. Un po’ come dicevano i Beatles in uno dei loro ultimissimi brani “and in the end the love you take is equal to the love you made”.
E infine, chi vuoi ringraziare per la realizzazione di questo album?
Ringrazio ovviamente il produttore Antonio Patanè che ha contribuito preziosamente alla realizzazione dell’album, la band che ha suonato: Giulio Serafini (batteria), Francesco Paci e Simone Oliva (chitarre), Lorenzo Degli Esposti (basso).
La mia compagna Sonia Formica che ha curato l’art direction e lo styling di Pratica Spirituale e Diktat.
L’etichetta TSCK Recotds che ha curato la distribuzione, nelle persone di Sara Ceccarelli, Andrea Mariano e Mirko Fava.
Il team Culto Productions che mi segue costantemente per la realizzazione di foto, video.
Sofia Accorsi che ha curato lo styling per la copertina dell’album.
L’ufficio stampa Libellula Music di Torino, il grafico Roberto Gentili, l’illustratrice Ilaria Falcon che ha realizzato le nuove t-shirts e Giorgia Annibalini che ha curato la grafica e la stampa delle shoppers bag.
Grazie Luca per averci dedicato il tuo tempo. Ci vediamo presto live, non aspettiamo altro!
Intervista di
Veronica De Lorenzo e
Marianna L. per
MVMI ed Art-Waves
Di seguito riportiamo tutti i link ufficiali dove poter seguire LUCA FOL :
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ALTRE FOTO del concerto di Rimini al Teatro degli Atti, 5 Aprile 2024:
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